PERTOSSE (sin.: tosse convulsiva; tosse asinina: lat. pertussis; fr. coqueluche; sp. tos ferina; ted. Keuchhusten; ingl. whooping cough)
Malattia infettiva e contagiosa, che trae il suo nome dai caratteristici accessi di tosse spasmodica, e colpisce in tutte le stagioni, con recrudescenze periodiche, a tipo epidemico. Nessuna età è da essa risparmiata, sì che può manifestarsi tanto nel lattante quanto nei vecchi; ma è più frequente dai 2 ai 5 anni. L'agente etiologico della malattia fu isolato da I. Bordet e O. Gengou nel 1900, e ha la forma di un bacillo ovoide, che si sviluppa bene in speciali terreni di coltura, sui quali siano state seminate le particelle di muco emesse dal malato con i colpi di tosse. Tale bacillo, al difuori dell'organismo umano, è pochissimo resistente, per cui bisogna ritenere che il contagio avvenga, nella maggior parte dei casi, direttamente da malato a sano, allorquando questi sia esposto a respirare l'aria nella quale il pertossico abbia proiettato i germi con gli accessi di tosse. Secondo i più recenti studî, la contagiosità sarebbe massima nei periodi iniziali della malattia, diminuendo poi sempre, fino a diventare praticamente nulla circa 4 settimane dopo l'inizio. Avvenuto il contagio, si ha un periodo d'incubazione che varia da 2 a 15 giorni, dopo di che si manifesta la malattia vera e propria, con un primo stadio, detto catarrale. Il malato sembra allora affetto da una forma di raffreddore banale, con sternuti secrezione nasale e tosse secca, accompagnata spesso da febbre modica, che oscilla tra i 38° e i 38°,5. Verso la fine di questo stadio, che dura in media 1-2 settimane, protraendosi eccezionalmente per 3-6, la tosse si fa più insistente e a tipo parossistico, tanto durante il giorno quanto durante la notte. Si passa allora al 2° stadio, detto convulsivo, nel quale compaiono gli accessi caratteristici. Basta avere assistito una volta allo svolgersi di uno di questi, perché ne rimanga nettamente impressa l'immagine visiva e acustica. Dopo un breve periodo di pianto e d'agitazione, come può aversi nel lattante, o una sensazione di dolore toracico o di vellichio alla gola nei più grandi, si inizia la tosse con una brusca e rumorosa espirazione. A questa fanno seguito delle espirazioni più brevi, convulse e ravvicinate, che terminano con un'inspirazione prolungata, acuta e rumorosa anch'essa, la quale rappresenta la cosiddetta "ripresa". Il timbro della ripresa è variabile, tanto da poterlo paragonare al canto del gallo e al ragliare dell'asino, il che dà ragione alle varie denominazioni popolari date alla pertosse. Ma raramente l'accesso si termina qui, poiché, nella maggior parte dei casi, dopo pochi secondi, si verifica un altro periodo accessuale, simile al precedente, e ciò può ripetersi per 3-6, fino a 10-20 volte. Naturalmente, quanto più violenti e ripetuti sono gli accessi, tanto maggiore è la sofferenza del malato, il cui volto diviene cianotico e ansioso come nell'asfittico, mentre le vene del collo si inturgidiscono, gli occhi sporgono, iniettati di sangue, e il polso si fa più frequente. Terminati gli accessi, il malato resta per qualche minuto sfinito, a occhi semichiusi, e dalla sua bocca fuoriesce una mucosità filante, viscida, del tutto caratteristica. Non di rado poi, se l'accesso è stato particolarmente intenso, si manifesta vomito di sostanze catarrali o alimentari, e ciò aggrava la prognosi, per il deperimento progressivo che ne deriva. Tra un accesso e l'altro non si ha più tosse, ma, dopo uno spazio di tempo più o meno lungo, questa esplode di nuovo con gli stessi caratteri, e ciò può ripetersi per 10-20 volte nelle 24 ore, con un massimo di 80-120 nelle forme più gravi. La frequenza della tosse durante la notte è una delle caratteristiche della malattia, la quale, anche in questo periodo, può essere accompagnata da modica temperatura febbrile. Dopo 3-5 settimane dall'inizio, si passa al periodo di declino, nel quale gli accessi diminuiscono gradatamente di numero e d'intensità, con tosse di nuovo a tipo catarrale, mentre ogni altro sintoma morboso scompare. Nei casi più gravi, tuttavia, sono stati notati decorsi di 4-6 mesi.
Di rado, viceversa, manifestatasi la guarigione, si ha una ricaduta, e allora, in genere, tutto si esaurisce in altre 2-3 settimane. Resta però spesso nei bambini una netta tendenza ad avere accessi di tosse stizzosa, che ricorda quella già sofferta, ogniqualvolta sopravvenga un'infiammazione delle vie respiratorie. Comunque, l'immunità acquisita dall'organismo, durante lo svolgersi della malattia, resta stabile per tutta la vita.
