PEREZZOLI, Francesco, detto il Ferrarino o Francesco Veronese.
PEREZZOLI (Perezzolo, Perazzoli), Francesco, detto il Ferrarino o Francesco Veronese. – Nacque a Verona il 5 gennaio 1661 nella contrada di San Paolo in Campo Marzio, figlio di Bernardino (e non di Antonio, come riporta il contemporaneo Bartolomeo Dal Pozzo, 1718, p. 188) e di Libera Lezzi. Fu battezzato il 13 gennaio successivo; è registrato quattordicenne nell’anagrafe del padre (Rognini, 1978, pp. 284, 290). Dalla professione del padre, un fabbro, deriverebbe il soprannome di Ferrarino (Dal Pozzo, 1718, p. 188).
Secondo ancora Dal Pozzo (1718, pp. 188 s.), Perezzoli fu allievo del pittore Giulio Carpioni, che teneva bottega anche a Verona, oltre che a Vicenza, e «seguendo il suo stile, ne riportò molta lode»; si recò poi a Roma e a Bologna e «studiando in quelle scuole, fece dubbio col cambiar della sua prima maniera Carpionesca se più acquistasse, o perdesse di concetto». Stabilitosi quindi a Milano «con primario grido frà quei pittori và pubblicando le sue opere». Tale curriculum viene confermato e precisato, con un giudizio negativo, da Pellegrino Antonio Orlandi (nell’edizione accresciuta del 1753, p. 198) per il quale Perezzoli si recò a Roma e a Bologna «dove volendo ora imitare il Pusino, ora Carlo Maratti, per imitare i quali non aveva dalla natura sortito un sufficiente talento, diede in una maniera così secca, che pareva piuttosto Tedesca che Romana». Sempre secondo Orlandi, una volta residente a Milano, ricevette numerose commissioni raggiungendo una certa fama «ma come non avea buoni fondamenti, né buon gusto, questo merito si svanì».
I contatti con altre città (secondo Marcello Oretti, a Bologna sarebbe stato allievo di Gian Giuseppe Dal Sole) e gli spostamenti dovettero cominciare molto presto. Il 4 maggio 1682 «Francesco Perezzoli […] da Verona» era a Milano, testimone al matrimonio del pittore Andrea Porta (Colombo, 1995, p. 61); verso la fine del 1686 si ha notizia di un viaggio a Roma durato circa un anno (Rognini, 1978, p. 284); dal 1695, quando abitava nella contrada della Passarella a Milano, e fino al 1702, fu più volte registrato tra i membri dell’Accademia Ambrosiana (Caprara, 1999, pp. 150, 152; Colombo, 2000, p. 218), mentre nel 1695 lo fu anche dell’Accademia di S. Luca di Corconio, Novara (Savoini, 1992, p. 72); a Milano infine, dal 1702 al 1708, fu registrato negli Stati delle anime del rione Pantano, nella parrocchia di S. Nazaro, dove è citato con la moglie Elisabetta e la prole (Caprara, 1999, p. 150), e dove battezzò i figli Giuseppe, Giuseppa Maria e Teresa (Colombo, 2000, p. 218).
Secondo Orlandi (1753, p. 198) morì, sempre a Milano, nel 1722.
La più importante impresa veronese di Perezzoli dovette essere la decorazione della cappella di S. Anna nella chiesa di S. Maria della Vittoria Nuova (non più esistente), che comprendeva una pala con la Madonna col Bambino e i ss. Anna, Giuseppe e Gioacchino, oggi nel Museo di Castelvecchio (Marinelli, 1978, pp. 131 s.) e altre opere perdute: due tele laterali con la Natività e la Presentazione di Maria al Tempio, una lunetta pure su tela con la Apparizione dell’angelo ai ss. Gioacchino e Anna, e «molti Cherubini sotto la Volta» dipinti ad affresco (Dal Pozzo, 1718, p. 189; Lanceni, 1720a, p. 265): il ciclo iniziò nel 1681, a seguito della promessa da parte di Perezzoli di regalare per devozione la pala; si conoscono inoltre pagamenti e altra documentazione dal 1686 (acconto per la mezzaluna) al 1689 (Rognini, 1978, p. 284). Perduti sono anche i dipinti, pure ricordati dalle fonti, nelle chiese veronesi di S. Paolo, di S. Maria degli Angeli, di S. Mamaso, di S. Salvatore in Corte Regia, dell’oratorio presso i Ss. Cosma e Damiano, e, per quanto riguarda la provincia, nella chiesa di S. Lorenzo al Grezzano.
