PERNIGOTTI
– Famiglia di possidenti e commercianti la cui presenza a Novi Ligure, in provincia di Alessandria, è attestata fin dai primi del Seicento. Un emporio commerciale già attivo nelle mani di Giovanni Andrea (1735-1822) e di suo figlio Francesco Ottavio (1768-1848) ricevette notevole impulso nella nuova sede di piazza del Mercato (oggi piazza della Repubblica) a opera di Stefano Giuseppe (nato nel 1797 da Francesco Ottavio e Giulia Nicoletta Leveratto e morto nel 1873). Attivo anche nei consigli municipali e nel Tribunale di Commercio, Stefano dette un notevole impulso all’azienda. Dalla moglie Rosa Capurro, di ricca famiglia possidente, ebbe quattro figli. Il 1° giugno 1868 associò il primogenito Francesco (nato a Novi Ligure il 29 gennaio 1843 e morto il 28 luglio 1936) in una società in nome collettivo (Snc), inizialmente della durata di otto anni, per «continuare ed ampliare il commercio già intrapreso nella Casa paterna sulla piazza del mercato»: Stefano avrebbe conferito «il capitale che si trova nel negozio in base all’inventario fatto il 28 agosto 1867 sotto deduzione di lire tremila da esso donate al [...] figlio Francesco», il quale a sua volta, «oltre le dette tremila esporrà nel negozio altro capitale non minore della donazione fattagli» (Mascherini, 1971, pp. 39 s.).
Già in questa fase la ditta, essenzialmente commerciale, realizzava nel periodo natalizio anche produzioni di torrone, un genere dolciario di origine presumibilmente iberica (come testimonia l’etimologia del termine) ampiamente diffuso sin dal Seicento nell’Italia non solo settentrionale. La consistenza delle attività della Snc Stefano Pernigotti e figlio emerse di lì a breve, nella già menzionata corrispondenza tra la Sottoprefettura di Novi e il ministero dell’Agricoltura Industria e Commercio del 1882, allorché all’azienda fu conferito il privilegio di utilizzare lo stemma reale e di fregiarsi del titolo di fornitori della Real Casa.
All’epoca la ditta esercitava un consistente commercio di generi coloniali e risultava impegnata nella fabbricazione artigianale di rosolio, acquavite, mostarda e torrone, oltre a disporre di un vasto magazzino di vini in bottiglia. L’eccellente avvio permise all’azienda di arrivare a occupare circa una trentina di operai, di entrambi i sessi, nel periodo invernale e di vendere fino a 70 quintali di uno «squisito» torrone, apprezzato per bianchezza e leggerezza. Francesco Pernigotti, ormai unico titolare dell’impresa dopo la scomparsa del padre, era all’epoca descritto come un individuo agiato «senza esser ricco», che «gode reputazione di uomo colto e negoziante onesto» (http://www.corsi.storiaindustria.it/ repository/pernigotti/carteggio%201882.pdf).
Attivo in politica, Francesco fu, tra l’altro, eletto a più riprese tra gli anni Settanta e Novanta nel Consiglio comunale, ricoprendo l’incarico di assessore, nella cui veste si fece promotore nel 1885 dell’istituzione di un Ufficio municipale di analisi chimica delle derrate e degli alimenti; fu inoltre amministratore di varie opere pie locali.
Risale probabilmente ai primi anni del Novecento l’ulteriore crescita e meccanizzazione dell’azienda, che nel 1907 risultava dotata di sette caldaie a gas, di macchinari per la mondatura delle mandorle e il taglio del torrone, nonché di moderni elevatori e di vasti magazzini di deposito. Nel 1910 un grave incendio danneggiò seriamente questi impianti, distruggendone una parte cospicua. Agli anni immediatamente successivi allo scoppio della Grande Guerra, parrebbe sia poi da ascrivere il miglioramento della qualità stessa del torrone Pernigotti, che da allora cominciò a essere prodotto con solo miele, albume e mandorle, per le proibizioni intervenute nell’uso dello zucchero nei generi voluttuari connesse all’emergenza bellica. Sin dal 1904, inoltre, l’impresa fu affiancata dalla Sa Novi, una cooperativa che associava decine di drogherie italiane e fissava nella cittadina piemontese le sue produzioni a base di cioccolato. Con essa la Pernigotti, nel corso del Novecento, costituì a Novi un polo dolciario di rilevanza nazionale, senza però mai intrattenere rapporti societari.
