PESCI (lat. scient. Pisces; fr. poissons; sp. peces; ted. Fische; ingl. fishes)
Classe del sottotipo Vertebrati (v.) tipo Cordati (v.). I Pesci sono Vertebrati acquatici, a temperatura variabile, provvisti tipicamente di due paia di pinne pari e di pinne impari, di bocca munita di mascelle (Gnathostomata); respirano per branchie; hanno generalmente uno scheletro cutaneo formato da dentelli, squame o piastre ossee, circolazione sanguigna semplice (eccetto i Dipnoi), cuore costituito da un atrio e da un ventricolo.
Cenni storici. - In epoca moderna il primo tentativo di classificazione zoologica dei Pesci fu fatto da G. Rondelet (1507-1566); successivamente gl'inglesi John Ray (1628-1705) e Fr. Willughby (1635-1672), precorsi in ciò da Aristotele, per primi distinsero i Pesci in cartilaginei e ossei. Lo svedese P. Artedi (1705-1735) ripartì i Pesci in ordini e generi, distinguendo gli ordini dei Malacopterygii, Acanthoptersgii, Branchiostegi, Chondropterygii e Plagiuri, ai quali ultimi ascrisse i Cetacei. L'opera di Artedi servì di base a C. Linneo (v.) per l'ordinamento dei Pesci nelle prime edizioni del suo Systema naturae; nella 10ª edizione di questa opera Linneo escluse opportunamente dai Pesci i Cetacei e li comprese tra i Mammiferi, ma escluse anche i Chondropterygii di Artedi, che mise tra i Rettili col nome di Amphibia nantes. Linneo distingueva i Pesci principalmente in base alla posizione delle pinne ventrali e li ripartiva in 4 ordini: Apodi, Giugulari, Toracici, Addominali. Nel periodo immediatamente successivo a Linneo, le ricerche ittiologiche presero sviluppo principalmente per opera di M. E. Bloch (1723-99) e di B. G. E. de Lacépède (1756-1825).
A. Duméril (1774-1860) usò per primo i nomi di Ciclostomi e Plagiostomi. La sistematica ittiologica fece poi un grande progresso per merito di G. Cuvier (v.) e del suo allievo A. Valenciennes; essi suddivisero i Pesci in Cartilaginei (Chondropterygii) e Ossei e questi in Acanthopterygii, Malacopterygii, Plectognathi, Lophobranchii; i Malacopterygii a loro volta in Addominali, Subbranchi e Apodi. L. Agassiz (1807-1873) distinse il gruppo dei Ganoidi, che venne meglio definito da G. Müller (1801-1858), il quale lo suddivise in due sottordini: Hotostei e Chonorostei.
La classificazitme dei Pesci fatta dal Müller in Dipnoi, Teleostei, Ganoidi, Elasmobranchii, Marsipobranchii e Leptocardii è stata lungamente usata.
Il principe di Canino, C. L. Bonaparte (1803-1857), ripartì i Pesci nelle sei sottoclassi seguenti: Elasmobranchii, Pneumobranchii (Dipnoi), Epibranchii (Ganoidei), Potamobranchii (Fisostomi, Fisoclisti e Plectognati), Lophobranchii, Marsipobranchii (Ciclostomi e Leptocardî). Fra gli autori moderni hanno particolarmente contribuito al perfezionamento della classificazione gl'ittiologi inglesi e americani: A. Günther, E. D. Cope, T. N. Gill, G. A. Boulenger, T. Regan, D. S. Jordan.
Attualmente la grande maggioranza degli zoologi comprende nella classe dei Pesci in senso stretto, ad esclusione dei Leptocardii e dei Marsipobranchii (Ciclostonti), soltanto quelli che sono provvisti di mascelle e di pinne pari. Alcuni autori (T. Regan) escludono però dalla classe dei Pesci anche gli Elasmobranchii, che considerano quale classe distinta.
Degl'ittiologi italiani del periodo prelinneano ricorderemo fra i principali: Paolo Giovio (1482-1552), Ippolito Salviani (1514-1572), U. Aldrovandi (1522-1605). Portarono importanti contributi all'anatomia e fisiologia dei pesci: Girolamo Fabrici d'Acquapendente (1537-1619), G. Casseri (1545-1616), S. Lorenzini (sec. XVII), Alfonso Borelli (1608-79), M. Malpighi (1628-94), M. A. Severino (1580-1656), F. Redi (1626-98), A. Vallisnieri (1661-1730). Si occuparono dei pesci mediterranei: Ferrante Imperato (1550-1625), P.A. Mattioli (1500-77), Fabio Colonna (1567-1650), Augusto Scilla (1639-1700), P. Boccone (1633-1704).
Nel periodo linneano ricorderemo: Giovanni Bianchi (Janus Plancus, 1693-1775), G.A. Scopoli (1723-88), Francesco Cetti (1726-78), F. Grisellini (1717-83), Vitaliano Donati (1717-62), Giuseppe Olivi (1769-95). Sempre nel sec. XVIII contribuirono con importanti ricerche alla conoscenza anatomica e fisiologica dei pesci L. Spallanzani (1729-99), che ne studiò la respirazione, e F. Cavolini (1756-1810), cui si devono belle osservazioni sulla generazione.
Nel sec. XIX si occuparono d'ittiologia italiana lo svizzero G. S. Rafinesque (1783-1840), che studiò i pesci della Sicilia, il nizzardo Risso (1777-1845), i veneti F. L. Naccari (1793-1860) e G. D. Nardo (1802-77), poi, oltre al principe Luciano Bonaparte, Oronzio Gabriele Costa (1787-1867), che descrisse i pesci del regno di Napoli, A. Sassi (morto nel 1852), G. B. Verany (1800-1865), F. De Filippi (1814-1867), A. Cocco (1799-1854), C. Ranzani (1775-1841); e ancora più recenti A. Perugia, E. F. Trois, A. P. Ninni, G. Canestrini, Achille Costa, P. Doderlein, E. H. Giglioli, A. Targioni Tozzetti, P. Pavesi, S. Lo Bianco, C. Emery, e infine i contemporanei G. B. Grassi, D. Vinciguerra, F. Raffaele e tanti altri.
Morfologia.
Forma esterna. - Il corpo dei pesci è tipicamente fusiforme, senza che capo, tronco e coda siano particolarmente distinti. Il corpo è generalmente più alto e più largo anteriormente, si abbassa e si comprime maggiormente verso la coda. Il capo, conico, si unisce senza collo al tronco, su cui non è mobile. Nei Selaci si indica come limite posteriore del capo l'ultima fenditura branchiale nei Teleostei il margine posteriore dell'opercolo o, nei casi in cui questo non è libero, l'apertura della camera branchiale. Il limite fra tronco e coda è dato dalla posizione dell'ano; nel primo è compresa la maggior parte dei visceri, la seconda è quasi esclusivamente formata da muscolatura; talvolta però l'intestino s' incurva e l'ano si porta molto avanti.
Organi di equilibrio e di locomozione sono le pinne pari e impari, appendici laminari sostenute da raggi scheletrici. Le pinne pari sono in numero di due paia: pettorali (scapolari) e ventrali (pelviche). Le prime si trovano subito dietro la fenditura branchiale, le seconde, che negli Elasmobranchi, nei Ganoidi e nei Dipnoi sono sempre addominali, nei Teleostei possono essere più o meno avanzate; si dicono giugulari quando stanno davanti alle pettorali, toraciche quando stanno sotto queste, addominali quando sono poste all'indietro. Le pinne ventrali possono talvolta mancare (Apodes, Syngnathidae, Plectognathi); meno frequentemente possono mancare le pettorali (Muraenidae, Nerophidae). Le pinne impari sono comprese nel piano mediano del corpo e si distinguono in una o più dorsali, una codale e una o più anali; queste ultime stanno dietro l'ano, la codale intorno alla terminazione della colonna vertebrale, le dorsali sul profilo dorsale. Le pinne impari possono essere unite in un'unica pinna, che dal dorso, girando intorno alla coda, si continua fino all'ano (Anguilla), condizione che può essere considerata primitiva, perché si trova negli stadî larvali dei Teleostei (pinna primordiale). Le pinne impari possono essere più o meno ridotte; nel cavalluccio (Hippocampus), in Nerophis, in alcuni Murenoidi, in Myliobatis manca la pinna codale, nei Batoidei manca quella anale.
In confronto alla forma tipica fusiforme, il corpo dei pesci può essere più o meno deformato (figg. 1 e 2). Così può avere una forma considerevolmente allungata, serpentina (anguilliforme), come nell'anguilla, oppure aghiforme (aculeiforme: Sygnathus) o anche allungata, nastriforme (teniforme: Rigalecus, Lophotes). In altri casi il corpo può essere molto accorciato, compresso, come nel pesce luna (Mola mola), oppure accorciato e rotondeggiante (globiforme: Tetrodon) o anche rettangolare (Ostracion); altre volte può essere ancora fortemente compresso (compressiforme), come nei Pleuronettidi, nei quali riposa adagiato su un lato, che è cieco, mentre gli occhi sono ambedue sul lato rivolto alla luce. In altri casi il corpo è depresso (depressiforme), come nella rana pescatrice (Lophius), o ancora di più, come nelle Razze e negli altri . Selaci Batoidei.
Le proporzioni delle varie parti del corpo sono anch'esse molto diverse: Lophius ha un capo enorme, Mola manca di coda, Macrurus ne ha invece una molto grande.
Anche la forma del capo può essere più o meno modificata; può essere allargato in due prolungamenti laterali, come nel pesce martello (Sphyrna zygaena), oppure provvisto di una cresta dorsale talvolta prominente (Lophotes) o ancora avere la mascella superiore prolungata in un rostro, come nel pesce spada (Xyphias) o presentare un simile prolungamento all'apice del capo, come nel pesce sega (Pristis); in altri casi ambedue le mascelle possono essere allungate (Belone), oppure il muso può essere allungato tubulare (Macrorhamphosus, Syngnathidae).
