persuasione
Costituisce, per la dottrina classica, il fine precipuo della retorica. D. ne tratta commentando la canzone Voi che 'ntendendo (Cv II), per spiegare la ragione dell'apostrofe (v.) iniziale della lirica, nella quale il poeta si rivolge alle intelligenze celesti e le invita a prestare ascolto alle sue parole. Seguendo l'insegnamento della Rhetorica ad Herennium (I III 7) riguardo alla ‛ invenzione ' del ‛ proemio ', nel quale l'oratore deve suscitare l'attenzione e la benevolenza dell'uditore in primo luogo promettendo di dir cose grandi e nuove, D. confessa di aver promesso di dir ‛ cose nuove ' (cioè la divisione ch'è ne la mia anima) e ‛ grandi cose ' (cioè lo valore de la loro stella), perché il render piacevole l'ascolto è il primo fine che si deve porre l'oratore (però che in ciascuna maniera di sermone lo dicitore massimamente dee intendere a la persuasione, cioé a l'abbellire, de l'audienza, sì come a quella ch'è principio di tutte l'altre persuasioni, Cv II VI 6, dove il termine ricorre altre due volte), né vi è modo più efficace per farlo che iniziando con tale promessa.
La spiegazione di ‛ persuadere ' come " abbellire ", e di persuasione come " abbellimento " (v.), che D. introduce in questo luogo, ci riporta al concetto dell'operazione retorica come amplificazione e rivestimento piacevole del discorso.
Questa relazione fra ‛ persuadere ' e " abbellire " vien ribadita anche in Cv II VII 5, dove soave viene identificato con suaso e quest'ultimo viene spiegato come abbellito, dolce, piacente, dilettoso. La p. non riguarda quindi, per D., l'azione diretta dell'oratore sul pubblico secondo la moderna accezione del termine, quanto l'operazione retorica che rende ‛ soave ', ‛ piacevole ',‛ accettabile ' al pubblico quel che egli dice (in correlazione con suavitade la p. è in Cv III XIV 12, e con il ‛ riso ' in XV 2 e 19). Così anche nella Commedia ‛ soave ' è in relazione con la p. retorica: If II 56, IV 114, XIII 60, Pg XIX 44, Pd XVI 32. Inoltre i caratteri di chiarezza e di soavità del cielo di Venere, che simboleggia per similitudine la Rettorica (Cv II XIII 13-14), ribadiscono la concezione di quest'ultima come essenzialmente rivolta alla ‛ persuasione ': la Rettorica è soavissima di tutte le altre scienze, però che a ciò principalmente intende. Il concetto retorico di p. è pertanto simboleggiato dall'influsso delle intelligenze del terzo cielo, le quali ‛ muovono ' l'anima, persuadono l'anima a rivolgersi verso la filosofia, ammantando di dolcezza il difficile e duro oggetto della scienza; di qui la concezione della Rettorica (v.) come rivestimento piacevole della filosofia. E a esse intelligenze vengono paragonati Boezio e Cicerone, li quali con la dolcezza di loro sermone inviarono me [il poeta]... ne lo amore, cioè ne lo studio, di questa donna gentilissima Filosofia (II XV 1). I due autori antichi costituiscono appunto per D. i ‛ persuasori ' del suo nuovo cammino culturale.