Accanto al decorso caratteristico suddescritto, ne esistono di quelli atipici, con sindrome pertossica appena abbozzata, come spesso si riscontra negli adulti e nei lattanti. In questi, viceversa, possono aversi forme molto gravi, con accessi convulsivi e spasmi della glottide, talora mortali. Tutta una serie di accidenti possono poi essere prodotti dalla pertosse, e, tra questi, sono da rammentare: le ulcerazioni del frenulo linguale, causate dai denti; la perdita involontaria di urina e feci durante l'accesso; le ernie; l'enfisema polmonare; e, soprattutto, le emorragie del naso, della bocca, delle congiuntive, delle orecchie, della cute e dei visceri. Si tratta di manifestazioni, in genere, non gravi e transitorie, le quali non peggiorano la prognosi, di per sé stessa non troppo infausta, della pertosse. Temibili, viceversa, sono le eventuali complicazioni a carico dell'apparato respiratorio, e,. soprattutto, la broncopolmonite, la quale può sopravvenire dalla 3ª alla 5ª settimana, assumendo per lo più un decorso molto serio. Meno frequenti le complicazioni nervose, gravi anch'esse, in forma di spasmo della glottide, convulsioni, paralisi, che devono essere interpretate come secondarie a lesioni meccaniche (emorragie), o, più spesso, ad azione tossi-infettiva.
Esagerato, invece, sembra il timore di un' esplosione secondaria di tubercolosi, per quanto sia indubbio che, durante il decorso della pertosse, l'organismo si trovi meno difeso di fronte al bacillo di Koch. Lo studio di epidemie di pertosse, insorte in luoghi di cura che accoglievano bambini affetti da tubercolosi chirurgiche e cutanee, ha infatti dimostrato statisticamente che il numero di quelli presentanti in seguito una generalizzazione del processo specifico, non è stato mai superiore a quello constatabile tra i sani. Tutti gli accennati pericoli, inerenti alla malattia, sono infine tanto più grandi quanto più piccino e debole è il soggetto colpito, e, naturalmente, quanto più intensi sono gli accessi.
Le regole di profilassi da applicarsi nella pertosse sono comuni a quelle delle altre malattie infettive, e impongono l'isolamento del malato e il suo allontanamento dalla scuola per almeno 30 giorni, trattenendo in casa, in pari tempo, anche i bambini con lui conviventi. È poi obbligatoria la denunzia all'ufficiale sanitario, mentre non necessaria appare la disinfezione degli ambienti, essendo sufficienti a tale scopo l'aria e la luce solare. Il malato, se non presenta febbre o complicazioni, può alzarsi dal letto e, nelle ore calde, recarsi a passeggio, purché in località non esposte al vento e alla polvere. La sua alimentazione deve essere sostanziosa, e si tornerà a somministrare subito nuovo cibo, nei casi in cui l'accesso abbia provocato il vomito. Per quel che riguarda la cura, un' infinità di medicamenti sono stati proposti e sperimentati: belladonna, antipirina, barbiturici, bromoformio, estratti di surrenale, di Thymus nepeta, di Drosera rotundifolia, ecc.; e in commercio esistono molte specialità e sciroppi, offerti come specifici. Ma, purtroppo, nella maggior parte dei casi, poco è da attendersi dalla loro somministrazione. Qualche risultato può invece aversi con le iniezioni di vaccino preparato con i bacilli di Bordet-Gengou, purché vengano iniziate quanto più precocemente è possibile, e purché contengano quantità molto alte di germi. Si potrà allora avere, in un certo numero di casi, per lo meno una diminuzione della frequenza e dell'intensità degli accessi. Azione più netta esplica tale vaccino, se iniettato a scopo profilattico nei conviventi, specie se questi potranno in pari tempo essere allontanati. Sono state poi preconizzate le iniezioni di etere, e anche con questo metodo possono aversi talora resultati confortanti. Il cambiamento d'aria, trasferendo il malato al mare o in campagna, non ha gran valore durante il periodo acuto, mentre, se è applicato quando la tosse già declina, accelera in modo indubbio la convalescenza. Le complicanze, infine, saranno curate sintomatologicamente, caso per caso.
Bibl.: M. Pfaundler e A. Schlossmann, Handbuch der Kinderheilkunde, 4ª ed., Lipsia 1931; T. Pontano, Le malattie da infezione, Napoli 1932; C. Comba e R. Jemma, Trattato di pediatria, Milano 1934; P.-A.-A. Nobécourt e L. Babonnix, Traité de médecine des enfants, Parigi 1934.