Anche le pinne possono avere forme svariate: possono avere i raggi, che normalmente sono spinosi o molli, prolungati in lunghe lacinie (Trachypterits), oppure modificati in forti aculei (Macrorhamphosus), oppure i raggi possono essere liberi (Lophius, Motella, dorsale) o digitiformi (Trigla, pettorali). Ancora, nei Salmonidi e Siluridi la seconda pinna dorsale può essere adiposa. Nei Selaci Batoidei poi, le pettorali sono allargate e non distinte dal tronco, unitamente al quale formano il cosiddetto disco.
Tegumenti (fig. 3). - L'epidermide dei pesci è stratificata; oltre alle cellule epiteliali di rivestimento, contiene quasi sempre cellule mucipare e spesso anche altre cellule ghiandolari a clava e sierose. Alcuni pesci (ad es., Synanceia, Scorpaena, Trachinus, Uranoscopus, Trygon, Myliobatis) posseggono nell'epidermide ghiandole velenose in rapporto con aculei dell'opercolo, raggi delle pinne, aculei codali, ecc.
Talvolta alla superficie dell'epidermide si forma uno strato cu-. ticolare (ventosa di Lepadogaster). Altre volte si possono anche avere leggiere corneificazioni superficiali, come nei Ciprinidi o in Periophthalmus. Nei maschi di alcuni Ciprinidi in abito di nozze compaiono formazioni cornee rotondeggianti, dette "organi perlacei".
Il derma consta di uno strato lasso e di uno interno compatto, formato quest'ultimo da strati alterni di fibre incrociate diagonalmente. Nel derma si trovano cromatofori a pigmento nero (melanina, melanofori), giallo o rosso (lipocromi, xantofori) o contenenti cristalli di guanina iridescenti (iridociti o guanofori); essi possono essere distribuiti a formare macchie, strisce, disegni diversi.
La colorazione dei pesci è data, oltre che da pigmento, da fenomeni di riflessione e d'interferenza (iridescenza). Il colore bianco è dato da iridociti, il colore argenteo da guanina extracellulare, i colori verdi e azzurri da fenomeni d' interferenza uniti al colore degl'iridociti e degli xantofori; in casi eccezionali sono state trovate anche sostanze coloranti verdi e azzurre.
Nei pesci litoranei la colorazione è in generale intonata a quella dell'ambiente; in alcune specie, particolarmente di regioni tropicali, si hanno colorazioni molto vivaci. Specie pelagiche hanno per lo più colore azzurro al dorso, argenteo ai fianchi e al ventre (Clupeidi, Scomberoidi). Specie di fondo hanno in genere colori protettivi poco appariscenti (nei Pleuronettidi la faccia cieca è bianca, la faccia superiore pigmentata). I pesci abissali hanno invece colori scuri, pesci di media profondita spesso sono di color rosso. Le specie d'acqua dolce, che vivono nelle caverne, mancano per lo più di pigmento. Molte larve pelagiche (leptocefali) e alcuni Gobiidi pelagici (Aphya) sono diafani.
Alcune specie possono cambiare di colore (riflessi ottici) a seconda del colore dell'ambiente (Pleuronettidi) o dell'illuminazione (v. colore: Colori degli animali) o anche (Mullus) secondo lo stato emotivo. Tali cambiamenti di colore sono dovuti alla contrazione o espansione dei cromatofori, che sono innervati dal simpatico. Taluni pesci, specialmente i maschi (spinarello, Labridi, Smaris), cambiano di colore nell'acquisizione dell'abito di nozze.
Nella pelle dei pesci si trovano formazioni scheletriche cutanee. Tipo primitivo di tali formazioni sono ritenute le squame placoidi dei Selaci; queste si formano al limite tra epidermide e derma, constano di una piastra basale, dalla quale si eleva un dentello che perfora l'epidermide. Esse sono formate di dentina e hanno un rivestimento di smalto all'estremità del dentello. I dentelli hanno generalmente la punta retrocurva, per cui la pelle dei Selaci appare aspra se lisciata dall'indietro in avanti (zigrino). I dentelli cutanei nelle Razze non sono uniformemente distribuiti e sono di grandezze diverse. In alcuni Selaci (Trygon, Acanthias) si possono avere aculei più o meno robusti sulla coda o alla base delle pinne dorsali, in Pristis sul rostro.
Un tipo speciale di squame, chiamate squame ganoidi, si trova in alcuni Ganoidi (Polypterus); sono piastre rombiche ricoperte da uno strato di ganoina (simile allo smalto). Nei Teleostei si trovano due tipi di squame, cicloidi e ctenoidi, le prime di forma circolare, le seconde con il margine posteriore libero dentellato. Esse sono lamine di tessuto osteoide, che si formano nello spessore del derma, disposte su linee oblique; crescendo si embricano e sporgono superficialmente, comprese nella tasca della squama. L'accrescimento annuo, intermittente, lascia sulle squame delle strie concentriche, che permettono di riconoscere l'età dell'individuo. Talvolta nei Teleostomi si hanno anche piastre ossee cutanee più o meno estese (Syngnathidae, Plectognathi, Storioni, Peristedion).
In alcune specie (Torpedo, Conger) la pelle è nuda. Nell'anguilla le squame sono piccole, immerse nella pelle.
Alcuni pesci (Lophius, Hippocampus) hanno alla superficie del corpo varie appendici cutanee.
Scheletro (fig. 4). - Lo scheletro interno degli Elasmobranchi è cartilagineo, quello dei Teleostei: Olostei e Crossotterigi osseo, quello dei Dipnoi e dei Condrostei parzialmente ossificato. In parte dei Teleostei lo scheletro osseo non è formato da vero tessuto osseo, ma da un tessuto privo di cellule (sostanza osteoide, Kölliker). Nei Teleostei si distinguono ossa da cartilagine o autostosi, che vengono a sostituire formazioni cartilaginee, e ossa cutanee o allostosi, che si formano direttamente dal connettivo.
Prima formazione scheletrica è la corda dorsale, cordone cellulare situato lungo l'asse del corpo, circondato da una guaina fibrosa, limitata da una elastica esterna. Dal mesenchima che circonda la corda si formano intorno alla stessa o entro la guaina fibrosa i corpi vertebrali. Essi hanno disposizione metamerica, sono alternati con i somiti (segmenti muscolari). Nei Dipnoi, Olocefali e Condrostei non si formano i corpi vertebrali e permane la corda, alla quale si appoggiano gli archi vertebrali. I corpi vertebrali dei pesci sono biconcavi, a forma di clessidra (vertebra anficele); soltanto in Lepidosteus si trovano vertebre opistoceli, a cavità posteriore. Oltre che del corpo, la vertebra consta di un paio di archi dorsali (neurali, basidorsali) e di un paio di archi ventrali (emali, basiventrali); i primi circondano il midollo spinale e si uniscono dorsalmente a formare i processi spinosi dorsali, i secondi nella regione codale circondano l'arteria e la vena codale e si riuniscono pure a formare i processi spinosi ventrali. Nella regione del tronco invece, gli archi emali si aprono a circondare i visceri e in questo caso si dividono in due parti, una prossimale, che rimane unita al corpo vertebrale, parapofisi, e una distale, che si articola con la prima, costola. Nei Teleostomi e nei Dipnoi le costole si trovano tra la muscolatura ventrale e la cavità viscerale (costole inferiori), negli Elasmobranchi invece sono comprese tra la muscolatura dorsale e la ventrale (costole superiori), in Polypterus poi si hanno sia costole superiori sia costole inferiori.
Nel corpo vertebrale dei Selaci si hanno delle calcificazioni, che possono prendere la forma di un anello intorno alla corda (Cyclospondyli, Hasse), oppure a questo si possono aggiungere uno o più altri anelli concentrici (Tectospondyli) o ancora si possono aggiungere delle lamelle radiali (Asterospondyli). Nei Selaci si formano tipicamente due paia di archi per ogni segmento: archi e intercalari (interdorsali e interventrali). Nella regione codale dei Pesci si possono formare due vertebre per ogni metamero (diplospondylia).
La colonna vertebrale termina con l'urostilo, inclinato verso il dorso, mentre gli archi ventrali delle ultime vertebre formano gli ipurali.
La pinna codale dei pesci, a seconda del modo della terminazione della colonna vertebrale, può essere simmetrica (dificerca), asimmetrica (eterocerca, Selaci), oppure simmetrica esternamente (biloba, rotonda, quadrata, ecc.), ma con l'estremità della colonna vertebrale diretta dorsalmente (omocerca, Teleostei). Altre volte la codale atrofizzata viene sostituita da una pinna secondaria, data dall'unione di raggi dorsali e anali, e si ha la coda gefirocerca (Mola, Fierasfer). Lo scheletro del capo comprende la scatola cranica (neurocranio) e lo scheletro viscerale (splancnocranio).
Nello sviluppo il neurocranio appare formato da due paia di pezzi cartilaginei, le cartilagini paracordali, e avanti a queste le trabecole. Successivamente questi pezzi si fondono.
Il neurocranio degli Elasmobranchi è formato da una capsula cartilaginea indivisa, che circonda, oltre all'encefalo, le fossette nasali, gli occhi e l'organo uditivo.
In esso si può distinguere una regione occipitale, una labirintica, una orbito-temporale e una etmoidale; in avanti si prolunga in una cartilagine rostrale. Alla base del neurocranio si uniscono le arcate viscerali, che costituiscono lo splancnocranio; di esse la prima è l'arcata mandibolare, la seconda l'arcata ioidea, le successive (5-7) le arcate branchiali. L'arcata mandibolare è formata da una porzione dorsale, detta palatoquadrato, e una ventrale, la mandibola. Avanti all'arcata mandibolare vi sono le cartilagini labiali. Anche nell'arcata ioidea si distingue una parte dorsale, iomandibolare, e una ventrale, ioide (ceratoiale). Gl'ioidi dei due lati sono uniti dal basiiale. Le arcate branchiali sono formate da varî pezzi cartilaginei, detti, andando dal dorso al ventre, faringo-, epi-, cerato- e ipobranchiale. Sulle arcate branchiali e ioidea s'inseriscono i raggi branchiali. In relazione con la parte distale di questi ci sono per lato 3 extra-branchiali, che sostengono i setti interbranchiali.
