peste
L’antico flagello portato dai topi
La cosiddetta morte nera, inevitabile, repentina, di massa, che per contagio sterminava nei secoli passati persone di qualsiasi ceto sociale, era provocata dalla temutissima peste. Questa malattia, trasmessa da pulci e topi, ha funestato la storia dell’uomo lasciando un’impronta indelebile, tanto che famose pestilenze hanno fatto da sfondo a opere letterarie come il Decameron di Giovanni Boccaccio e I promessi sposi di Alessandro Manzoni
La peste, malattia contagiosa di cui oggi è ben nota la causa (epidemie e pestilenze), ha rappresentato per tutto il Medioevo la più grave patologia per diffusione e alta mortalità. In realtà il termine peste era usato indifferentemente per indicare le più varie malattie che avevano in comune la trasmissione per contagio e il fatto che rappresentavano un pericolo grave e diffuso. Pestilenze potevano essere quindi la vera e propria peste, causata dal batterio Yersinia pestis e trasmessa da pulci e topi, ma anche altre malattie quali il vaiolo, il morbillo, la scarlattina (malattie infettive) e quelle che comunque si manifestavano con eruzioni cutanee.
La prima grande epidemia documentata con certezza è la cosiddetta peste nera che dilagò in Occidente dal 1346 al 1353, riducendo di un terzo la popolazione europea. In seguito, nessuna grande epoca (Medioevo, Rinascimento, Seicento, Settecento) ne sarà risparmiata.
Le epidemie contagiose erano importate nell’area mediterranea dall’Estremo Oriente attraverso i porti. Lo spostamento di eserciti e i traffici commerciali erano cause di scambi non solo di merci, ma anche di epidemie; il carente stato di nutrizione e le pessime condizioni igieniche in cui viveva la popolazione influivano poi sulla loro diffusione.
In tale panorama l’Italia, paese sia di guerre sia di commerci, rappresentava un luogo ottimale per il propagarsi delle malattie e l’alleanza tra peste, carestia e guerra è stata la principale responsabile delle grandi stragi avvenute nel nostro paese.
Della «mortifera pestilenza» Giovanni Boccaccio fornisce un’efficace descrizione, a conferma che di una vera peste il poeta fu nel 1348 lo spaventato testimone: «Nascevano nel cominciamento d’essa a’ maschi ed alle femmine parimente o nell’anguinaia o sotto le ditella certe enfiature dette gavoccioli le quali erano certissimo indizio di morte». Linfonodi ingrossati e dolenti (i bubboni), brividi e febbre alta, mal di testa, nausea e vomito erano i segni inconfondibili della malattia. L’ultima grande epidemia europea si ebbe nel 1665 a Londra. Nessuno conosce i motivi della comparsa e della scomparsa di tale malattia.
Pesti o pestilenze, peste bubbonica (la peste propriamente detta), petecchiale (tifo esantematico), peste di Cipriano con bocca e gola infiammate, peste colica o peste nervosa, sono una serie di malattie nei cui confronti la medicina antica poco sapeva e poco poteva fare. Venivano curate con i semplici, piante coltivate nell’orto del convento o dell’ospedale. I più ricchi potevano permettersi farmaci costosi come la triaca, antico rimedio tanto famoso quanto inefficace, che all’epoca era fatto da sessanta a cento dei più vari ingredienti a seconda dello speziale che lo preparava e lo vendeva ad altissimo prezzo.
I responsabili della peste, pulce e ratto malato, non trovavano posto nel sapere medico dell’epoca, anche perché la loro presenza era ubiqua: i topi erano in magazzini, cloache, granai, canali di scolo, rifiuti abbandonati dappertutto; le pulci erano abitanti abituali di vestiti, panni, letti, tappeti e tendaggi, sacchi di cereali, balle di tessuti. La causa della peste si imputava invece al cielo, alle stelle, al clima, alle acque stagnanti, all’umidità dell’aria, ai demoni.
Le epidemie di peste, con le loro grandi masse di infetti e di moribondi, saranno il principale fattore per l’organizzazione del lazzaretto, luogo non per poveri o malati cronici, ma per malati acuti. Questi venivano isolati dal resto della popolazione per evitare il dilagare della contagiosa malattia: se fortunati potevano guarire e quindi essere dimessi. Il lazzaretto era quello che oggi è il reparto di isolamento di malattie infettive di un ospedale, con la non piccola differenza che in questi reparti oggi vengono somministrate ai malati appropriate cure farmacologiche.
A livello pubblico fu inoltre introdotta la cosiddetta quarantena delle merci ossia l’obbligo di tenerle, appena giunte nel porto provenienti dai mercati orientali e prima della loro distribuzione, quaranta giorni nei magazzini, a seguito della credenza che la trasmissione dell’epidemia fosse dovuta agli oggetti provenienti da luoghi lontani.