personalità
Modelli animali
Lo studio delle personalità animali permette di affrontare questioni rilevanti di psicobiologia. Il valore degli studi animali si basa su alcuni vantaggi rispetto agli studi umani: possibilità di manipolazioni sperimentali; parametri fisiologici più semplici da valutare; osservazioni più dettagliate, obiettive e per periodi prolungati; rapide traiettorie di sviluppo in molte specie, che consentono studi longitudinali e transgenerazionali in periodi più brevi.
Le personalità animali si valutano tramite misurazione diretta di comportamenti che si correlano o l’assegnazione di un punteggio (rating) all’interno di una certa categoria comportamentale. Nevroticità, ansia e impulsività si osservano quando un individuo è posto in una situazione conflittuale, come la scelta tra l’esplorazione di un luogo sconosciuto e la paura di essere predato. Antagonismo, ostilità e aggressività si osservano in situazioni di competizione. La propensione a nuove esperienze si manifesta in forma di curiosità verso oggetti o ambienti nuovi. Molti studi animali descrivono strategie di risposta (coping strategies) a situazioni stressanti identificando individui proattivi, con tendenza a prendere l’iniziativa ed elevata aggressività, e individui reattivi, con risposte più caute e minore aggressività. Gli individui con strategia reattiva presentano una marcata attività parasimpatica, brachicardia e iperreattività del sistema ipotalamico-pituitario-surrenalico (HPA) rispetto ai quelli proattivi. Esperimenti genetici hanno creato linee o ceppi con profili comportamentali differenti che costituiscono utili modelli animali per lo studio delle personalità. Altri studi tentano di identificare le sequenze geniche e i polimorfismi genetici che influenzano l’espressione di specifici tratti di personalità. L’ambiente di sviluppo contribuisce a influenzare la personalità espressa nel corso della vita. La separazione cronica dai genitori in età precoce altera la reattività emotiva, la socievolezza e l’aggressività in età adulta, e induce un’iperreattività neuroendocrina allo stress. La qualità delle cure parentali (➔) esercita un forte influsso sullo sviluppo della personalità. Primati allevati da surrogati materni animati presentano personalità più socievoli di quelli allevati da surrogati inanimati.
Gli studi delle personalità animali hanno stimolato la rilettura critica di parte della psicologia e psichiatria umane. Alcune sindromi cliniche potrebbero essere interpretate come strategie comportamentali alternative. La sindrome antisociale potrebbe essere considerata, invece che una patologia, un’alternativa alla strategia di cooperazione, poiché garantirebbe un successo evolutivo simile a quello dei soggetti non sociopatici, come osservato per le strategie alternative di molti animali. In effetti, i soggetti affetti da sindrome antisociale conducono gran parte dell’esistenza senza diagnosi né trattamenti e hanno un successo riproduttivo simile a quello di individui normali.
È noto come la comparsa di molte patologie sia dovuta alla ridotta capacità di un individuo di adattarsi a circostanze stressanti e sia attribuibile a un’interazione anormale tra personalità e ambiente. Specifiche caratteristiche della personalità possono influenzare le capacità di rispondere ai trattamenti terapeutici. Comprendere il nesso tra personalità e salute può dunque aprire la strada a migliori interventi di prevenzione e di trattamento farmacologico e psicologico in quanto i diversi profili di personalità potrebbero avere differenti tendenze a contrarre malattie. Nei primati gli individui più socievoli hanno una risposta immunitaria più efficiente all’inoculazione di agenti infettivi rispetto a quelli meno socievoli. Ratti con strategie proattive sono più vulnerabili a patologie autoimmuni. È stato suggerito che la maggior vulnerabilità dei tipi proattivi possa essere legata all’iperreattività del sistema simpatico e dell’asse HPA, nonché all’aumento della produzione di citochine proinfiammatorie. Nei topi di laboratorio le differenze di personalità sono una variabile importante nello sviluppo di tumori in seguito all’esperienza di stress sociali, probabilmente a causa di differenze nei processi di angiogenesi e nell’attività di elementi immunitari specializzati (cellule natural killer). I soggetti proattivi, che tendono a livelli elevati di adrenalina e noradrenalina, pressione e battito cardiaco, sono più esposti al rischio di sviluppare disturbi cardiovascolari o ulcere gastriche in seguito a stress, per es. in seguito alla perdita di status sociale, mentre i tipi reattivi soffrirebbero maggiormente dello stress ossidativo che condurrebbe a una minore longevità.
La personalità proattiva sembrerebbe anche associata a una propensione a sviluppare stereotipie, ovvero comportamenti ripetuti e senza funzione apparente che si osservano in vari disordini psichiatrici, come la schizofrenia (➔), e nei relativi modelli animali. Gli studi animali possono dunque contribuire a chiarire il legame tra personalità e propensione a sviluppare patologie neuropsichiatriche. Studi condotti sui topi di laboratorio hanno dimostrato come gli individui reattivi abbiano maggiori probabilità di sviluppare alterazioni comportamentali simili ai sintomi delle sindromi depressive e di ansia come reazione allo stress. Una visione sempre più accreditata ipotizza che l’esposizione a eventi stressanti possa rappresentare il fattore scatenante per la manifestazione di patologie come la schizofrenia o la depressione (➔), che resterebbero altrimenti latenti anche in individui con predisposizione genetica. Questa ipotesi (two-hit model) evidenzia la complessità dei processi di sviluppo delle patologie nervose, regolati da una combinazione di fattori genetici, ambientali e ontogenetici.