Negli Olocefali, il palatoquadrato si unisce immobilmente al neurocranio (cranio autostilico). In alcuni Selaci il palatoquadrato è unito al neurocranio soltanto per mezzo dell'iomandibolare (cranio iostilico), in altri Selaci ancora il palatoquadrato si unisce mobilmente al neurocranio (cranio anfistilico).
Nei Condrostei persiste il cranio cartilagineo, rivestito dorsalmente da ossa cutanee non paragonabili a quelle dei Teleostei. Negli altri Ganoidi il cranio è maggiormente ossificato, simile a quello dei Teleostei. Il cranio dei Dipnoi, simile a quello degli Olocefali, è autostilico, però in gran parte ossificato.
Il cranio dei Teleostei è formato da un gran numero di ossa; la parte basale del neurocranio è costituita principalmente da autostosi, la copertura della vòlta cranica da allostosi.
Nel neurocranio abbiamo posteriormente la regione occipitale (basioccipitale, sopraoccipitale, e due esoccipitali), avanti a questa la regione sfenoidale (basisfenoide, presfenoide, due alisfenoidi, due orbitosfenoidi), avanti a questa ancora la regione etmoidale (mesetmoide, due esetmoidi), ai lati della regione sfenoidale le due regioni labirintiche (sfenotico, pterotico, prootico, opistotico, epiotico).
Le allostosi della vòlta cranica sono i due frontali, i due parietali e i nasali; sotto la regione sfenoidale si trova ancora un'allostosi, il parasfenoide, e avanti il vomere.
Nello splancnocranio, all'arcata mandibolare troviamo nella parte dorsale il quadrato, il palatino e i pterigoidei (ecto-, endo- e metapterigoideo), nella parte ventrale l'articolare, il dentale, l'angolare, lo spleniale; concorrono poi a formare la mascella superiore le allostosi: mascellare, premascellare, iugale. In molti Teleostei i premascellari sono mobili e la bocca è protrattile. Il cranio dei Teleostomi è iostilico, in quanto l'iomandibolare si unisce al quadrato per mezzo del simplettico. Altre allostosi sono i preorbitali e le ossa opercolari (opercolo, preopercolo, interopercolo e subopercolo), che si uniscono all'arcata ioidea. La parte ventrale di quest'arcata è formata da diverse ossa (stilo-, epi-, cerato-, ipo- e basiiale). Sul ceratoiale sono inseriti i raggi branchiostegi, che, sostenendo la membrana branchiale, servono a completare la chiusura della camera branchiale. Le cinque arcate branchiali sono anch'esse formate da più ossa (faringo-, epi-, cerato-, ipobranchiali), riunite ventralmente dalle copule (basibranchiali). I faringobranchiali (ossa faringee superiori e inferiori portano talvolta dei denti.
Nei Selaci gli arti pari non sono uniti alla colonna vertebrale. L'arto anteriore è sostenuto da un cinto scapolare cartilagineo, nel quale vengono distinte due parti (scapola dorsale, coracoide ventrale); l'arto posteriore ha un simile cinto pelvico (ileo dorsale, ischiopube ventrale). L'arto libero pettorale presenta per lo più alla base tre pezzi cartilaginei più grandi (pro-, meso-, metapterigio, Gegenbaur), cui distalmente si uniscono i radiali, cartilaginei, articolati. L'arto ventrale ha solo un basipterigio, talvolta anche un propterigio. La parte distale delle pinne è poi sostenuta da filamenti cornei (ceratotrichi, E.S. Goodrich). Le pinne impari presentano anch'esse radiali e ceratotrichi.
Nei Ganoidi e Dipnoi al cinto scapolare si uniscono delle allostosi, clavicola e cleitro. Il cinto scapolare dei Teleostei, oltre alla scapola e al coracoide, è formato dal cleitro, cui si possono aggiungere altre ossa. L'arto posteriore non ha vero cinto e non si unisce alla colonna vertebrale, ma si appoggia a un pezzo scheletrico, che è ritenuto corrispondente al basipterigio. L'arto libero è formato da radiali e raggi ossei (lepidotrichi, E. S. Goodrich). Anche gli arti impari sono sostenuti da radiali e distalmente da raggi ossei, che possono essere spinosi o molli, articolati. La pinna codale si appoggia all'urostilo e agl'ipurali.
Muscolatura (fig. 5). - La muscolatura del corpo dei pesci è formata da due masse muscolari dorsali (epiassiali) e da due ventrali (ipoassiali), divise in miomeri; questi s'incurvano a formare dei coni sovrapposti, separati da setti connettivali, i miocommi, nei quali si differenziano tendini e miospine che servono a trasmettere le trazioni (M. Sella). In sezione longitudinale i miomeri appaiono incurvati a forma di Σ. Ai lati del corpo, tra la massa muscolare dorsale e quella ventrale, nei Teleostei c'è il muscolo retto laterale. Nella regione codale i miomeri sono regolarmente disposti a coni sovrapposti e in sezione trasversale appaiono come tanti cerchi concentrici. Nella regione del tronco invece, ventralmente i muscoli sono modificati a formare degli strati muscolari, che circondano la cavità addominale. Sopra la regione branchiale si estende la muscolatura epi- e sotto quella ipobranchiale. Le pinne hanno muscoli erettori e depressori, derivati da più miomeri. I muscoli delle mascelle e delle arcate branchiali derivano dalla piastra laterale del mesoderma (muscolatura viscerale).
Organi elettrici (fig. 5). - Gli organi elettrici sono costituiti da fibre muscolari modificate e constano di piastre a contenuto gelatinoso; essi sono abbondantemente innervati e producono, quando l'animale è stimolato, una scarica elettrica più o meno forte. Si trovano ai lati del corpo nella Torpedine, ai lati del ventre nel Gymnotus, più deboli se ne trovano nella coda delle Razze. Gli organi elettrici di Malapterurus non si ritengono derivati dalla muscolatura, ma dall'epidermide (v. elettricità, XIII, pagina 716 seg.).
Sistema nervoso (fig. 6). - L'encefalo dei pesci si presenta, come in genere nei Vertebrati, distinto in 5 parti. Nei Selaci il telencefalo si prolunga in avanti nei lobi e bulbi olfattorî, che sono molto sviluppati. Nei Teleostomi i lobi olfattorî sono ridotti; sono invece bene sviluppati i ganglî basali o corpi striati, mentre la parte dorsale del telencefalo è costituita da una sottile lamella epiteliale, che ricopre i ventricoli laterali; gli emisferi mancano completamente. Nel diencefalo, che comprende il terzo ventricolo, è bene sviluppata l'epifisi (corpo pineale) e nei Teleostei anche l'organo parietale, ventralmente l'infundibolo con l'ipofisi (corpo pituitario) e il sacco vascoloso. Quest'ultimo è particolarmente sviluppato nei Teleostei abissali e pelagici e contiene cellule di senso (organo infundibolare). Il mesencefalo (tetto ottico), diviso in due lobi, è nei Teleostei la parte più grande dell'encefalo; nei Selaci invece esso è in gran parte coperto dal cervelletto, che è molto grande. Il nidollo allungato (mielencefalo) comprende il quarto ventricolo.
L'encefalo dei Ganoidi assomiglia a quello dei Teleostei, quello dei Dipnoi in parte a quello dei Selaci, in parte a quello degli Anfibî; in esso sono particolarmente sviluppati gli emisferi, mentre è piccolo il cervelletto.
Il midollo spinale nella generalità dei pesci si continua fino alla coda, in alcuni pesci però termina presto: così in Lophius e in alcuni Plettognati si risolve in una cauda equina.
I nervi cranici, che sono in parte somatici, in parte viscerali, cominciano con il nervo terminale, che va alla fossa olfattoria. Seguono altri due nervi di senso, l'olfattorio (I) e l'ottico (II), che talvolta fa un vero chiasma, altre volte invece s'incrocia semplicemente con quello dell'altro lato. Innervano i muscoli degli occhi l'oculomotore (III), l'abducente (IV) e il trocleare (VI). È ancora sensitivo l'acustico (VIII). Il trigemino (V), il facciale (VII), il glossofaringeo (IX) e il vago (X) hanno rapporti con le branchie (nervi branchiali) e sono conformati sullo stesso tipo. Essi, dopo la formazione di un ganglio, si dividono in un ramo dorsale e in uno ventrale; quest'ultimo a sua volta dà un ramo palatino e, dopo aver formato un ganglio epibranchiale, un ramo pretrematico, che passa avanti a una fenditura branchiale, e uno posttrematico, che passa dietro la stessa. Nel V, che è il nervo dell'arcata mandibolare, l'oftalmico superficiale e profondo sono rami dorsali, il mascellare pretrematico, il mandibolare posttrematico; c'è inoltre un ramo palatino. Il VII è il nervo dell'arcata ioidea e, oltre a un ramo mandibolare (pretrematico), a uno ioideo (posttrematico) e a uno faringeo (palatino), forma un ramo laterale, che, unitamente al vago, innerva la linea laterale. Il IX è il più tipico nervo branchiale; innerva la prima fenditura branchiale. Il X è composto da tanti nervi branchiali quante sono le fenditure branchiali posteriori alla prima; negli Elasmobranchi questi nervi hanno origine indipendente dal midollo allungato. Il vago innerva anche la muscolatura branchiale. I primi nervi spinali sono gli spinooccipitali, che corrispondono all'ipoglosso (XII paio di nervi cranici dei Vertebrati superiori [Fürbringer]). I nervi spinali sono formati da radici dorsali e ventrali; in corrispondenza alle pinne pari formano plessi. C'è anche un sistema nervoso simpatico.
Organi di senso (fig. 6). - Nell'epidermide dei pesci vi sono, oltre a terminazioni nervose libere, bottoni di senso e calici di senso. Questi, che hanno funzione probabilmente gustativa, sono costituiti da cellule di senso e di sostegno; sono innervati dai nervi cranici VII, IX e X. Alcuni pesci hanno intorno alla bocca dei barbigli, provvisti di organi di senso a funzione gustativa e tattile.
