HANDKE, Peter
Scrittore austriaco, nato a Griffen (Carinzia) il 6 dicembre 1942. Programmaticamente avverso alla letteratura d'impegno (ma per questo tanto più propenso all'impegno propriamente politico nel senso di un marxismo storicamente accettato), di preferenza si è rivolto, con una spinta provocatoria che gli ha procurato un immediato clamoroso successo, ai problemi del linguaggio, riuscendo a intessere in sede poetica un articolato discorso che raccoglie suggestioni che di lontano risalgono fino a Wittgenstein in quanto teorico dell'inadeguatezza dell'espressione linguistica rispetto al reale da significare.
Specie agl'inizi, col suo teatro dell'anti-teatro esasperato nel rifiuto delle convenzionalità, prima fra tutte quella eminentemente teatrale dell'azione, ha posto l'attenzione sui problemi dell'integrazione linguistica, e di qui sociale, da un lato (come in Publikumsbeschimpfung, 1966) proponendo e di continuo variando una serie suggestivamente monotona di affermazioni apodittiche come tali inconfutabili ma rese sconvolte ed estenuate nella loro significatività, dall'altro lato (come in Kaspar, 1967) realizzando un personaggio tutto condizionato in virtù dell'acquisizione di mezzi linguistici che sono del pari rigorosi e occasionali. Se anche in seguito si è fatto più prudente, adeguandosi alle norme di una teatralità non esclusivamente parlata, H. ha però continuato a insistere nell'avvistare barriere e nello scontrarvisi, barriere che in Die Unvernünftigen sterben aus (1973, trad. it. Torino 1976) sono ancora sociali ma dipendono anche dalle strutture economiche. Fasi intermedie di un'intensa produzione sono Weissagung (1966), Selbstbezichtigung (1966; i due testi, insieme con Publikumsbeschimpfung e Kaspar, trad. it. Milano 1969), Hilferufe (1967), Das Mündel will Vormund sein (1969), Der Ritt über den Bodensee (1970), e Quodlibet (1970).
Meno clamore, ma non meno interesse per la studiata singolarità d'intenti e di tecnica, ha destato all'inizio il narratore H., che riprende tecniche modernamente consacrate, anzitutto quella del romanzo poliziesco, ma senza i consueti contenuti e i consueti sbocchi, rivelando piuttosto lo sconcerto di fronte al recupero di memoria di non unitaria stratificazione (Die Hornissen, 1966) e la fallacia di una collocazione intesa come univocamente definibile in sede di comportamento prima e d'impressione e di chiarificazione poi (Der Hausierer, 1967, trad. it. Milano 1970). Die Angst des Tormanns beim Elfmeter (1970, trad. it. Milano 1971) e, a distanza, Die Stunde der wahren Empfindung (1975) risultano racconti meglio rifiniti, mantenendo però saldo il legame con la problematica precedente dell'alienazione promossa dalle parole fattesi di necessità equivocanti: due omicidi, l'uno reale ancorché immotivato, l'altro solamente sognato, promuovono un contatto col mondo che è inferno dell'illogico e pure stringe e costringe con la logica della sua irrefutabilità. Ancora da segnalare, nella narrativa, Der kurze Brief zum langen Abschied (1972, trad. it. Milano 1973) e Wunschloses Unglück (1972, trad. it. Milano 1976); e inoltre raccolte di brevi testi, come tali più agevolati nel gioco della sperimentazione (fra l'altro Die Innenwelt der Aussenwelt der Innenwelt, 1969, e Falsche Bewegung, 1975).
Bibl.: G. Heintz, P. Handke, Stoccarda 1971; Über P. Handke, a cura di M. Scharang, Francoforte 1972; P. Handke, a cura di H.L. Arnold, Monaco 1976.