Perillo
Artefice di Agrigento (560 a. C. circa), costruì e offrì a Falaride un bue cavo di bronzo (" taurus " secondo la maggioranza delle fonti antiche; ma si tenga presente Ovidio Trist. III XI 41 " bovem Siculo fertur donasse tyranno "), in cui le vittime del tiranno potevano essere rinchiuse e arse: le loro grida sarebbero risuonate come muggiti dell'animale (si veda al v. 48 " [inclusus] mugiet, et veri vox erit illa bovis "). Falaride gradì il dono, ma volle che P. sperimentasse per primo il supplizio.
D. ricorda l'episodio in If XXVII 7-15, in una similitudine a proposito di Guido da Montefeltro: la voce del dannato, prima di articolarsi in parole, si converte nello stridore della fiamma che l'avvolge così come i lamenti del suppliziato si convertivano nei muggiti del bue cicilian che mugghiò prima / col pianto di colui, e ciò fu dritto, / che l'avea temperato con sua lima (vv. 7-9).
P. vi è designato nella perifrasi colui... lima. In questi versi è soprattutto presente l'eco del racconto ovidiano, integrato da quello di Orosio Hist. I XX 1-4. Quanto al commento di D., e ciò fu dritto, gli esegeti richiamano, sulla scia del Moore (cfr. Sudies in D., I, Oxford 1896, 215 e 296-297), Ovidio Ars am. I 655-656, opera che non sembra probabile D. abbia conosciuto. Se fosse davvero necessario additare un antecedente, questo non può essere che Orosio: cfr. Hist. I XX 1 " invenit aliquando quem [Perillum] iuste puniret iniustus [Phalaris] ".