Importante organo di senso dei pesci è l'organo della linea laterale, che consta di bottoni di senso, disposti per lo più metamericamente, superficiali oppure rinchiusi in un canale pieno di muco, dal quale si dipartono canali superficiali, che possono attraversare le squame e sul capo le ossa cutanee. In corrispondenza al capo la linea si divide e forma varî canali (sopraorbitale, infra- orbitale, mandibolare, occipitale). L'organo della linea laterale è in rapporto con l'organo uditivo; si forma dal placode del IX e X nervo cranico, che dal capo si estende caudalmente. Quest'organo serve come recettore delle vibrazioni e della pressione dell'acqua (v. linea laterale, organi della).
Organi simili a quello della linea laterale sono le vescicole del Savi delle razze e la ampolle del Lorenzini. Organi sensitivi cutanei sono anche gli organi ciatiformi dei Gobiidi, la disposizione dei quali ha valore sistematico (L. Sanzo).
L'organo uditivo e di equilibrio ha origine comune a quella degli organi della linea laterale; esso consta del labirinto, che comprende sacculo e otricolo, cui si uniscono tre canali semicircolari provvisti delle ampolle. Negli Elasmobranchi il labirinto comunica ancora con l'esterno per mezzo del dotto endolinfatico, nei Teleostei invece all'estremità di questo si forma un sacco endolinfatico compreso nella cavità cranica. Il sacculo ha inoltre un'estroflessione, detta lagena, che corrisponde alla chiocciola dei Vertebrati superiori. I rami dell'VIII paio di nervi cranici terminano nelle creste acustiche delle ampolle e nelle macule acustiche dell'otricolo, del sacculo e della lagena. Sopra a queste ultime nei Selaci e nei Dipnoi ci sono minuti corpuscoli calcarei, nei Ganoidi e nei Teleostei ci sono invece delle formazioni calcaree, gli otoliti (sagitta, asterisco, lapillo); il più grande di questi (sagitta) viene talvolta usato per la determinazione dell'età. Nei pesci mancano, orecchio medio ed esterno (v. orecchio). La vescica natatoria può estendersi in alcuni Teleostei fino a mettersi in contatto con il labirinto, oppure può essere unita a questo dagli ossicini di Weber (Ostariofisi). La funzione principale del labirinto è quella di organo di equilibrio.
Nei Selaci, Dipnoi, Ganoidi, annesso allo spiracolo v'è l'organo di senso spiracolare, innervato dal ramo otico del VII (G. Vitali, S. Ranzi).
L'organo olfattorio è localizzato nelle fossette olfattorie pari, nel cui fondo l'epitelio sensitivo forma delle pieghe. Nei Selaci le fossette olfattorie stanno quasi sempre sulla faccia inferiore del muso e sono coperte da due pieghe cutanee (valvole nasali), che dividono incompletamente l'apertura della fossetta in una narice anteriore e una posteriore. Da quest'ultima spesso una doccia conduce alla bocca. Nei Teleostei e Ganoidi invece la fossetta olfattoria è attraversata quasi sempre da un ponte, che separa completamente la narice anteriore e la posteriore; queste si possono prolungare in tubicini o in lacinie. Nei Dipnoi le fossette olfattorie comunicano con la bocca per mezzo di vere coane. In alcuni Teleostei l'organo olfattorio comunica con sacchi nasali.
L'organo gustativo è rappresentato da bottoni gustativi, che si trovano nella bocca, nella faringe e anche nell'esofago, oltre che sui bargigli e altrove sulla pelle (organi ciatiformi).
Gli occhi dei pesci sono per lo più laterali (visione monoculare). La cornea è generalmente poco curva; la sclera per lo più cartilaginea, nei Teleostei talvolta anche ossificata. In questi ultimi internamente alla sclera si ha una membrana ricca di cristalli di guanina, l'argentea. Nei pesci notturni e abissali c'è generalmente un tappeto lucido, dato da aceumulo di guanina nella corioidea o nel tappeto nero. Tra la sclera e la corioidea pigmentata c'è spesso nei Teleostomi la cosiddetta ghiandola corioidea, una rete mirabile. Nella retina prevalgono i bastoncelli; i coni in molti casi mancano (pesci abissali). Mancano processi ciliari e muscoli ciliari. Il cristallino è sferico, molto grande, non deformabile.
L'occhio dei Teleostei in riposo è adattato per la visione vicina; l'accomodazione per la distanza avviene per mezzo del muscolo retrattore della lente, che s'inserisce sul processo falciforme e serve a retrarre il cristallino; esso è in comunicazione con la ghiandola corioidea, attraversa il vitreo e termina sul cristallino con la campanula di Haller. Pare però che nei Teleostei si abbia anche deformazione del globo oculare. L'occhio dei Selaci è ipermetrope e viene accomodato attivamente per vedere vicino.
Per il movimento degli occhi vi sono 4 muscoli retti e 2 obliqui. In molti pesci di fondo i due occhi possono venir mossi indipendentemente. Nei Selaci si hanno per lo più palpebre, superiore e inferiore, in molti anche una membrana nittitante. Anche in alcuni Teleostei vi sono palpebre più o meno mobili (palpebre adipose verticali dei muggini). In alcuni Teleostei avanti l'occhio, tra lo strato esterno e quello interno della cornea, c'è un sacco linfatico e lo strato esterno forma il cosiddetto occhiaie. Mancano ghiandole lacrimali.
Nei pesci di acque sotterranee e in alcuni abissali si nota spesso una riduzione degli occhi. Nei pesci abissali si hanno spesso i cosiddetti occhi telescopici, allungati lungo l'asse visivo con un cristallino molto grande. Altre volte nei pesci abissali gli occhi sono molto grandi. In Anableps tetrophthalmus, che nuota alla superficie dell'acqua, gli occhi, divisi a metà da un ponte irideo, servono per metà a vedere fuori dell'acqua e per metà a vedere sotto.
Organi luminosi. - In alcuni pesci, particolarmente in quelli di acque profonde, vi sono organi luminosi variamente distribuiti (v. luminescenza); sono organi ghiandolari con contenuto mucoso, in cui in alcuni casi sono stati trovati batterî luminosi simbionti (U. Pierantoni, Harwey). Questi organi sono talvolta provvisti di una lente, di pigmento, ecc.; in alcuni casi la luminosità può venire eccitata volontariamente.
Apparato digerente (figg. 7 e 8). - L'apertura orale degli Elasmobranchi e dei Condrostei è ventrale, quella dei Teleostei, Oloste) e Crossotterigi tipicamente terminale.
Nei pesci possiamo distinguere un intestino anteriore (bocca, faringe, esofago, stomaco), uno medio con le ghiandole annesse (fegato, pancreas) e uno terminale.
La cavità buccofaringea e l'esofago sono rivestiti da epitelio stratificato, simile a quello epidermico. Le mascelle possono essere precedute da labbra, pieghe cutanee senza muscolatura. La lingua, sostenuta dal glossoiale, non è muscolosa e non sporge mai dalla bocca. Mancano sempre ghiandole salivari; nella bocca della murena si apre una ghiandola velenifera, che ne rende velenoso il morso.
I denti servono principalmente per afferrare la preda, più raramente per masticare; sono privi di radici, uniti più o meno saldamente alle mascelle. I denti dei Selaci sono disposti in più serie, di cui una, alcune o tutte funzionanti; sono simili ai dentelli cutanei, ma più grandi. Essi sono disposti sul palatoquadrato e sulla mandibola; vengono continuamente rinnovati. Possono essere triangolari, seghettati, piatti, disposti a musaico. Negli Olocefali e nei Dipnoi si hanno piastre dentali date dalla fusione di più denti. Nei Teleostei si trovano denti, oltre che sulle mascelle, sul vomere, sui palatini, sul parasfenoide, sui pterigoidei, sul glossoiale, sulle ossa faringee. Sono senza denti gli Storioni, i Singnatidi, i Siluridi, i Ciprinidi. I denti dei Teleostei hanno per lo più forma conica; sono talvolta molto minuti, altre volte più robusti, talvolta di grandezza diversa; possono anche essere più o meno tubercolati o appiattiti. In alcuni casi formano come una specie di becco a margine tagliente (Mola).
L'esofago è per lo più corto. Nella sottomucosa esofagea di alcuni Elasmobranchi si trova un grosso organo linfoide; altre formazioni linfoidi si trovano negli Storioni e nei Dipnoi. Lo stomaco è tubolare o a fondo cieco; è provvisto di ghiandole tubolari (del fondo e piloriche). Alcuni Teleostei hanno uno speciale stomaco muscolare (Mugilidae). Un'estroflessione dello stomaco di alcuni Plettognati serve come sacco aereo, che può essere gonfiato. In alcuni pesci manca uno stomaco differenziato con ghiandole gastriche.
Nell'intestino medio dei Selaci, Dipnoi, Ganoidi si ha la valvola spirale, ripiegatura interna, ravvolta a spirale, che aumenta la superficie assorbente dell'intestino. Nei Teleostomi dopo il piloro vi sono generalmente le appendici piloriche (da una a parecchie centinaia), fondi ciechi intestinali che servono all'assorbimento e alla digestione. L' intestino può essere diritto o incurvato. L'intestino terminale o retto è per lo più separato dal medio per una piega circolare. Nei Selaci e Dipnoi v'è una ghiandola rettale o appendice digitiforme.
In alcuni pesci singole porzioni del tubo digerente possono essere cigliate.
Il fegato è per lo più voluminoso, molto ricco di grasso (merluzzo, tonno); generalmente è provvisto di una cistifellea. Il pancreas può essere compatto (Selaci) o costituito da tanti lobuli sparsi lungo i vasi, nel mesenterio ed entro il fegato (pancreas intraepatico; Teleostei).
Apparato respiratorio. - Vescica natatoria (fig. 9). - La respirazione nei pesci avviene normalmente per mezzo delle branchie. Nei Selaci le fenditure branchiali sono generalmente in numero di 5 (6 in Hexanchus e Chlamydoselachus, in Heptranchias); esse si trovano ai lati della faringe, che mettono in comunicazione con l'esterno, e sono separate dai setti interbranchiali. Questi sono sostenuti dalle arcate scheletriche dello splancnocranio e sono rivestiti ai lati da due serie di lamelle branchiali, che nei Selaci sono più corte che il setto. L'arcata ioidea ha una sola serie di lamelle branchiali al lato posteriore; è una mezza branchia (branchia opercolare o semibranchia ioidea). La quinta arcata è priva di branchie. Le lamelle branchiali sono rivestite dall'epitelio respiratorio, attraverso il quale viene preso l'ossigeno dall'acqua, che ingerita dalla bocca viene emessa attraverso le fenditure branchiali. Nelle razze, l'acqua viene presa per mezzo dello spiracolo.