Nel 1877 Francesco aveva sposato Rosa Protto, dalla quale quell’anno era nato Stefano, primo di nove figli. La sua morte prematura, nel 1918, fece sì che nel 1919 le redini dell’azienda passassero al più giovane dei fratelli maschi, Paolo (nato a Novi Ligure il 16 giugno 1889). Fu questi l’artefice dell’ulteriore espansione che, negli anni tra le due guerre, portò l’azienda ad assumere veri e propri caratteri industriali. Nonostante le forti difficoltà che affliggevano il mercato nazionale dei generi di consumo, e segnatamente quelli dolciari, Pernigotti avviò – proprio a partire dal 1927 (l’anno della rivalutazione della lira – Quota 90 – che di tali difficoltà segnò l’inizio) – la produzione industriale di gianduiotti. Per questa via l’azienda affiancò alla tradizionale fabbricazione del torrone lavorazioni assai più complesse, come quelle a base di cacao, richiedenti un grado più elevato di meccanizzazione e un largo ricorso a materie prime d’importazione di difficile reperimento nei successivi anni dell’autarchia.
Il gianduiotto è un cioccolatino tipico di Torino anziché di Novi, basato su un impasto di cacao e nocciole. La sua invenzione, o quanto meno la sua prima affermazione, risale al carnevale del 1865. Nel clima di tensione e di violenti disordini per la perdita dello status di capitale, oltreché per la crisi economica e la disoccupazione che ne seguirono, quell’anno la municipalità sabauda decise di erogare cospicui finanziamenti alla Società di Gianduia per «una festa da ballo a benefizio speciale degli operai senza lavoro» (Bracco, 2007, p. 15). E fu appunto a quei festeggiamenti che il cioccolatino, ispirato alla popolare maschera torinese, dovette il suo primo diffuso successo.
Verso la fine degli anni Venti la Pernigotti, forte anche di qualche capacità di esportazione dei propri prodotti specie verso le colonie di emigranti italiani in America Latina, venne premiata all’Esposizione di Torino (1928) e iniziò a razionalizzare i propri impianti. Nel 1936 l’azienda avviò anche innovative produzioni di preparati per gelati, assecondando per questa via gli sviluppi più recenti di questo segmento del settore dolciario, che proprio in quella fase vedeva diffondersi – anche in ambito internazionale – le prime produzioni di semilavorati industriali. Sin da 1935, inoltre, la Pernigotti acquistò il controllo della F.lli Sperlari, la principale ditta di torroni di Cremona, cioè del maggior centro italiano di questo tipo di produzioni.
A Cremona le produzioni di torrone si svilupparono soprattutto dopo l’Unità e al volgere del Novecento raggiunsero le dimensioni di un vero e proprio distretto, con 18 ditte, 350 operai e quasi 200 tonnellate di prodotto annuo, oltre a mostarda, sciroppi e altri generi consimili. Attorno a quella data, Enea Sperlari era già uno dei principali produttori cittadini. La sua ditta si trasformò in società anonima nel 1928 e, nonostante la crisi economica, nella prima metà degli anni Trenta conobbe una notevolissima espansione.
L’attività proseguì dunque fino agli anni della seconda guerra mondiale quando il violento bombardamento americano su Novi, dell’8 luglio del 1944, distrusse la fabbrica Pernigotti, successivamente ricostruita da Paolo negli ex locali dei Magazzini militari di via della Rimembranza, ove ha sede tutt’oggi. La ricostruzione fu suggellata, nel 1950, da un ulteriore ampliamento delle produzioni con l’ingresso anche nel mercato delle caramelle. L’anno successivo la Pernigotti arrivò a contare 170 addetti.
