Greenaway, Peter
Regista cinematografico e teatrale, sceneggiatore e pittore inglese, nato a Newport il 5 aprile 1942. "Tutti i miei film parlano della classificazione del caos" ha dichiarato il regista che si è più volte definito "un pittore su celluloide" e nella cui opera cinematografica confluiscono tutte le forme di sperimentazione, frutto dei suoi interessi molteplici e tuttavia coerenti, come attesta l'erudizione labirintica, anch'essa tematizzata (per es. in Prospero's book's, 1991, L'ultima tempesta). Nel suo lavoro si rintracciano infatti allusioni esplicite che coprono tutti i campi dello scibile, da J.L. Borges a I. Calvino, da L. Carroll a G. Perec, da Arcimboldo a J. Vermeer, da J. Cage a H. Purcell, da Ch. Darwin a I. Newton, da É.-L. Boullée all'architettura fascista, dai giardini barocchi ai tableaux vivants, dalla Land Art alla Body Art, senza contare la mitologia, i testi religiosi, e, infine, opere e autori immaginari. Un magma di riferimenti solo in apparenza confuso, di cui l'autore è l'unico a detenere tutte le chiavi (a Drowning by numbers, 1988, Giochi nell'acqua, e a Prospero's books si accompagnano documentari e libri esplicativi), disegnando una poetica di autore-Dio ‒ che suscita reazioni estreme di adesione o rigetto ‒ la cui consapevolezza, spinta volutamente all'eccesso, è spesso condita da una punta di smagata autoironia. Non a caso, i protagonisti maschili dei suoi film sono abitati dall'idea fissa di elencare, collezionare e organizzare compulsivamente oggetti e fenomeni fabbricando, in tal modo, significati e regole paranoiche, ma sistematicamente la loro ambizione di artefici si conclude con la morte, reale o metaforica, a opera della donna e della natura stessa, che insieme decompongono e putrefanno le fragili e commoventi strutture, il patetico e infantile castello di carte. Questo 'cinema di idee', barocco e concettuale, si è evoluto privilegiando sempre più la forma del collage (grazie alla sovrapposizione o incrostazione elettronica di immagini, testi e animazioni) e l'uso del carrello laterale inteso come figura enumerativa, come flaubertiano srotolarsi di simboli e citazioni.
G. studiò a Londra, dove frequentò la Walthamstow School of Art. Come testimonia il titolo della sua prima mostra personale di pittura, Eisenstein at Winter Palace (1964), si interessò fin da giovane di cinema, uno dei tanti supporti scelti da un artista che è anche pittore, disegnatore, poi creatore di installazioni, regista lirico, sperimentatore televisivo e curatore di esposizioni. Ognuna delle attività coltivate nel tempo risulta strettamente intrecciata con le altre e testimonia le medesime ossessioni: l'acqua, l'enumerazione, la passione per i giochi, gli alfabeti, le mappe e i dizionari, il gusto dell'orrido e delle simmetrie, l'allusivo simbolismo. Tra il 1962 e il 1980 G. ha realizzato numerosi cortometraggi e lungometraggi sperimentali, tra cui The Falls (1980), compendio delle ricerche precedenti in un racconto fantastico di tre ore dal tono pseudodocumentaristico, che mescola l'arbitrio dell'alfabeto e quello dei numeri, nel gusto barocco del catalogo. Ossessioni che G. ha trasportato nel cinema fin dal 1982 quando, con il giallo borgesiano ambientato nel 1694 The draughts-man's contract (I misteri del giardino di Compton House), ha suscitato definitivamente l'attenzione di critica e pubblico. Sono seguiti A zed & two noughts (1985; Lo zoo di Venere), dove il tema del doppio (gemellare, zoologico, cromatico) si scontra con l'asimmetria dell'amputazione e di un tempo scandito dalle fasi della putrefazione biologica; The belly of an architect (1987; Il ventre dell'architetto), riflessione sul concetto di corpo (fisico e architettonico); Drowning by numbers, brillante commedia nera ritmata dalla decrescente apparizione dei numeri da 100 a 1 (per la quale ha ottenuto il premio della giuria per il contributo artistico al Festival di Cannes), e The cook, the thief, his wife and her lover (1989; Il cuoco, il ladro, sua moglie e l'amante), sui rapporti tra cibo, sesso e morte, nonché tra interni ed esterni. A partire da Prospero's books, libero adattamento dell'opera di W. Shakespeare, la sua poetica si è avvalsa di nuove possibilità di trattamento delle immagini offerte dalle tecniche elettroniche dell'alta definizione. Forse anche a causa della rottura del sodalizio con il compositore Michael Nyman, la ricerca cinematografica di G. è proseguita con esiti meno felici in The baby of Mâcon (1993), The pillow book (1996; I racconti del cuscino) e 8 ¹/₂ women (1999; 8 donne e ¹/₂ ).
G. Bogani, Peter Greenaway, Milano 1995; A. Bencivenni, A. Samueli, Peter Greenaway ‒ Il cinema delle idee, Genova 1996.