Mentre nei Selaci le fenditure branchiali sono visibili esternamente ai lati della parte posteriore del capo, negli Olocefali, nei Dipnoi, nei Ganoidi e nei Teleostei esse sono ricoperte dall'opercolo. In questi ultimi le lamelle branchiali, sostenute in doppia serie dall'arcata ossea, mentre il setto interbranchiale è molto ridotto, sono comprese nella camera branchiale. Questa si apre posteriormente dietro l'opercolo; l'apertura branchiale può essere anche molto ridotta, come negli Apodi e nei Singnatidi. Nei Teleostei vi sono normalmente 4 branchie; la quinta arcata ne è priva.
Innanzi alla prima vera fenditura branchiale, tra l'arcata mandibolare e la ioidea, nella maggior parte dei Selaci e in alcuni Ganoidi si trova un'altra apertura, lo spiracolo, nel quale ci può essere una branchia rudimentale, pseudobranchia. Anche nei Teleostei, nei quali manca sempre lo spiracolo, si possono avere pseudobranchie, talvolta omologhe alla pseudobranchia spiracolare, altre volte alla branchia ioidea dei Selaci (M. Vialli). Le pseudobranchie sono irrorate da sangue arterioso e non da sangue venoso, come le branchie.
Sul margine interno delle arcate branchiali nei Teleostei e nei Selaci vi sono talvolta appendici ossee o cartilaginee (branchiospine), molto sviluppate, p. es., in Cetorrhinus maximus (sin. Selache maxima), che servono a trattenere il plancton nei pesci planctofagi.
Alcuni pesci d'acqua dolce o litoranei, che vivono in acque povere di ossigeno o che stanno a lungo fuori dell'acqua, possono utilizzare l'ossigeno atmosferico per mezzo di superficie ampiamente vascolarizzate della camera branchiale, della faringe, della superficie cutanea, della vescica natatoria, del tubo digerente.
In parte dei Teleostei e dei Ganoidi v'è, come estroflessione dorsale dell'intestino, la vescica natatoria, che può rimanere in comunicazione con il tubo digerente dal quale si sviluppa, per mezzo del dotto pneumatico (Fisostomi), oppure a sviluppo completo può perdere tale comunicazione (Fisoclisti). La parete della vescica è abbondantemente vascolarizzata; talvolta la vascolarizzazione è limitata a singoli punti e forma i cosiddetti corpi rossi (Delaroche). La funzione principale della vescica natatoria è idrostatica (E. Moreau): mediante lenta secrezione e riassorbimento di gas essa regola il peso specifico dell'animale e lo rende uguale a quello dello strato d'acqua in cui vive (S. Baglioni). Il contenuto della vescica natatoria è composto di ossigeno, azoto e tracce di CO2, in proporzioni diverse da quelle dell'aria. In alcuni pesci la vescica natatoria può servire a produrre dei suoni, dovuti a vibrazioni del gas. Essa può anche servire come organo ausiliario del labirinto e va considerata come organo di senso che dà nozione all'animale delle variazioni del peso relativo del corpo (S. Baglioni). Negli Olostei e in alcuni Fisostomi serve come organo respiratorio ausiliare.
Nei Dipnoi si hanno estroflessioni pari ventrali del tubo digerente con aspetto e funzione di polmoni; è discussa la loro omologia con la vescica natatoria.
Dalle tasche branchiali si forma il timo. La tiroide prende origine dalla parete ventrale della faringe.
Apparato della circolazione (fig. 9). - Nei pesci il cuore si trova molto più in avanti che non negli altri Vertebrati. Esso è tubulare, incurvato su sé stesso, diviso in più parti; il sangue venoso che giunge al cuore passa nel seno venoso, quindi nell'atrio e nel ventricolo e infine nel cono arterioso, particolarmente sviluppato negli Elasmobranchi e provvisto di più serie di valvole. Nei Teleostei il cono arterioso è rudimentale e sostituito dal bulbo dell'aorta all'inizio di quest'arteria.
La circolazione nei pesci è semplice. Dal cuore il sangue passa nell'aorta ventrale, che manda alle branchie le arterie branchiali (nei Selaci tipicamente 5 paia, nei Teleostei 4 paia); queste si capillarizzano in corrispondenza all'epitelio respiratorio e riformano poi le arterie epibranchiali (nei Selaci tipicamente 4 paia), che si riuniscono nell'aorta dorsale, che decorre dall'avanti all'indietro. Dalla parte anteriore delle arterie epibranchiali si continuano dei rami che vanno al capo (carotide esterna e interna), al cuore e alla cavità boccale (arteria ipobranchiale). Nei Teleostei le arterie epibranchiali si riuniscono in due arterie soprabanchiali, che anteriormente si uniscono a formare il circuito cefalico, dal quale si originano le carotidi e le arterie orbitonasali. L'aorta dorsale, oltre a formare metamericamente le arterie intercostali, manda dei vasi alle pinne pari, ai reni, alle gonadi, all'intestino (arteria celiaca, arteria mesenterica); dopo aver dato le arterie iliache per gli arti posteriori, si continua fino all'estremità codale come arteria codale.
Nei Teleostomi la vescica natatoria è generalmente vascolarizzata dall'arteria celiaca, in Polypterus e Amia invece, come nei Dipnoi, dal IV paio di arterie epibranchiali. Nei Dipnoi l'atrio è diviso da un setto interatriale, più o meno completo, e anche il ventricolo presenta una divisione parziale; l'atrio destro riceve il sangue dal seno venoso, quello sinistro dai polmoni per mezzo delle vene polmonari. Per mezzo dell'arteria polmonare il sangue va ai polmoni. Si ha così un'incompleta doppia circolazione.
Negli Elasmobranchi il sistema venoso s'inizia caudalmente con la vena codale, che si divide nelle due vene porte renali, che si capillarizzano nei reni. Da questi si originano le vene renali, che vanno nelle vene cardinali posteriori e queste nei dotti di Cuvier. Le vene dell'intestino e dello stomaco, del pancreas e della milza si versano nella vena porta epatica che va al fegato, da questa si riformano due vene epatiche che vanno al seno venoso. Nelle parti laterali dell'addome vi sono poi le due vene laterali o addominali, che ricevono anche il sangue dagli arti pari e si versano nei dotti di Cuvier. In questi si versano anche le vene cardinali anteriori, le succlavie e le giugulari.
Il sistema venoso dei Teleostomi è essenzialmente simile a quello degli Elasmobranchi. In alcuni Teleostei le vene porte renali sono in comunicazione con la vena porta epatica; il sistema renale con ciò riceve solo una parte del sangue codale. Nei Teleostomi mancano le vene laterali; le vene degli arti si versano direttamente nei dotti di Cuvier o nelle cardinali posteriori.
Nei Dipnoi la cardinale posteriore destra dà origine alla vena cava posteriore. Le due vene polmonari, invece di versarsi nella porta epatica o nella cardinale posteriore, come in altri pesci, si versano nell'atrio sinistro, come le vene polmonari degli Anfibi. Le vene femorali si dividono in due rami, di cui uno va ai reni, l'altro, la vena pelvica, si riunisce con quello dell'altro lato e costituisce la vena addominale impari, che si versa nel seno venoso. I globuli rossi dei pesci sono ellittici, nucleati. Mentre la concentrazione del sangue e degli altri liquidi interni dei Selaci dipende da quella dell'ambiente, quella dei Teleostei presenta una maggior indipendenza (F. Bottazzi). Il siero del sangue dei Selaci contiene un'elevata quantità di urea. Quello dell'anguilla è velenoso (A. Mosso).
I pesci hanno un sistema linfatico, che è in rapporto con quello venoso. Nella coda di alcuni pesci (anguilla, siluro) vi sono dei cuori linfatici, che spingono la linfa nella vena codale (G. Favaro, O. Polimanti). La milza può essere divisa in più parti (Elasmobranchi), oppure rappresentata da tessuto linfoide nella parete dell'intestino (Dipnoi).
Celoma. - Il celoma dei pesci si distingue in una cavità celomatica addominale e in una pericardica, separate da un setto pericardio-peritoneale. Negli Elasmobranchi queste due cavità comunicano tra loro. In alcuni pesci presso l'ano vi sono delle aperture del celoma (pori addominali) di significato sconosciuto, forse di escrezione.
Apparato escretore (fig. 10). - Nei pesci dobbiamo distinguere due reni, il pronefro o rene cefalico e, più caudalmente, il mesonefro. La parte posteriore di quest'ultimo, maggiormente sviluppata, è indicata come opistonefro (G. Kerr) e nei Selaci può talvolta presentare uno sviluppo simile a quello del metanefro degli Amnioti (J. Borcea). Il pronefro funziona durante la vita larvale dei Teleostei; in Fierasfer e Zoarces rimane però funzionante anche nell'adulto (C. Emery). Negli altri Teleostei si trasforma in un organo linfoide. Nei Selaci, che non hanno periodo larvale, il pronefro è rudimentale.
Pronefro e mesonefro constano di una serie di tubuli, originariamente disposti metamericamente, che comunicano con il celoma per mezzo dei nefrostomi e si riuniscono in un uretere che si apre caudalmente. In corrispondenza ai tubuli si trova un glomerulo di Malpighi, nei canalicoli del mesonefro si forma una capsula di Bowman. I nefrostomi permangono solo in alcuni Elasmobranchi e nell'Amia. In alcuni Teleostei (Syngnathidae, Lophius) mancano i glomeruli. Nell'adulto il mesonefro è un organo compatto, pari, allungato, che si trova nella parete dorsale del celoma. Nei Teleostei permane il condotto del pronefro, negli Elasmobranchi e forse anche nei Dipnoi si forma invece uno speciale dotto mesonefrico.
Prodotto catabolico è anche la guanina, che si accumula nella pelle, nel peritoneo, negli occhi.
