PETITTI BAGLIANI, Agostino, conte di Roreto
PETITTI BAGLIANI, Agostino, conte di Roreto. – Nacque a Torino il 13 dicembre 1814 dal conte Carlo Ilarione Petitti di Roreto e da Maria Teresa Gabriella Genna dei conti di Cocconato.
Secondogenito di uno dei più importanti esponenti della vita politica e amministrativa del Regno carloalbertino, Agostino fu subito avviato alla carriera militare. Uscì dall’Accademia militare di Torino nel dicembre 1833 con il grado di luogotenente di artiglieria, diventando così parte di quell’arma i cui ufficiali – in primo luogo Alfonso Ferrero della Marmora – sarebbero stati protagonisti della trasformazione dell’esercito sardo negli anni successivi. Nel 1839 Petitti ebbe il suo primo incarico proprio nella batteria comandata da La Marmora, che da quel momento divenne la figura di riferimento per tutta la sua carriera militare e politica.
Nel 1841 fu La Marmora a suggerire al comandante del corpo di artiglieria di affidare a Petitti – nominato capitano nel 1840 – l’incarico di segretario del corpo. Nel 1843 ebbe il comando della 3ª batteria a cavallo, incarico che lasciò nell’ottobre 1847 per far parte dello stato maggiore del duca di Genova Ferdinando di Savoia, comandante dell’artiglieria. Allo scoppio della guerra del 1848, Petitti tornò al comando della 3ª batteria a cavallo, di nuovo agli ordini di La Marmora. Promosso maggiore nel novembre 1848, diventò in seguito capo di stato maggiore della 6ª divisione comandata da La Marmora e in quel ruolo prese parte, nell’aprile 1849, alla violenta repressione dei moti genovesi. Gli strascichi polemici dei mesi successivi coinvolsero lo stesso Petitti, che intervenne nell’agosto 1849 su due giornali genovesi a difesa dell’operato dei bersaglieri.
Nel novembre 1849, divenuto La Marmora ministro della Guerra, Petitti fu nominato capo di gabinetto, e nel 1853 ricoprì l’incarico di segretario generale del ministero della Guerra. Nel frattempo era divenuto anche deputato; eletto la prima volta nel dicembre 1849 nel collegio di Cherasco, fu confermato nello stesso collegio fino alle elezioni del 1867.
Come deputato, ma soprattutto in qualità di principale collaboratore di La Marmora, Petitti ebbe un ruolo importante nelle riforme dell’esercito promosse dal ministero della Guerra negli anni Cinquanta. In particolare, nel maggio del 1853 fu il relatore alla Camera del progetto di riforma sul reclutamento, oggetto di un lungo e contrastato dibattito parlamentare nel quale dovette ripetutamente intervenire per difendere dagli attacchi dei democratici quell’esercito ‘di caserma’, ossia a ferma lunga e con un contingente ridotto, che il progetto di legge introduceva in Piemonte.
La sua attività parlamentare fu interrotta dalla guerra in Crimea. La Marmora, nominato comandante del corpo di spedizione, lo volle come capo di stato maggiore. Alla fine del conflitto, promosso colonnello nel febbraio 1856, Petitti tornò come segretario generale al ministero della Guerra, di nuovo affidato a La Marmora. Lasciò la carica alla fine del 1858 alla vigilia della guerra con l’Austria, durante la quale fu ancora aiutante di La Marmora. Dopo essere stato nominato maggior generale nel giugno 1859, tornò a ricoprire l’incarico di segretario generale del ministero della Guerra quando La Marmora divenne presidente del Consiglio e titolare ad interim del dicastero della Guerra alla fine di luglio 1859. Tra il 1859 e il 1860 Petitti ebbe un importante ruolo nelle trattative per la definizione dei confini con i Paesi belligeranti. Nel dicembre 1859 fu primo commissario sardo nella Commissione internazionale militare per la delimitazione dei confini con l’Austria, e nel marzo 1860 ricoprì lo stesso incarico a Parigi nelle trattative per la definizione dei confini con la Francia, in attuazione del trattato franco-piemontese.
Prima di partire per Parigi, sposò la milanese Maria Bellotti (1835-1890), con la quale ebbe due figlie, Teresa (1861-1917) e Vittoria Emanuela (1863-1956).
In quegli stessi mesi, a Petitti veniva meno colui che era stato il principale sostegno della sua carriera. Lasciato all’inizio del 1860 dopo quasi undici anni il ministero della Guerra, La Marmora fu oggetto di critiche per i limiti mostrati dall’esercito dopo Villafranca e soprattutto il suo successore, Manfredo Fanti, si impegnò nel modificare in modo sensibile l’ordinamento dell’esercito. L’appannamento momentaneo di La Marmora si riflesse anche su Petitti, che alla fine della sua missione a Parigi non ottenne subito la promozione attesa a tenente generale. Fu solo l’intervento di Cavour a sbloccare la nomina, che arrivò il 17 novembre 1860.