Si avviò allora una lunga fase di espansione, connessa in generale a quella dell’intero comparto dolciario italiano negli anni del ‘miracolo economico’, che portò nel 1974 l’azienda a raggiungere i 740 occupati. Dopo la morte di Paolo, nel 1966, alla guida dell’impresa era subentrato il figlio Stefano (nato a Novi Ligure il 13 marzo 1922 da Laura Varenna). Furono registrati in quella fase notevoli successi in svariati segmenti di mercato, spesso – come del resto è tipico del settore dolciario – sulla scorta di innovazioni di prodotto. Nel 1971 infine, la famiglia acquisì un altro marchio di prestigio, la Streglio di Torino; tale acquisizione permetterà al gruppo di completare la gamma delle sue produzioni a base di cacao.
Sorta nel 1923 per iniziativa di Pietro Arturo Streglio, la ditta torinese conobbe alterne fortune negli anni Trenta, dotandosi per qualche tempo di un laboratorio a Bormio (in provincia di Sondrio) con una quarantina di operai. Nel dopoguerra il marchio continuò a godere di una certa notorietà, ma deve appunto all’intervento del gruppo Pernigotti la sua nuova affermazione, con la costruzione dello stabilimento di None, tra Torino e Pinerolo, e la creazione di una vasta rete di agenti commerciali in tutta Italia.
Raggiunto l’apice della sua crescita attorno alla metà degli anni Settanta, nella seconda metà del decennio il gruppo Pernigotti iniziò a risentire sempre più duramente della crisi che aveva colpito il Paese e che portò a una riduzione degli addetti a 541 nel 1981 e alla cessione, quello stesso anno, della Sperlari. Le difficoltà continuarono anche nel ventennio successivo (nel 1997 gli occupati scesero a 193) e nel 1994 Stefano, sposato con Attilia Rivolta, ma privo di eredi diretti – dopo l’incidente stradale occorso ai due figli, il diciassettenne Paolo e il tredicenne Lorenzo, in Uruguay il 10 luglio 1980 –, decise la cessione dell’azienda, che l’anno dopo fu acquisita dalla siciliana F.lli Averna.
Assieme alla moglie, affetta dal 1990 da sclerodermia e scomparsa nel 2000, Stefano si impegnò nella realizzazione di una comunità attiva nell’accoglienza e nella formazione di ragazzi extracomunitari. Il progetto, dopo una forzata interruzione, fu ripreso nel 2002, con la fondazione di un’associazione intitolata Comunità Attilia, Paolo e Lorenzo Pernigotti
Dopo la radicale ristrutturazione operata negli ultimi anni Novanta, che comportò tra l’altro nel 2000 la vendita della Streglio, le attività della Pernigotti conobbero poi un forte rilancio in Italia e all’estero. Nel 2013, infine, l’azienda fu ceduta al gruppo turco Toksöz.
Fonti e Bibl.: Comune di Novi Ligure, Anagrafe; Archivio storico del Comune di Novi, 1878, b. 4, f. 3 (Cat. I.5.6.8); 1885, b. 54, f. 1 (Cat. IV); 1890, b. 7, f. 3 (Cat. VII); P.E. Bertoli, I P. di Novi, in Novinostra, 2014, n. 1, pp 3-48.
Ass. ProNovi, I Mostra delle attività industriali agricole e artigiane della zona novese, Novi 1938; E. Mascherini, La nascita di una società, in Novinostra, XI (1971), 2, pp. 30-40; Biblioteca civica di Novi Ligure, Una fabbrica, una città: la Pernigotti, Scuola media statale Boccardo, ds., 1998; D. Morselli, L’industria novese nella seconda metà del XX secolo, in Novinostra, XLI (2001), 3, pp. 70-78; G. Bracco, Il cioccolato nella città di Gianduia, in Il cioccolato, a cura di F. Chiapparino - R. Romano, Milano 2007, pp. 15-22. Si vedano inoltre: Csi-Piemonte, Centro Online - Storia e cultura dell’industria. Il Nordovest dal 1850, Pernigotti, all’indirizzo http://www. corsi. storiaindustria.it/settoriindustriali/ alimentare/016/ storia/9.shtml, e il sito www.pernigotti.it/ (14 febbraio 2015).