L'organo interrenale, che corrisponde alla sostanza midollare delle capsule surrenali dei Vertebrati superiori (V. Diamare, S. Vincent), sta nei Selaci in forma di organo pari o impari tra i reni (F. M. Balfour); nei Teleostei sta invece nella parte anteriore dei reni (E. Giacomini). Presso i reni si trovano anche i corpi di Stannius, d'incerto significato (v. interrenale, corpo). Il sistema feocromo o cromaffine o soprarenale, che corrisponde alla sostanza corticale delle capsule surrenali dei Vertebrati superiori, si trova unito ai ganglî simpatici; consta nei Selaci di tanti corpi pari metamerici posti presso le arterie segmentali. Nei Ganoidi i corpi cromafini si trovano lungo le vene cardinali posteriori (E. Giacomini); nei Teleostei ve ne sono generalmente due, posti vicino ai reni.
Apparato riproduttore (fig. 10). Le gonadi, pari, allungate, sporgono dal dorso nella cavità celomatica. Negli Elasmobranchi le uova emesse dall'ovaio vengono raccolte dall'ostio (per lo più impari) del canale di Müller, che si apre nel celoma. Questo canale, che deriva dall'uretere primitivo, funge da ovidotto e in alcuni Selaci anche da utero; in esso le ghiandole nidamentali formano il rivestimento di albumina e il guscio dell'uovo. Nei maschi dei Selaci il dotto di Müller si riduce e il testicolo si mette in connessione con il dotto del mesonefro per mezzo della rete testis, data da alcuni tubuli mesonefrici. Nei Teleostei i gonodotti maschili e femminili non hanno a che fare con il sistema renale, ma derivano da un prolungamento caudale delle gonadi. L'ovaio è in genere chiuso, alcune volte però, come nei Selaci aperto. Negli Apodi e nei Salmonidi le uova cadono nella cavità addominale e vengono emesse dai pori genitali (da non confondersi con quelli addominali), senza che ci siano veri gonodotti. Nei Selaci e nei Dipnoi maschi i dotti mesonefrici, che fungono da gonodotti (detti anche canali di Leydig), formano le vescicole seminali e si uniscono a formare un seno urogenitale, che si versa nella cloaca. Nelle femmine il gonodotto e l'uretere si versano separatamente nella cloaca. Nei Teleostei invece, in genere, i gonodotti e gli ureteri si aprono indipendentemente o unitamente dietro l'ano.
Biologia.
Riproduzione. - In genere i pesci hanno sessi separati. Sono ermafroditi Hexanchus e Heptranchias, i Serranus, Chrysophrys aurata, accidentalmente o meno frequentemente anche altre specie. In genere nei pesci sembra ci sia un ermafroditismo giovanile e, almeno in alcuni casi, determinazione tardiva del sesso (anguilla, G. B. Grassi, U. D'Ancona; trota, Mrsic). Il Ciprinodonte Xiphophorus Helleri presenta frequentemente inversione sessuale della femmina in maschio.
Alcuni pesci presentano dimorfismo sessuale (colore nei Labridi, dentelli e dentatura nelle Razze). Al massimo è accentuato il dimorfismo sessuale nei Ceratiidi (fig. 11), nei quali il maschio è piccolo e conduce vita parassitaria attaccato al corpo della femmina (T. Regan). Per lo più il dimorfismo sessuale consiste soltanto in differenza di grandezza; generalmente le femmine sono più grandi dei maschi.
Alcune specie durante il periodo riproduttivo assumono un abito di nozze (maschi del Gasterostheus). Talvolta l'accoppiamento è accompagnato da emissione di suoni o è preceduto da combattimenti fra i maschi (Betta pugnax, Gasterostheus).
La fecondazione avviene per lo più all'esterno nell'acqua (F. (Cavolini). Molti Selaci e alcuni Teleostei (Ciprinodonti, Embiotocidi, Zoarces) sono invece vivipari. Tra i Selaci, anche in quelli ovipari, si ha generalmente una fecondazione interna; i copulatori maschili sono dati da porzioni modificate delle pinne ventrali (missipterigio). Nei Teleostei vivipari i copulatori sono dati invece dalla pinna anale o dalla papilla genitale allungata. In alcuni Selaci c'è una specie di placentazione; gli embrioni sono contenuti nell'utero (v. Placenta). Nei Teleostei vivipari invece lo sviluppo degli embrioni avviene nell'ovaio.
I pesci ovipari di solito abbandonano le uova. In alcune specie però (Gobius minutus) esse, dopo deposte, vengono sorvegliate dai maschi. Gli spinarelli (Gasterostheus) fanno un vero nido, che viene custodito per lo più dal maschio. In altre specie ancora i maschi o le femmine tengono le uova in bocca (Apogon, Arius, Tilapia, ecc.), o nella cavità branchiale (Amblyopsidae), fino allo sviluppo dei piccoli. Nei Singnatidi il maschio porta le uova aderenti alla faccia ventrale del corpo (Nerophis) o entro una speciale tasca (Hippocampus, Syngnathus). Il Rhodeus amarus depone con il lungo ovopositore le uova nella cavità del mantello di conchiglie d'acqua dolce (Unio, Anodonta); i giovani si sviluppano nella cavità branchiale.
In alcuni Teleostei, specialmente tra i Ciprinidi, si hanno occasionalmente ibridi tra specie affini.
Sviluppo (fig. 12). - Le uova degli Elasmobranchi sono grosse, ricche di tuorlo, ravvolte in un guscio coriaceo di varia forma, spesso con appendici filamentose. Le uova dei Teleostei, dei Dipnoi e della maggior parte dei Ganoidi sono invece piccole e vengono deposte generalmente in numero grandissimo (più milioni nel Gadus morrhua), in minor numero in quei Teleostei che curano la prole.
Negli Elasmobranchi le uova vengono deposte poche alla volta durante gran parte dell'anno. Nei Teleostei invece la deposizione avviene in genere in pochi mesi, prevalentemente in primavera e in estate.
Le uova dei Teleostei sono in parte di fondo (per lo più pesanti, opache, talvolta adesive), per la maggior parte pelagiche (F. Raffaele). Queste ultime hanno talvolta una o più gocce oleose, d'incerto significato (respiratorio, G. Brunelli). Il guscio ha spesso un micropilo per la penetrazione dello spermio. Dopo la fecondazione tra il guscio e l'uovo si forma uno spazio perivitellino.
Nei Dipnoi e nella maggior parte dei Ganoidi, che hanno uova con poco tuorlo, la segmentazione è totale ineguale. Negli Elasmobranchi e nei Teleostei la segmentazione è invece parziale discoidale. In quest'ultimo caso l'embrione si forma nel disco embrionale, su cui si solleva, rimanendo unito al sacco del tuorlo o mediante il cordone ombelicale (Selaci) o con un'ampia superficie di adesione (Teleostei). Nei Selaci il tuorlo si riassorbe completamente entro il guscio; alcuni Teleostei sgusciano invece col sacco del tuorlo ancora ampio. Molti Teleostei, quelli marini principalmente, nascono in uno stadio di sviluppo poco avanzato e conducono un periodo di vita larvale, che negli Apodes raggiunge una durata eccezionalmente lunga (anguilla, G. B. Grassi, J. Schmidt). Queste arve, che talvolta differiscono notevolmente dagli adulti, mediante metamorfosi raggiungono l'abito adulto.
Locomozione. - Nei pesci a forma normale fusiforme la locomozione è determinata principalmente dai movimenti laterali della coda (A. Borelli), che s'incurva alternatamente a destra e a sinistra, descrivendo con l'apice codale delle figure a ∞. La pinna codale coadiuva il movimento; le pinne pari servono principalmente a mantenere l'equilibrio e a modificare la direzione, talvolta però le pettorali vengono anche usate per la locomozione (Gasterostheus); le pinne dorsali e anali servono principalmente a dare stabilità al corpo.
Nei pesci a corpo allungato serpentino (Anguilla), la locomozione è determinata da movimenti ondulatorî. Tale tipo di locomozione non differisce essenzialmente da quello dei pesci fusiformi; mentre in questi la lunghezza del corpo è minore della lunghezza dell'onda, in quelli serpentini essa è maggiore di questa lunghezza, per cui durante il movimento il corpo appare percorso da due o più onde.
I pesci fusiformi sono in genere i migliori nuotatori; tali sono quelli pelagici, che compiono grandi migrazioni raggiungendo talvolta notevoli velocità (il salmone, ad es., percorre 8 m. al secondo). I pesci allungati serpentini sono invece per lo più forme di fondo o litorali, oppure forme pelagiche che vengono trasportate più o meno passivamente dalle onde. Anche le forme nastriformi sono per lo più pelagiche a movimenti poco attivi. Forme più o meno compresse si trovano tra le specie litorali (Sparidi) oppure tra quelle batipelagiche (Mola). Le specie maggiormente compresse (Pleuronettidi) e quelle depresse (Lophius, Selaci Batoidei) sono invece bentoniche e vivono più o meno immobili sul fondo. I Pleuronettidi nuotano facendo movimenti ondulatorî col corpo disposto orizzontalmente; anche le pinne impari contribuiscono in questo caso al movimento ondulatorio. I Batoidei, nei quali le pinne pettorali sono molto espanse, muovono queste come ali: tipo di movimento particolare del Myliobatis.
Nei Singnatidi la pinna dorsale è l'organo locomotorio principale. Anche alcuni Plettognati si muovono per mezzo delle pinne impari. Un altro tipo di locomozione è quello che alcune specie compiono sul fondo; nel genere Trigla i tre raggi inferiori delle pinne pettorali vengono usati per camminare. Alcune specie (Periophthalmus) possono anche uscire dall'acqua, arrampicandosi con le pettorali peduncolate.
Parecchi pesci possono spiccare salti fuori dell'acqua. Nei cosiddetti pesci volanti le grandi pinne pettorali servono come paracadute, in modo che, dopo avere spiccato un salto fuori dell'acqua, possono percorrere parecchi metri in aria (Exocoetus). In altri casi (Dactylopterus) pare che le pinne pettorali compiano dei movimenti. Alcuni pesci hanno organi di adesione. Così nei ghiozzi (Gobius) le pettorali unite formano una specie di ventosa. La remora (Echeneis) è provvista alla parte superiore del capo di una ventosa, con cui aderisce ad altri animali marini.