Petitti lasciò comunque il ministero per comandare la 3ª divisione di stanza a Milano, ancora alle dipendenze di La Marmora, comandante di quel dipartimento militare. Nel frattempo, lo scontro tra Fanti e La Marmora, che si era clamorosamente manifestato nel marzo 1861 anche nelle aule parlamentari, fu risolto dalle dimissioni di Fanti nel giugno successivo. Da quel momento fino al 1866 i ministri della Guerra sarebbero stati uomini che appartenevano alla cerchia di La Marmora. Petitti divenne ministro nel primo governo presieduto da Urbano Rattazzi (3 marzo - 8 dicembre 1862); il 23 marzo 1862 uno dei suoi primi atti fu quello di sconfessare per decreto il nuovo ordinamento dell’esercito proposto da Fanti, tornando così alla struttura lamarmoriana.
Il ministero di Petitti fu impegnato nella repressione del brigantaggio e nel definitivo smantellamento della democrazia militare risorgimentale. Il decreto del 27 marzo 1862 pose fine al Corpo volontari italiani, ultimo atto dello scioglimento dell’esercito garibaldino e della possibilità di creare una forza armata popolare. Petitti si impegnò poi nell’isolare e nel contrastare l’azione garibaldina, che aveva successo anche in settori dell’esercito. Atto finale di questo confronto furono la giornata dell’Aspromonte (29 agosto 1862) e la proclamazione dello stato d’assedio, vicende che segnarono anche la fine del governo Rattazzi, duramente attaccato sulla stampa e in Parlamento; in particolare, a Petitti la Sinistra parlamentare imputò l’inefficacia dell’azione militare contro il brigantaggio e l’ordine di sparare sui garibaldini.
Tornato al comando della 3ª divisione di Milano, alla fine di settembre del 1864 fu nuovamente nominato ministro della Guerra nel primo governo postunitario presieduto da La Marmora. Questa seconda esperienza ministeriale fu segnata dal riaffiorare di forti polemiche sul comportamento dell’esercito in Aspromonte e sullo stato d’assedio, polemiche che lo investirono in prima persona. Una circolare riservata ai comandi militari del 23 luglio 1865, in cui Petitti dava il suo appoggio morale all’esercito, oggetto degli attacchi della stampa e delle opposizioni, finì sui giornali e ne seguirono accuse – provenienti anche da diversi deputati – di voler attentare alle libertà costituzionali e di mettere l’esercito contro il Paese. L’episodio contribuì a indebolire ulteriormente un governo già fragile, che si dimise nel dicembre 1865. Petitti tornò al suo comando milanese e, iniziata la mobilitazione del 1866, fu nominato aiutante generale del capo di stato maggiore La Marmora e poi comandante del IV corpo d’armata.
La poco felice esperienza ministeriale e soprattutto il suo importante ruolo militare e diplomatico nella sfortunata campagna del 1866 (era stato Petitti a firmare l’armistizio di Cormons il 12 agosto 1866) gli costarono probabilmente la riconferma a deputato nelle elezioni del 1867, quando venne sconfitto da Riccardo Sineo. Tornò in Parlamento da senatore nel dicembre 1870 e, nello stesso tempo, ottenne il comando generale della divisione di Milano. Rimasto in posizione defilata – al contrario di La Marmora – nel dibattito sulla riforma militare in atto negli anni Settanta, la carriera militare di Petitti venne interrotta nel maggio 1877 dalla decisione del ministro della Guerra Luigi Mezzacapo di mandarlo in pensione insieme ad altri undici generali, legati alla stagione lamarmoriana.
Nel febbraio 1876 aveva ottenuto il riconoscimento del titolo comitale avuto in eredità dal cugino Carlo Nicolò Inviziati che, privo di discendenza, gli trasmise anche il cognome Bagliani ricevuto dallo zio Giovanni Raimondo, fratello della madre Vittoria Bagliani.
Ritiratosi a vita privata, Agostino Petitti Bagliani di Roreto passò gli ultimi anni della sua vita tra il Piemonte e Roma, dove morì il 28 agosto 1890.
