PERSEPOLI
. La capitale della Perside al tempo degli Achemenidi, a noi nota con il nome che a essa diedero i Greci (Περσέπολις, il nome iranico fu Parsa), è sicuramente da identificare con la città le cui rovine si incontrano lungo la strada fra Iṣfahān e Shīrāz a circa 110 km. a N. di Shīrāz sulla sinistra del Pulvar. Persepoli fu residenza reale degli Achemenidi al pari di Babilonia, Susa, Ecbatana e Pasargade; ma se Susa per la sua posizione fu la vera capitale dell'impero, prima Pasargade fondata da Ciro, poi Persepoli furono le città propriamente dinastiche nelle quali i grandi re tornavano per ritrovare il contatto con la popolazione a essi più strettamente congiunta e nelle quali vollero le loro tombe. I palazzi reali e la città stessa di Persepoli furono fondati durante il regno di Dario; alla costruzione dei palazzi reali diede vigoroso impulso Serse, sia durante la vita del padre sia dopo l'assunzione al trono. Qualche costruzione accessoria e un edificio nell'angolo sud-ovest della terrazza furono voluti da Artaserse II; ma non appartiene a lui il palazzo di sud-est che gli è stato di solito attribuito, bensì all'epoca di Dario, come prova l'analogia col piano del palazzo d'inverno. I palazzi reali sorgono su una vasta terrazza rettangolare, (v. palazzo, XXV, p. 956) il cui lato est si appoggia alle rocce del monte Kūh-i Raḥmat e il cui lato ovest guarda sulla pianura di Marvdasht. Ai piedi della terrazza sul lato ovest si stendeva la città occupando uno spazio quattro volte maggiore di quello della terrazza. I resti di essa sono molto scarsi; nel quartiere meridionale a sud vi è traccia d'un edificio a grandi colonne; nel quartiere nord si trovano resti notevoli di porte in pietra con bassorilievi, uno dei quali è certamente posteriore all'incendio di Persepoli e dà prova che la città dopo l'incendio della terrazza non venne abbandonata.
Le rovine dei palazzi reali sulla terrazza, conservate anche meglio che quelle di Ninive e di Babilonia, sono i resti delle parti in pietra degli edifici che dopo l'incendio hanno resistito all'azione avversa delle acque e degli uomini. Sono grandiose per massa e complessità, e la tradizione popolare persiana vuole vedere in esse i resti della reggia del re Gemshīd, antichissima figura della mitologia indo-iranica sopravvissuta attraverso i millennî. Note all'Occidente già da molti secoli - la prima descrizione è di Giosaphat Barbaro inviato dalla repubblica di Venezia nel 1474 presso Ḥasan Uzūn - le superbe rovine hanno avuto solo di recente una degna sistemazione ad opera di una missione diretta dall'archeologo e iranista Ernst Herzfeld.
La terrazza, che un'iscrizione sul fronte sud dice costruita da Dario I, è un rettangolo lungo circa 450 m. e largo 350, a linee spezzate secondo il tipo di fortificazione già in uso in Babilonia e Assiria. Le pareti esterne sono in parte tagliate nella roccia, in parte costruite a secco con grandi pietre squadrate. Il suo livello varia da un minimo di 8 m. a un massimo di 18 m. Una scalinata a doppia rampa conduce sulla terrazza attraverso un pianerottolo che si apriva nella muraglia.
Dal pianerottolo si accedeva nell'edificio d'ingresso costituito da una sala quadrata il cui tetto era sostenuto da quattro colonne. Rimangono di essa due tori colossali che fiancheggiavano la porta esterna e due tori alati, dalla testa umana, di tipo assiro, della porta interna. Come si rileva dalle iscrizioni trilingui ripetute al di sopra di queste sculture, il portale è opera di Serse. Dopo il portale si apre una corte che è limitata a sud da due grandi palazzi d'udienza, l'apadāna e il palazzo "dalle cento colonne". All'apadāna, che è a un livello di circa 4 m. più alto del portale, si accede attraverso un'ampia scalinata a doppia rampa. Le pareti esterne della piattaforma sono adorne di pregevoli sculture; nei triangoli costituiti dalle due rampe con il livello del suolo vi è un bassorilievo che rappresenta un leone che aggredisce un toro, probabile simbolo astrologico di origine babilonese. A destra vi è un bassorilievo che rappresenta un corteo dei varî popoli dell'impero che portano i loro doni per la festa del Nawrūz, importantissimo anche per la storia del costume. A sinistra sono rappresentati i "dieci mila immortali" persiani, medi e susiani, della guardia del re. La parte superiore del muro di sostegno era guarnita di una merlatura (così pare fosse anche per le altre costruzioni) derivata da quella delle fortificazioni assire. Il palazzo, di cui solo alcune colonne sono rimaste in piedi, aveva una sala quadrata con sei file di sei colonne alte 18 m. e di più di 2 metri di diametro con basi cubiche, fusto scanalato e capitello. Nei lati NE. e O. vi erano vestiboli aperti, ciascuno con due file di sei colonne. Alle estremità del portico N. vi erano due torri in mattoni delle quali non rimangono che scarse tracce.