Rapporti tra pesci e con altri animali. Nutrizione. Accrescimento. - Alcuni pesci vivono isolati (grandi Squali), altri invece in stormi o banchi (aringhe, tonni, sarde).
Sono caratteristiche alcune forme di simbiosi, come quella del Fierasfer, che vive nell'intestino terminale delle Oloturie (C. Emery), dei giovari Caranx, che cercano riparo sotto l'ombrello delle Meduse, quella del Naucrates ductor, che accompagna i grossi Squali per raccoglierne i residui del pasto, quella dell'Echeneis remora, che si attacca agli Squali e ai Cetacei per farsi trasportare.
La maggior parte dei pesci si nutre di alimento animale, pochi di alghe (Box, Ciprinidi), alcuni di detriti organici. Fra quelli carnivori molti si nutrono di altri pesci oppure d'invertebrati (Vermi, Molluschi, Crostacei); essi sono in genere molto voraci. I grossi Squali possono essere pericolosi anche per l'uomo. Le forme larvali e alcune specie adulte (Coregoni, Clupeidi) sono planctofaghe.
Le forme abissali sono prevalentemente predatrici e ingoiano alcune volte pesci più grandi di loro.
L'accrescimento della maggior parte dei pesci continua anche dopo la maturità sessuale e va lentamente decrescendo (U. D'Ancona) In alcune specie però (anguilla) la riproduzione avviene una sola volta e segna la fine della vita. Vi sono pesci che vivono un solo anno (Aphya pellucida), mentre altri raggiungono età ragguardevoli (luccio oltre 80 anni, Huso dauricus oltre 50). Per alcune specie d'acqua dolce (carpe, lucci) tenute in vasche, sono state indicate età di 200-300 anni. Alcuni pesci, specialmente i grossi Selaci (Cetorrhynus maximus 11 m., Rhineodon typus 18 m.), raggiungono notevoli dimensioni.
Distribuzione. Rapporti con l'ambiente. - I pesci vivono sia nel mare sia nelle acque dolci. Le specie marine possono essere distinte in pelagiche, litorali, abissali; la maggior parte di esse appartiene però alla fauna litorale. Nei laghi si possono distinguere del pari forme litoranee e abissali; altri pesci vivono solo nelle acque correnti.
Gli Elasmobranchi vivono quasi esclusivamente nel mare; poche specie di Selaci tropicali penetrano nelle acque dolci. I Dipnoi, i Polipteridi e gli Olostei vivono esclusivamente nelle acque dolci.
Alcuni pesci sono molto sensibili alle variazioni di salinità (stenoalini), altri invece sopportano forti variazioni (eurialini). Tra questi ultimi vanno ricordati gli abitatori delle acque salmastre. Alcuni Condrostei e Teleostei compiono migrazioni tra le acque marine e dolci. Così gli storioni, i salmoni, le alose migrano dal mare nelle acque dolci a scopo riproduttivo (anadromi), l'anguilla scende invece dalle acque dolci al mare (catadromi). Altri pesci compiono migrazioni a scopo di nutrizione o di riproduzione, mantenendosi però entro le acque dolci o salse; si spostano dal largo verso le acque litorali o dal fondo verso le acque superficiali. Compiono tali migrazioni i tonni, le aringhe, le sarde, fra i pesci marini; i coregoni, le trote, i barbi tra quelli d'acqua dolce. La stimolo alle migrazioni è dato da fattori ambientali e da modificazioni delle condizioni fisiologiche dell'organismo.
Spesso durante la vita di alcuni pesci si hanno cambiamenti di ambiente: così specie di fondo hanno spesso larve pelagiche (Pleuronettidi, F. Raffaele; Mullus, S. Lo Bianco); il leptocefalo dell'anguilla conduce vita pelagica marina, dopo la metamorfosi la cieca penetra nelle acque dolci.
Anche la temperatura è un fattore importante nella distribuzione dei pesci. Nelle acque dolci le trote vivono soltanto in quelle fredde, le carpe invece nelle acque calde. Anche nel mare alcune specie sono relegate entro determinate isoterme; le migrazioni di alcune specie vengono regolate dal fattore termico. I pesci abissali vivono permanentemente a una temperatura superiore di poco a 0°C.
In rapporto con stagioni sfavorevoli alcuni pesci d'acqua dolce passano un periodo di letargo.
Anche la pressione ha molta importanza. Generalmente i pesci sono adattati a una data profondità, pochi sono capaci di compiere rapidamente forti migrazioni verticali, come il pesce spada (CXy-phias). I pesci abissali portati alla superficie presentano gli occhi sporgenti, il tubo digerente estroflesso, perdono le squame. Si trovano pesci fino a oltre 6000 m. di profondità (Grimaldichthys profundissimus Roule, pescato a 6035 m. dal principe Alberto di Monaco).
Vi sono pesci che stanno sempre sospesi nell'acqua e che non si avvicinano mai a terra, altri che vivono invece appoggiati al fondo e nuotano occasionalmente o anche che stanno immersi nel fango.
Alcuni pesci sono capaci di vivere per un tempo più o meno lungo all'asciutto: i Dipnoi rimangono in letargo, nel fango, dopo il prosciugamento dell'acqua. Il Periophthalmus, l'Anabas delle coste tropicali escono abitualmente dall'acqua e possono rimanere a terra a lungo.
Importanza economica. - Buon numero di pesci marini e d'acqua dolce ha una notevole importanza economica; a tale scopo essi sono oggetto di pesca (v.). Alcune specie marine e d'acqua dolce vengono appositamente allevate (v. piscicoltura). Di alcune specie d'acqua dolce (carpe, carassio dorato) mediante allevamento e selezione sono state ottenute molte razze. Oltre che per la carne, i pesci sono utilizzati per la produzione dello zigrino (pelle dei Selaci), della colla di pesce (vescica natatoria degli storioni), del caviale (uova di storione) e della bottarga (uova di diversi Teleostei), dell'olio di fegato di merluzzo e di tonno e per altri scopi. Vengono inoltre usati per la fabbricazione di farine di pesce e le parti inutilizzate altrimenti vengono usate come sostanze fertilizzanti.
Classificazione.
I pesci viventi si riuniscono in un certo numero di gruppi naturali; il valore sistematico di questi e le reciproche affinità non sono però ugualmente valutati dai singoli autori. Secondo la classificazione più comunemente usata, possiamo distinguere le seguenti sottoclassi:
Sottoclasse I: Elasmobranchii. - Pesci a scheletro completamente cartilagineo, per lo più provvisti di dentelli cutanei; intestino medio con valvola spirale, senza vescica natatoria; cuore con cono arterioso a più serie di valvole; organi copulatori nei maschi, fecondazione per lo più interna; coda eterocerca.
Serie I: Selachii. - Fenditure branchiali aperte liberamente all'esterno; iomandibolare grande; corda strozzata dai corpi vertebrali; retto, ureteri e gonodotti aprentisi in una cloaca (v. Selaci).
Serie II: Holocephali. - Fenditure branchiali coperte dall'opercolo; palatoquadrato fuso al cranio (cranio autostilico), iomandibobolare ridotto; corpi vertebrali mancanti, corda non strozzata; la cloaca invece risulta mancante (v. olocefali).
Sottoclasse II: Dipnoi (Dipneusta). - Pesci a scheletro parzialmente ossificato; cranio autostilico; branchie coperte dall'opercolo, raggi branchiostegi mancanti; squame cicloidi embricate; corpi vertebrali mancanti, corda dorsale non strozzata; coda eterocerca olificerca; valvola spirale; polmone con circolazione polmonare; inizio di formazione della vena cava; cono arterioso con più serie di valvole; cloaca presente (vedi dipnoi).
Sottoclasse III: Teleostomi. - Pesci a scheletro più o meno completamente ossificato; branchie coperte dall'opercolo; corpo coperto di squame rombiche n embricate; cranio iostilico ion iomandibolare sviluppato; spesso provvisti di vescica natatoria; privi di cloaca.
Serie I: Crossopterygii. - Endoscheletro ossificato; squame rombiche o cicloidi, coperte di ganoina; vertebre ossificate, anficeli; coda eterocerca o apparentemente dificerca o gefirocerca; sacco polmonare; valvola spirale; cono arterioso con più serie di valvole; raggi branchiostegi mancanti, al loro posto vi sono piastre giugulari (v. crossopterigi).
Serie II: Chondrostei. - Endoscheletro cartilagineo scarsamente ossificato; scheletro cutaneo formato da piastre ossee e da squame rombiche; corpi vertebrali mancanti; coda eterocerca; dentatura nulla o rudimentale; bocca sulla faccia ventrale del capo; vescica natatoria; valvola spirale; cono arterioso con più serie di valvole (vedi ganoidi).
Serie III: Holostei. - Scheletro più o meno completamente ossificato; squame cicloidi o rombiche, generalmente coperte di ganoina; vertebre anficeli o opistoceli; coda dificerca o omocerca; bocca terminale; raggi branchiostegi; cono arterioso con più serie di valvole; valvola spirale rudimentale (v. ganoidi).
Serie IV: Teleostei. - Endoscheletro ossificato; coda dificerca, gefirocerca o omocerca; squame, se presenti, cicloidi o ctenoidi; bulbo arterioso con una sola o eccezionalmente due serie trasversali di valvole (Albula), cono ridotto; vescica natatoria per lo più presente; intestino medio senza valvola spirale, per lo più con appendici piloriche (v. teleostei).
I primi tre gruppi di Teleostomi vengono comunemente riuniti nell'unico gruppo dei Ganoidei (v. ganoidi), i tre ultimi nel gruppo degli Actinopterygii. I Dipnoi per alcuni caratteri appaiono affini ai Crossopterygii.
Si valutano ad oltre 20.000 le specie dei pesci attualmente viventi; di esse la grandissima maggioranza appartiene al gruppo dei Teleostei.
Paleontologia.
