Poeta e principe montenegrino (Njeguši, Cettigne, 1812 - Cettigne 1851). Morto lo zio Pietro I, fu proclamato capo della Chiesa e del popolo montenegrino. Nel 1833 fu consacrato vescovo in Russia. Godendo dell'appoggio politico e finanziario della Russia, riuscì a destreggiarsi fra l'aggressività dei Turchi confinanti, la vigilanza talvolta minacciosa dell'Austria, le discordie fra i Montenegrini stessi, avversi alle sue riforme finanziarie e amministrative. All'incremento della cultura montenegrina contribuì con la fondazione di una scuola (1833) e di una stamperia (1834). Ammalato di tisi, trascorse l'inverno 1850-51 a Napoli. Per la sua cultura e le sue aspirazioni si stacca nettamente dal primitivismo sociale e culturale del Montenegro dei suoi tempi, al quale però egli è saldamente unito per il suo patriottismo e per il suo stesso temperamento. Dai travagli di questo contrasto nascono le sue opere migliori: il capolavoro Gorski Vijenac ("Il serto della montagna", 1846), ove l'argomento principale (lo sterminio dei Montenegrini apostati) trova una poetica integrazione nella descrizione di usi e costumi locali e nell'approfondimento dei problemi generali del vivere e dell'agire; il poema didascalico-filosofico Luča mikrokozma ("Il raggio del microcosmo", 1845) e il dramma storico Lažni Car Šćepan Mali ("Il falso re Stefano il Piccolo", 1851).