A sinistra vi è, a un livello alquanto più basso, il secondo palazzo di udienza, costituito da una sala centrale il cui tetto è sorretto da dieci file di dieci colonne ciascuna. Le mura, che, come altrove, erano di tegoli cotti al sole, sono attestate dall'esistenza di numerose porte, finestre e nicchie in pietra tagliata. Le porte, due per ogni lato, sono decorate con bassorilievi; quelle che dànno accesso al portico N. mostrano ripetuta quattro volte una scena d'udienza, quelle della parete di fondo rappresentano il re assiso in trono e un domestico dietro in piedi; infine le porte laterali mostrano il re che combatte con un toro selvaggio, con un leone, con mostri alati che rappresentano le creature di Ahriman. I due edifici di udienza e l'edificio d'ingresso costituiscono la parte pubblica della reggia; il resto della terrazza è occupato dagli appartamenti privati.
Un edificio situato presso l'angolo sud-ovest della sala "dalle cento colonne" e del quale non rimangono che tre porte, ornate pur esse di bassorilievi, dà accesso a una corte sul cui lato sud si sporgeva la facciata del palazzo privato (hadiš "sede") di Serse. Il piano di questo palazzo, il cui pavimento è costituito dalla roccia viva, è rettangolare. La facciata rivolta a N. s'apre su un grande portico con due file di sei colonne fra due torri. Di qui, attraverso due porte con bassorilievi rappresentanti Serse, si passava nella sala centrale con sei file di sei colonne, probabilmente in legno, poiché non rimane altra traccia che quella dei basamenti. A destra e a sinistra si avevano altre stanze e locali accessorî; nel lato S. c'era un ampio balcone dal quale per una duplice gradinata molto stretta si scendeva nel giardino sottostante. Accanto a quest'edifizio, ad opera di Artaserse II, ne fu costruito un altro del quale non rimangono che scarse tracce.
Nel lato settentrionale della corte, si trova il palazzo d'inverno di Dario, oggi ricostruito a cura della missione Herzfeld. Il suo livello è circa 3 m. più alto di quello della corte dalla quale si accede per una piccola gradinata doppia. Si arriva a un portico con due file di quattro colonne, le cui pareti sono fornite di porte e finestre adorne di bassorilievi e d'iscrizioni; dal portico si passa nella grande sala quadrata il cui tetto è sorretto da tre file di quattro colonne. Sui tre lati vi sono piccoli ambienti; i bagni si trovano ai due angoli N. del palazzo. Le decorazioni delle porte e delle finestre, molto accurate, rappresentano Dario ora nell'atto di uscire dal palazzo, ora in quello di combattere contro fiere, e il suo abbigliamento doveva essere incrostato d'oro e di pietre preziose.
I resti di un palazzo di forma analoga a quella del palazzo d'inverno si trovano a sud del palazzo dalle cento colonne e a est dell'hadiš; rimangono in piedi soltanto alcuni pilastri di porte e di finestre. Per la sua edificazione alquanto isolata e per il prevalere di piccoli ambienti, è probabile che si tratti del palazzo della regina.
Gli scavi hanno confermato la tradizione accennata negli scrittori greci ed esplicitamente affermata nella letteratura pahlavica, secondo cui Persepoli fu messa a fuoco da Alessandro Magno. Solo il fuoco, e non alimentato soltanto dallo scarso materiale infiammabile delle costruzioni, poteva produrre il frantumarsi in scheggia delle grandi colonne e la calcinazione delle pietre. In molte parti, uno strato di cenere si trova sulle rovine.
Sulla roccia al di là della muraglia che separava la terrazza dalla montagna sono scavate due tombe reali e un'altra non compiuta si trova a S. della città. Sono queste le tombe degli ultimi re Achemenidi. Quelle dei primi quattro del ramo istaspiano si trovano a circa 12 km. da Persepoli sul lato destro del Pulvar, nella località detta dagl'indigeni, a motivo appunto delle sculture, Naqsh-i Rustam "immagine di Rustam", l'eroe nazionale preislamico. Queste tombe, dinnanzi alle quali si erge un singolare edificio quadrangolare destinato probabilmente al culto del fuoco, sono di forma quasi eguale: una croce nel cui braccio trasversale è rappresentato un vestibolo di palazzo in mezzo al quale c'è la porta di accesso alla tomba; nella parte superiore del braccio verticale vi è un bassorilievo con l'immagine del re assiso sul trono, trasportato dai rappresentanti dei diversi paesi; nella parte inferiore vi è uno spazio liscio. Le tombe di Persepoli si differenziano da quelle di Naqsh-i Rustam perché manca la parte inferiore e la porta di accesso è a livello col terreno. Dopo l'incendio della terrazza la città cominciò a decadere. Tuttavia continuò ad essere la capitale della Perside, già quasi autonoma sin dal tempo dei Seleucidi sotto il governo di sacerdoti. La decadenza continuò sotto gli Arsacidi sino a che con l'avvento dei Sāsānidi la Perside non diventò nuovamente il centro della vita nazionale iranica e la sua capitale sotto il nome di Iṣṭakhr ebbe un novello fiore. Del periodo dei Sāsānidi sono importante testimonianza le sculture che questi re fecero aggiungere a quelle degli Achemenidi, particolarmente a Naqsh-i Rustam e in altri luoghi in vicinanza di Persepoli. Notevole importanza ebbe ancora Iṣṭakhr nei primi secoli della conquista araba, ma infine essa decadde completamente, sostituita nella sua funzione di capitale della Perside dalla vicina Shīrāz.
Bibl.: F. Stolze, Die achem. u. sassan. Denkmäler u. Inschriften v. Persepolis, Berlino 1882; E. Herzfeld, in Arch. Mitteil. aus Iran, I (1929) segg.