Allo stato fossile i pesci sono conosciuti e relativamente frequenti in tutti i sistemi geologici dal Silurico al Pleistocenico. Ciò è evidentemente in relazione sia con l'ambiente acquatico nel quale essi vivono, sia con la relativa solidità del rivestimento cutaneo, che ne favorisce la conservazione. Non mancano perciò giacimenti, nei quali si rinvengono esemplari mirabilmente conservati, con tutte le parti scheletriche nella loro naturale connessione: valgano ad esempio quelli, notissimi, dei calcari eocenici di Monte Bolca nel Veronese, e gli altri, ugualmente ricchi, del Cretacico della Siria, della Boemia, della Vestfalia, del Giurassico della Francia e della Baviera, ecc. Ma assai più frequentemente allo stato fossile si rinvengono soltanto denti isolati, o vertebre, o placche dermiche, o squame, o ossa staccate dello scheletro, o otoliti, che offrono grandi difficoltà per un'esatta determinazione.
L'interesse dello studio paleontologico di questa classe di Vertebrati si è considerevolmente accresciuto negli ultimi decennî, in seguito alle scoperte, nei terreni silurici e devonici dell'Europa settentrionale e dell'America del nord, di nuove forme primitive d'ittioliti, svariati per aspetto e per organizzazione, le quali hanno ampliato le nostre conoscenze sull'ittiofauna del Paleozoico inferiore e medio. Malgrado tali innegabili progressi, non si possono tuttavia ancora ritenere complete le nostre conoscenze sulla storia geologica dei pesci.
Le prime tracce di questi animali sono rappresentate da minuti denti conici del Silurico inferiore della Russia e da piastre dermiche degli Stati Uniti d'America. Meglio conosciuti sono gli avanzi del Silurico superiore della Galizia, Boemia, Pennsylvania e quelli dello Spitzberg, dell'Inghilterra e della Norvegia, in gran parte riferibili agli Ostracodermi (v.) e agli Acantodi (v.). A cominciare dal Devonico i pesci raggiungono un grande sviluppo e sono rappresentati, in questo sistema, in numerosi giacimenti del vecchio e del nuovo mondo, da ben conservati esemplari di Ostracodermi, Artrodiri ed Elasmobranchi, nonché da più scarse forme di Ganoidi e di Dipnoi, con prevalenza di forme d'acqua dolce. Nel Paleozoico superiore (Carbonico e Permico), scomparsi gli Artrodiri e gli Ostracodermi, comincia la spiccata prevalenza degli Elasmobranchi, ai quali si associano (insieme con i Ganoidi) Crossopterigi e Dipnoi, relativamente scarsi. L'ittiofauna rivela pertanto un adattamento alla vita d'alto mare, la quale assumerà poi un più considerevole sviluppo e una decisa prevalenza nei sedimenti mesozoici. A principiare dal Triassico, infatti, la maggior parte dei giacimenti ittiolitici appartengono a formazioni marine sparse in tutto il mondo, le quali comprendono ormai nuovi ordini di Elasmobranchi, pochi Dipnoi, e Ganoidi svariati e numerosi (Crossopterigi, Condrostei, Protospondili e Alecostomi), mostrando nel complesso una più avanzata ossificazione dello scheletro interno insieme con una progressiva riduzione dell'armatura dermica. Le stesse caratteristiche presenta l'ittiofauna del Giurassico, nella quale sono da ricordare, oltre ai primi tipici Olocefali, i più antichi Leptolepidi, che si può dire facciano quasi passaggio ai primitivi Teleostei. Con il principio del Cretacico si verifica il più notevole cambiamento nella fauna ittica, mediante la graduale sostituzione dei Teleostei ai Ganoidi, dapprima predominanti. Questi rimangono ancora numerosi in molti depositi dell'Infracretacico; ma nei giacimenti del Cretacico superiore tanto i Ganoidi quanto gli Elasmobranchi sono ormai ridotti a pochi generi specializzati, e la grande maggioranza è costituita dai Pesci ossei, fra i quali non mancano gli Acantotteri (rappresentati però soltanto da Bericidi e Carangidi).
Una rapida evoluzione compiutasi alla fine dell'era mesozoica ha riavvicinato i pesci terziarî a quelli attualmente viventi. Predominano infatti, a cominciare dall'Eocenico, i pescecani, le razze e i Teleostei, appartenenti a famiglie diverse, che rivelano una più larga distribuzione geografica delle forme oggi limitate alla zona tropicale e subtropicale; e sono già largamente rappresentate molte famiglie che sopravvissero fino all'attuale. Le ittiofaune del Miocenico e del Pliocenico risultano naturalmente in gran parte di generi viventi, e quelle marine dell'Europa hanno spiccato carattere mediterraneo, differenziandosi soprattutto per la maggiore statura di parecchi generi di Selaci (p. es., Carcharodon, Oxyrhina, ecc.). Scarse cognizioni si hanno sui caratteri dei pesci pleistocenici, sulla distribuzione dei quali ebbe limitata influenza il raffreddamento del clima.
La classificazione dei pesci fossili, stabilita (1833-1844) da L. Agassiz in base ai caratteri delle squame nei quattro principali gruppi denominati Placoidi, Ganoidi, Cicloidi e Ctenoidi, ha subito rimaneggiamenti e modificazioni molteplici in quest'ultimo secolo, a mano a mano che le nuove scoperte hanno messo in luce l'organizzazione delle primitive forme inferiori. Lasciando da parte i Ciclostomi, che non hanno offerto fino ad oggi se non scarsi e dubbiosi resti fossili (v. paleospondilo) e non riportando le numerose famiglie tuttora viventi, che hanno dato avanzi più o meno abbondanti nei varî terreni geologici, possiamo raggruppare le principali famiglie estinte seguendo la classificazione recentemente proposta da A. Smith Woodward (1932), che si trova a pag. 963.
Possiamo infine ricordare, fra le numerose località italiane note per aver dato avanzi più o meno abbondanti di pesci fossili, le seguenti, in ordine cronologico: Besano, Perledo, Lumezzane, Rabìl, Giffoni Vallepiana (Triassico sup.); Carso triestino, Lèsina, Pietraroia, Castellammare (Cenomaniano); Crespano, Tolfa (Senoniano); Monte Bolca, Patàra, Gàssino (Eocenico); Pavone, Chiavon, Bismantova (Oligocenico); Monte Moscal, marne di Crespano, Lecce, Cagliari, Rosignano e Vignale Monferrato, Siracusa, Malta, Ragusa, Bolzano, Capo dell'Armi, Palermo, Agrigento; Licata, Racalmuto, Mondaino, Gabbro, Senigallia, Castro dei Volsci (Miocenico); Siena, Pisa, Lucca, Parma, Piacenza, Bologna (Pliocenico); dintorni di Taranto, di Palermo, ecc. (Pleistocenico).
V. tavole a colori.
Bibl.: C. L. Bonaparte, Iconografia della fauna italica, III: Pesci, Roma 1832-41; A. E. Brehm, Tierleben, III, Fische, Lipsia 1925; T.W. Bridge e G. A. Boulenger, Fishes, in The Cambridge Natural History, Londra 1904; O. G. Costa, Fauna del regno di Napoli: Pesci, Napoli 1836; G. Cuvier e A. Valenciennes, Histoire naturelle des Poissons, Parigi 1828-49; F. Day, The fishes of Great Britain and Ireland, Londra e Edimburgo 1880-84; B. Dean, Fishes, living and fossil, New York 1895; id., A Bibliography of fishes, ivi 1916-23; E. S. Goodrich, Cyclostomes and fishes, in E. Ray Lankester, Treatise of Zoology, parte 9ª, Londra 1909; A. Günther, An introduction to the study of fishes, Edimburgo 1880; J. E. W. Jhle, P. N. Kampen, H. F. Nierstrasz, e J. Versluys, Vergleichende Anatomie der Wirbeltiere, Berlino 1927; D. S. Jordan, Guide to the study of fishes, New York 1905; E. Moreau, Histoire naturelle des Poissons de la France, Parigi 1881; E. Perrier, Traité de Zoologie, fasc. VI: Piossons, ivi 1903; H. Winterstein, Handbuch der vergleichenden Physiologie, Jena 1910-25; M. Rauther, Echte Fische, in Bronn's, Klassen und Ordnungen des Tierreichs, VI, i. Abt., 2. Buch, Lipsia 1927. Per la paleontologia: E. Sauvage, Considérations sur les poissons fossiles, in Dict. univ. d'hist. nat. de Ch. d'Orbigny, 2ª ed., Parigi 1869; W. Deecke, Paläontologische Betrachtungen, IV, Über Fische, in Neues Jahrb. f. Min. Geol. u. Pal., II, Stoccarda 1913; A. S. Woodward, The study of fossil fishes, in Proc. Geol. Assoc., XIX, Londra 116; id., The use of fossil fishes in stratigraphical geology, in Quart. Journ. Geol. Soc., LXXI, Londra 1915; O. P. Hay, The chronological distribution of the Elasmobranchs in Trans. Amer. Phil. Soc., XX, 1901; K. A. Zittel, Text-book of Palaeontology, II (riv. da A. S. Woodward), 2ª ed. ingl., Londra 1932.
Avvelenamento da pesci guasti. - Analogamente a quanto si osserva nell'avvelenamento dovuto all'ingestione di certe specie di pesci, non esistenti nei nostri mari, le cui carni dànno sintomi di avvelenamento anche se fresche, abbastanza comunemente insorgono disturbi tossici provocati da carni di pesce non perfettamente conservate. Dominano il quadro clinico sintomi gastroenterici, con vomito ripetuto, diarrea spesso coleriforme, cui segue stitichezza, sintomi ai quali si associano comunemente fenomeni nervosi, che ricordano quelli determinati dalle carni guaste e dalle ptomaine; dilatazione pupillare, disturbi nella visione, eccitamento generale, aridità buceale, tachicardia. Frequenti i dolori articolari, generalizzati e le eruzioni esantematiche orticariformi, roseoliformi. Anche per i pesci guasti possono avverarsi sintomi di botulismo. Il decorso di questi avvelenamenti è sempre grave, talora letale. La cura richiede un rapido svuotamento gastrico e l'espulsione dei residui già inoltratisi nell'intestino mediante purganti e blandi antisettici intestinali, coadiuvandosi con il trattamento sintomatico.