Opere. Sulla campagna del 1849 Petitti scrisse un breve opuscolo, Pensieri sulla scorsa campagna della guerra italiana, Torino 1849, mentre su quella del 1859 uscì postumo un suo memoriale con una ricca biografia redatta dal nipote Alfonso: Madonna della Scoperta (Battaglia di San Martino, 24 giugno, 1859). Studio storico tattico, con biografia e note, Torino 1909. Nel dibattito con Fanti sull’ordinamento dell’esercito pubblicò L’ordinamento dell’esercito italiano esposto col bilancio per il 1863. Esame delle osservazioni di s.e. il generale Fanti per A. P., Torino 1863. Furono infine pubblicate alcune sue relazioni come ministro della Guerra: Relazione a S.M. in data 18 dicembre 1864 per l’approvazione di alcune modificazioni sull’ordinamento dei Corpi attivi dell’Esercito, Torino 1864; Dell’amministrazione della giustizia penale militare negli anni 1861-62-63-64. Relazione a S. M., Torino 1865; Dell’amministrazione della guerra nel 1864. Relazione a S. M., in udienza delli 6 dicembre 1865, Torino 1865.
Fonti e Bibl.: Carte personali (onorificenze, decorazioni, nomine) sono conservate nel Fondo Petitti di Roreto presso il Museo nazionale del Risorgimento italiano di Torino. A Roma, presso l’Ufficio storico dello Stato maggiore dell’Esercito vi sono carte di Petitti sulla guerra del 1859 (Miscellanea relativa alla campagna del 1859, b. 63). Nell’Archivio di Stato di Biella, Fondo Ferrero, è conservato il carteggio con La Marmora (1849-77), di fondamentale importanza per la ricostruzione della sua carriera, sul quale si veda: M. Cassetti. Le carte di Alfonso Ferrero della Marmora. Spunti per una biografia e un epistolario, Torino 1979, pp. 126-181, 687-737. Nel fondo Autografi della Biblioteca del Senato sono le lettere dirette a Petitti da Enrico Cialdini dal 30 settembre 1860 al 3 dicembre 1878. Al Museo centrale del Risorgimento italiano di Roma vi sono lettere di Petitti a diversi corrispondenti, fra i quali: Rattazzi, Giovanni Cadolini, Enrico Cosenz, Domenico Farini, Massimo d’Azeglio. Lettere di Petitti relative alla commissione per la delimitazione dei confini con la Francia sono nell’Archivio Bertolè Viale, depositato presso il Museo nazionale del Risorgimento italiano di Torino.
Sulla sua vita: C. Arrighi, I 450 deputati del presente e i deputati dell’avvenire per una società di egregi uomini politici, letterati e giornalisti, Milano 1864, pp. 24-32; A. Moscati, I ministri del Regno d’Italia, I, Napoli 1957, pp. 400-410. Sulla famiglia: V. Spreti, Enciclopedia storico-nobiliare italiana, V, Milano 1932, pp. 293-295. Sulla carriera militare: L. Chiala, Ricordi della giovinezza di Alfonso La Marmora, Roma 1881, ad ind.; E. Della Rocca, Autobiografia di un veterano. Ricordi storici e aneddotici, Bologna 1897, ad ind.; L. Chiala, Ancora un po’ più di luce sugli eventi politici e militari dell’anno 1866, Firenze 1902 (cap. V e Appendice pp. 577-620, con lettere di Petitti alla moglie); M. degli Alberti, L’armistizio di Cormons (12 agosto 1866), in Rassegna storica del Risorgimento, III (1916), 3-4, pp. 323-389; P. Pieri. Storia militare del Risorgimento. Guerre e insurrezioni, Torino 1962, ad indicem. Sulla sua attività parlamentare e ministeriale: L. Chiala, La politica italiana e l’amministrazione della guerra dal 1863 al marzo 1866, Firenze 1870, pp. 16-32, 96, 104; Id., Giacomo Dina e l’opera sua nelle vicende del Risorgimento italiano, II, Torino 1899 (cap. XVI); P. Pieri, Le forze armate nella età della Destra, Milano 1962, ad ind.; F. Molfese, Storia del brigantaggio dopo l’Unità, Milano 1964, ad ind.; G. Paolini, I primi tempi di Firenze capitale: una polemica preelettorale dell’estate 1865, in Rassegna storica toscana, XIV (1968), 2, pp. 263-281; C. Pischedda, Esercito e società in Piemonte (1848-1859), Cuneo-Vercelli 1998, ad ind.; E. Cecchinato, Camicie rosse. I garibaldini dall’Unità alla Grande guerra, Roma-Bari 2007, pp. 59, 72, 328 s.; Camera dei Deputati, Portale storico, http:// storia.camera.it/deputato/agostino-petitti-bagliani-di-roreto-18141213?reloaded#nav (24 febbraio 2015); Archivio storico del Senato, Banca dati multimediale I senatori d’Italia, II, Senatori dell’Italia liberale, sub voce, http://notes9.senato.it/ web/senregno.nsf/P_l2?OpenPage (24 febbraio 2015).