PESELLINO
. Francesco di Stefano, detto il P., pittore, nacque circa il 1422 a Firenze, morì ivi nel 1457. Nel 1453 strinse società con i pittori Piero di Lorenzo di Pratese e Zanobi di Migliore. Nel 1455 prese a dipingere una pala d'altare per la Compagnia della SS. Trinità di Pistoia, ma morendo la lasciava non del tutto compiuta; ed essa fu data a finire (1458) a Filippo Lippi, mentre Piero di Lorenzo piativa con la vedova del P. per avere il compenso della sua parte nell'opera. La pala di Pistoia, ora nella National Gallery di Londra, è il solo dipinto che i documenti accertino del P.; ma il Vasari ricorda di lui la predella del polittico di Filippo Lippi nella cappella medicea in S. Croce (il polittico del Lippi è ora agli Uffizî con tre parti della predella, di cui altre due parti sono al Louvre): e queste due opere, distanti tra loro di poco più che dieci anni, dànno modo di ricomporre abbastanza largamente l'attività del pittore nella sua breve vita.
Avviato forse dal nonno materno Giuliano d'Arrigo, detto il Pesello, da cui derivò il soprannome (di Giuliano non resta nessun dipinto sicuro, ed è pertanto impossibile definirne l'influsso sul nipote), il P. dovette praticare presto, e specialmente, Filippo Lippi: lo dimostra quella sua predella al polittico commesso al Lippi intorno al 1438. In codesta predella, piena di riflessi del Lippi, la maniera del P. è nondimeno già fortemente individuata: si distingue dal polittico per un senso plastico più acuto, come formato sui primi e più masacceschi modi del maestro, e per il colorito brillante senza le ombre e le iridescenze, in cui Filippo Lippi lo andava avvolgendo. Ha pure qualche richiamo all'arte dell'Angelico, specie nel paesaggio semplificato e profondo, ma non così forte da dimostrare che il P. si sia avvicinato tanto all'Angelico da potere egli eseguire, come è stato supposto, la predella del polittico perugino di fra Giovanni. Nella predella della pala di Pistoia, un tempo dissecata in diverse parti e da poco ricomposta quasi interamente (ora depositata anch'essa nella National Gallery di Londra) sembra del P. soltanto la Decapitazione del Battista, di Filippo Lippi il Miracolo di S. Zeno, a cui è prossimo il S. Gerolamo, e potrà essere di Piero di Lorenzo il S. Mama tra i leoni; la tavola principale, con la Trinità fra santi, ha tracce del compimento avuto per mano del Lippi soprattutto nella figura dell'Eterno, ma nelle altre parti presenta, portati a grande intensità, quei primi distintivi caratteri del P. nella forza del disegno e del rilievo, nella lucidità del colore: è composta con giovanile fierezza, non senza ricordi di Andrea del Castagno negl'impetuosi angeli, come da artista rapito dalla morte nella piena energia dell'operare.
Alla predella di S. Croce e alla tavola di Pistoia molti altri dipinti si sono potuti aggregare, non tutti di uguale qualità, così che si potranno ancora distinguere in diversi gruppi, come già fu tentat0 ricomponendo la figura di un supposto "compagno di Pesellino". Tra i più importanti, e più certi del P., sono molti "quadretti di figure piccole" (così li ricordò il Vasari) per ornamento di spalliere e di cassoni, nei quali l'artista spiegò la sua fresca fantasia: a Bergamo, nell'Accademia, le storie di Griselda; a Boston, nella raccolta Gardner, i Trionfi del Petrarca; a Londra, nella raccolta A. Th. Loyds, le storie di David con molti richiami a Paolo Uccello. A questi sono da aggiungere ancora altri piccoli dipinti, anche miniature: frammenti di predella nella raccolta Doria a Roma e nel Museo di Worcester; una Crocifissione nella Galleria di Esztergom; una tavoletta con la Madonna fra santi già nella raccolta Holford, e prossima alla Trinità; una miniatura della Biblioteca Marciana (cod. 4519): e dall'insieme sorge ben distinta l'arte del P. pur tra i grandi maestri, Filippo Lippi e l'Angelico, Andrea del Castagno e Paolo Uccello, presso i quali essa si era formata, dotata di giovanile impeto e di freschezza, di un senso plastico preciso, a cui coordinò in modo proprio lo splendente colore.
V. tavv. CCXXXVII e CCXXXVIII.
Bibl.: W. Weisbach, F.P. und die Romantik des Renaiss., Berino 1901; B. Berenson, Italien pictures of the Renaissance, Oxford 1932, p. 442; M. Logan, Compagno di Pesellino, in Gazette des Beaux-arts, 1901, II, pp. 18-34, 333-343; P. Toesca, F. P. miniatore, in Dedalo, 1932, pp. 85-90; B. Berenson, in Dedalo, 1932, p. 665 segg.; A. Scharf, Die Kunst des F. P., in Pantheon, 1934, pp. 211-222; G. Gronau, in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XXVI, 1932 (con completa bibl.).