Riguardo alle opere nelle case private veronesi, cui accenna anche Dal Pozzo, abbiamo notizia di quattro ritratti nel 1781 in collezione Canossa (Avena, 1913, pp. 102, 106); di una Favola di Mirra nei primi anni dell’Ottocento in collezione Gazzola (Guzzo, 1998, pp. 156, 165); di un modelletto per una Presentazione di Maria (Elenco dei quadri, 1819, p. 5); di un «quadro dell’adultera, che è presso il dottor Montagna» (Zannandreis, 1835, p. 383); infine di una «Venere da Zingana, che dà la buona ventura al suo Adone» del «Signor Ferarini, vive in Milano», presentata nel 1720 alla lotteria per la raccolta di fondi a favore del Museo Maffeiano di Verona (Garibotto, 1920, p. 55).
La pala già in S. Maria della Vittoria documenta il momento iniziale, carpionesco nei tipi fisici e nella tavolozza, del pittore, che tuttavia non solo ebbe rapporti con l’ambiente milanese già nel 1682, ma che, a partire dal viaggio romano, entrò presto in contatto con la pittura di Roma e di Bologna, dando esito a una produzione sempre più legata alle accademie di questi centri. Frutto dei primi contatti sono: la Sacra Famiglia con s. Giovannino di collezione privata, segnata sul retro «D. Franco Perezzoli detto Ferrarino» (Tellini Perina, 1978, pp. 94 s.), nella quale i ricordi del primo maestro Carpioni vengono stemperati in un classicismo e in una monumentalità già romani; la Venere con il pastore del Museo civico di Monza, opera in parte ancora legata allo schema dei ‘baccanali’ di Carpioni, tuttavia toccata da una certa grazia poussinesca (Cottino, 1995, pp. 127 s.); infine le tele, ormai di impianto accademico, raffiguranti Mosè che calpesta la corona e Davide con Abigail, poste nel fregio sulla sommità delle pareti della chiesa di S. Nicolò a Verona, alle quali sembrano legarsi anche la Sacra Famiglia con s. Anna e la Pentecoste nella chiesa di S. Maria Assunta ad Arco, Trento (Marinelli, 1992, pp. 85-87); opere che rivelano la definitiva virata verso Roma e Bologna del pittore e le affinità con colleghi veronesi quali Sante Prunati e Alessandro Marchesini, pure impegnati sul versante classicistico.
Anche se resta difficile, per la scarsità di opere databili, seriare un catalogo fatto soprattutto di tele destinate al mercato privato (e fino in tempi recenti spesso attribuite ad altri, come quelle finite nel catalogo di Valentin Lefèvre, ad esempio il Convitto di Erode dei Musei Civici di Padova: Berti, 2011, p. 63), al momento milanese, ormai alle soglie del nuovo secolo, possiamo far risalire gran parte della produzione attualmente nota (Cottino, 1995; Berti, 2011); un insieme di opere caratterizzate dalle medesime tipologie femminili, ammiccanti e un poco dolciastre, e da figure piccole, presentate in composizioni gremite e brulicanti, collocate di fronte a vasti paesaggi classicheggianti o a imponenti edifici, secondo un gusto barocchetto che singolarmente ricorda, in parte anticipandole, le ‘favole’ dipinte da Marchesini e con una propensione per gli impianti architettonici che Perezzoli dovette sperimentare già a Verona, come fanno intendere le perdute redazioni della Presentazione di Maria al Tempio ricordate dalle fonti nelle chiese di S. Maria della Vittoria, S. Paolo e S. Mamaso.
In questo catalogo risaltano l’Educazione della Vergine e la Sacra Famiglia con s. Giovannino di collezione privata londinese, riferite da antiche scritte sui retri a «Francesco Veronese» (Marinelli, 1978, p. 132), l’Educazione di Cupido apparsa sul mercato di Madrid e segnata sul telaio «Francesco Perezzoli» (Cottino, 1995, p. 128), infine le numerose tele, rinvenute in gran parte tra Lombardia (Museo civico di Monza; collezioni private) e Piemonte (palazzo Madama di Torino), pubblicate da Alberto Cottino (1995) e Federico Berti (2011), con i loro riferimenti stilistici via via al Baciccia, Michele Rocca, Stefano Maria Legnani, detto il Legnanino.
Sul versante chiesastico, perduto il S. Antonio ricordato da Andrea Pasta (1775, pp. 149 s.) nella chiesa dei Cappuccini di Bergamo, si citano le due tele (più altre quattro oggi perdute) della prepositurale di Melegnano, con S. Giovanni Battista che redarguisce Erode, e Salomè che presenta ad Erode la testa del Battista (Colombo, 2000, pp. 214 s.), nonché la Natività nella cappella di villa Amalia a Erba, Como (Caprara, 2001, p. 165). Da segnalare anche il Transito di una santa monaca della collezione Lemme a Roma: se si trattasse del transito di Giacinta Marescotti, come opina Cottino (1995, p. 127), il dipinto potrebbe rinviare a una committenza romana.
Fonti e Bibl.: Bologna, Biblioteca comunale dell’Archiginnasio, Mss., B.131: M. Oretti, Notizie de’ professori del disegno… (1760-1780), c. 119; Verona, Biblioteca Museo civico di Castelvecchio, Mss., D. Zannandreis, Le Notizie de’ pittori, scultori, intagliatori, ed architetti veronesi accresciute, oltre quanto ne scrisse il Commendatore Co. Bartolomeo dal Pozzo, e continuate (1835), pp. 382 s.
B. Dal Pozzo, Le vite de’ pittori, degli scultori, et architetti veronesi, Verona 1718, ad ind.; G.B. Lanceni, Ricreazione pittorica, Verona 1720a, ad ind.; Id., Divertimento pittorico, Verona 1720b, p. 90; P.A. Orlandi, Abecedario pittorico […] accresciuto da Pietro Guarienti, Venezia 1753, p. 198; A. Pasta, Le pitture notabili di Bergamo, Bergamo 1775, pp. 149 s.; Catastico delle pitture e scolture esistenti nelle chiese e luoghi pubblici situati in Verona (1803-04 e 1806), a cura di S. Dalla Rosa - P. Rigoli - S. Marinelli Verona 1996, ad ind.; S. Dalla Rosa, Scuola veronese di pittura (1806), a cura di G. Marini - G. Peretti - I. Turri, Verona 2011, p. 90; Elenco dei quadri che si trovano vendibili in Verona presso il Signor Dottor Luigi Lazaro Anselmi, Verona 1819, p. 5; D. Zannandreis, Le vite dei pittori scultori e architetti veronesi (1831-34), a cura di G. Biadego, Verona 1891, pp. 318 s., 354; A. [A. Avena], La Galleria Canossa nel 1781, in Madonna Verona, VII (1913), pp. 102, 106; C. Garibotto, Contributo alla storia del Museo Maffeiano, ibid., XVI (1920), p. 55; S. Marinelli, F. P. detto il Ferrarino, in La pittura a Verona tra Sei e Settecento (catal.), a cura di L. Magagnato, Verona-Vicenza 1978, pp. 131 s.; L. Rognini, Regesti dei pittori operanti a Verona tra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento, ibid., pp. 284, 290 s.; C. Tellini Perina, La pittura a Verona tra Sei e Settecento, in Antichità viva, XVII (1978), 4-5, pp. 94 s.; S. Marinelli, I veronesi ad Arco dal Rinascimento al Settecento, in La chiesa di S. Maria Assunta ad Arco (catal.), a cura di M. Botteri, Riva del Garda (Trento) 1992, pp. 85-87; C. Savoini, Accademici di S. Luca di Corconio nella chiesa di S. