BROOK, Peter
Regista teatrale e cinematografico inglese di origine russa, nato a Londra il 21 marzo 1925. Ha esordito giovanissimo, dimostrando fin dalle sue prime regie un eccezionale intuito teatrale (Dr. Faust, 1943; The infernal machine, 1945; King John, 1945). Nel 1946, invitato da Barry Jackson, ha diretto a Statford Love's labour lost, imponendosi come il più acuto interprete contemporaneo del teatro di Shakespeare. Negli anni Cinquanta, lasciata la direzione del Covent Garden Opera House (ottenuta nel 1947), si è dedicato in particolare a opere moderne allestendo, a Londra, drammi di Anhouilh e Dürrenmatt e, a Parigi, di Williams, Genet, Miller. Nel 1962 ha accettato la direzione, insieme con P. Hall e M. Saint Denis, della Royal Shakespeare Company e ne ha rivoluzionato la politica culturale affiancando al repertorio tradizionale lavori puramente sperimentali. Il King Lear dello stesso anno segna il culmine dello stile di questo periodo, ancora legato a schemi tradizionali, e insieme il passaggio verso forme di sperimentazione più avanzate, (costituzione del Royal Shakespeare Experimental Group e allestimenti ispirati al "teatro della crudeltà"). In quest'ambito metodologico, in cui lo spettacolo non si pone come prodotto finito, bensì come processo dinamico fatto di prove e correzioni, si pongono le opere di questi anni (Marat Sade, 1964; The instructory, 1964; US, 1966; The Tempest, 1968, Midsummer night's dream, 1970). Nel 1970 ha creato a Parigi il Centre international de créations théâtrales, dove sono state sperimentate le possibili applicazioni teatrali di un linguaggio non significante, lo hashtahondo (usato inizialmente come strumento di lavoro per improvvisazioni e altri esercizi, diventato in seguito schema per la creazione di un nuovo linguaggio scenico e per l'analisi della gestualità). A Persepoli, per la rappresentazione di Orghast (1971), B. ha usato un linguaggio, costruito da T. Huges su radici glottiche gaeliche, protoinglesi e inventate, il cui costrutto non era arbitrario (come per lo hashtahondo) ma poteva trasmettere complessi stati mentali.
Un momento importante di questo indirizzo di ricerca, condotta da B. insieme con un gruppo di attori internazionali, "The birds" (dal titolo dell'allestimento The conference of the birds, 1973) è rappresentato dal viaggio in Africa del 1974 (su cui è stato girato un lungometraggio) durante il quale è stata verificata la significazione, a livello prelogico, dello hashtahondo, in rapporto ai linguaggi e alla gestualità di alcune tribù africane. L'interesse antropologico torna nell'ultima opera del B., The Ik, 1975 (tratto dal libro The mountain people di C. Turnbull), dramma della dissoluzione di una cultura, vissuta attraverso i soli corpi degli attori, segni inequivocabili della tragedia.
Nell'attività cinematografica, si ritrova lo sperimentalismo del teatro di B.; i suoi films (Tbe beggar's opera, 1952; Moderato cantabile, 1960; Lord of the flies, 1962; The Marat sade, 1967; Tell me lies, 1968; King Lear, 1971), per lo più versioni di spettacoli teatrali, tentano mezzi espressivi nuovi capaci di rendere filmicamente il senso dell'allestimento originale. Tra i suoi scritti: The empty space, Londra 1968.