JOHNSON, Philip
Architetto, nato l'8 luglio 1906 a Cleveland (Ohio). Dopo aver seguiti gli studî classici presso la università di Harvard, giunse all'architettura con il suo incontro con L. Mies van der Rohe, avvenuto nel 1930: frequentò così i corsi di architettura presso la stessa università, rimanendo positivamente influenzato dalla didattica di M. Breuer. Diresse poi il dipartimento di architettura presso il Museum of Modern Art di New York, svolgendo un'intensa attività propagandistica a favore dell'architettura moderna e, in particolare, dell'opera di Mies van der Rohe che J. riconosce come proprio maestro.
La prima fase della sua attività si rifà infatti alla poetica miesiana (v. la casa a New Canaan del 1949, la casa Wiley del 1954, la casa Boissonas del 1956), della quale J. diede una puntuale interpretazione; con la sinagoga di Port Chester (New York) del 1956, si assiste ad un tentativo di superare la sistematica, se non la metodologia, del maestro tedesco, in una ricerca di maggior qualificazione dell'espressione strutturale e del trattamento delle superfici. J. collaborò poi con Mies alla progettazione del Seagram Building a New York (1957-58); da tale opera, però, data una profonda crisi nella sua impostazione critica nei riguardi dell'architettura moderna: J., infatti, ravvisando nel Seagram il limite estremo del movimento moderno, come egli stesso dichiarò al Congresso dell'American Institute of Architects del 1959, pubblicò nello stesso anno una serie di progetti che, nel loro espressionistico accademismo formale, denunciano vistosamente la suddetta crisi. Va notato a tal proposito che la posizione di J. non è isolata, ma sintomatica di una tendenza involutiva più generale dell'architettura internazionale ed americana in particolare. Fra i suoi scritti: Modern Architecture, New York 1932; Mies van der Rohe, New York 1947.
Bibl.: H.-R. Hitchkock e A. Drexler, Built in U.S.A., post-war architecture, New York 1952, passim; W.H. Jordy, The Mies - less Johnson, in Architectural FOrum 1959, settembre, pp. 114-123.