PETIZIONE di principio
Espressione pertinente alla logica e designante il sofisma in cui s'incorre quando si presuppone implicitamente dimostrata la stessa tesi che s'intende di dimostrare. Essa traduce la locuzione latina petitio principii, in cui il petere principium corrisponde all'aristotelico αἰτεῖσϑαι τὸ ἐν ἀρχῇ. Il principium è infatti la premessa che si pone illecitamente a base della dimostrazione, e il petere designa quel "pretendere" di poter considerare una tesi come vera senza averla dimostrata, che è più notoriamente espresso dall'equivalente postulare, conservatosi in tal senso anche in italiano (αἰτεῖσϑαι, petere, postulare hanno del resto tutti la loro origine ideologica nell'impostazione logico-linguistica del metodo socratico, per cui la verità si sviluppa dal dialogo, e il parlante "chiede" all'interlocutore che gli riconosca vera una tesi, da cui egli possa procedere oltre nell'argomentazione). Nel cap. 13 del De sophisticis elenchis Aristotele annovera i diversi casi possibili di petizione di principio, derivanti in genere dal fatto che si comprende inavvertitamente, nella premessa della dimostrazione, la verità da dimostrare. Il caso più tipico di petizione di principio è poi quello del "circolo vizioso", in cui si dimostra una tesi deducendola da un'altra, che può a sua volta esser dimostrata solo per deduzione dalla prima. E caratteristico a questo proposito è il fatto che proprio come circolo vizioso, cioè come massima petizione di principio, sia condannata dalla critica scettica quella stessa sillogistica aristotelica che di ogni sofisma vuol essere l'eliminazione rigorosa. V. logica; sillogistica.