STEIN, Peter
Regista teatrale tedesco, nato a Berlino il 1° ottobre 1937. Studiò letteratura tedesca e storia dell'arte a Monaco di Baviera, dove si occupò anche di teatro universitario. Assistente di F. Kortner, dal 1964 è al Münchner Kammerspiele; esordì con sue regie (1967-69) a Brema e a Zurigo (Kabale und Liebe di J. Schiller, Torquato Tasso di J.W. Goethe). Nel 1968 ritornò a Monaco con Nella giungla delle città di B. Brecht e Discorso sul Vietnam di P. Weiss. Nel 1970 fu direttore artistico del Berliner Schaubühne, adottando un personale modulo interpretativo naturalistico in antitesi a quello tradizionale. Tra i più significativi allestimenti, Early morning di E. Bond e Kikeriki di S. O' Casey, Changeling di Th. Middleton e W. Rowley, e Peer Gynt di H. Ibsen. S. tiene grandissimo conto della sensibilità degli attori e dei rapporti interni della compagnia; ama considerarsi fra i registi che operano "all'interno di un teatro per il quale la parola è tutto" ed è perciò indispensabile che conoscano la lingua. Si serve di spazi naturali, ora enormi, ora ridottissimi, scegliendo a preferenza scenografie vere; reinventa anche il contatto con gli spettatori, specie nella realizzazione di Antikenproject sulla tragedia greca. Gli attori agiscono liberamente in collettivo, sviluppando una loro vita autentica, elevando non solo il grado di coscienza, ma anche il livello artistico.
Nel 1972 riscosse grande successo il suo allestimento di La Cagnotte di E. Labiche (180 repliche) e di Gli irragionevoli muoiono di P. Handke; mentre I villeggianti di M. Gor'kij otterrà − come il Torquato Tasso di Goethe nel 1969 − il premio del festival di Belgrado 1974. Il biennio 1976-77 è tutto shakespeariano, con Come vi piace e Shakespeare's memory. Successivamente S. ha allestito, oltre a una trilogia di B. Strauss, La disputa di P. Marivaux e Les Nègres di J. Genet, commedia in cui S. identifica coi negri gli attori; lo stesso Genet scrisse un nuovo finale per adeguarlo all'interpretazione data dal regista e da lui molto apprezzata.
Nel 1984 S. portò l'Orestea di Eschilo a Ostia Antica. Pur giudicando il circuito teatrale italiano ostico e difficile per un regista tedesco, ritorna "per indagare, vedere, sentire, imparare". Nel 1989 accettò di produrre, per lo Stabile di Genova e il Teatro Ateneo di Roma, con un cast tutto italiano, il Tito Andronico di W. Shakespeare, incentrato sulla violenza della lotta per il potere, con un finale sospeso "per far comprendere che i processi drammatici continuano ad agire nella realtà e che il gioco teatrale è la risposta artistica ai drammi del mondo". Altri allestimenti di questo periodo sono stati Fedra di J. Racine (1987) e Lo scimmione di E. O'Neill (1989), a Berlino. Sul versante lirico, S. ha prodotto, di G. Verdi, Otello (1986) e un Falstaff tradizionale a Cardiff (1988-89), protagonisti cantanti tutti inglesi, impegnati anche come attori "a giocare sul palcoscenico in una meticolosa ricostruzione di gesti e posizioni". Nel 1991 ha riproposto l'Orestea in due serate a Mosca, dopo aver imparato la lingua russa per poter meglio comunicare con gli attori e col pubblico. Nel presentare a Berlino (1990) il dramma Roberto Zucco, capolavoro postumo di B.M. Koltès ispirato a un personaggio realmente esistito e morto suicida, S. ha cercato, "con soffocante precisione", la verità della vicenda. Ne è derivato uno spettacolo diviso in quadri, con la scena che si apre a pannelli cui il regista ha impresso la vertiginosità delle proprie ansie, dei propri desideri. Nel 1992, oltre al Faust di J.W. Goethe e al Giulio Cesare di W. Shakespeare, S. ha messo in scena a Cardiff il Pelléas et Mélisande di M. Maeterlinck e C. Debussy. Traducendo le angosce e i sentimenti inerenti al dramma in una cornice liberty e fiabesca ha provocato alla ''prima'' violente reazioni nel pubblico, pur ottenendo l'approvazione di critici e musicologi. Come direttore del settore teatrale del Festival di Salisburgo ha allestito e condiretto (1993) una trilogia shakespeariana: Giulio Cesare, Antonio e Cleopatra (regia P. Zadek), e Coriolano (regia D. Warner). Ha ricevuto nel 1988 il premio Goethe della città di Francoforte.
Bibl.: F. Quadri, Peter Stein, in Il Teatro degli anni '70: Tradizione e ricerca, Torino 1982; H. Mainusch, Das Theater ist eine Art Museum - Gespräch mit Peter Stein, in Regie und Interpretation, Monaco di Baviera 1985, pp. 111-18 e 135-36; I. Nagel, Geburt einer Truppe e Der Theaterarbeiter, in Kortner, Zadek, Stein, ivi, 1989, pp. 55-84; E. Costantini, Il mio Shakespeare made in Italy, in Corriere della Sera, 27 giugno 1989; G. Bartalotta, Il ''Tito Andronico'' di Peter Stein, in Teatro Contemporaneo, Appendice viii, Roma 1990, pp. 241-49; Il negro e l'attore (intervista a P. Stein a cura di F. Quadri), in L'Immoralità leggendaria: Il teatro di Jean Genet, a cura di S. Colomba e A. Dichy, Milano 1990, pp. 220-28.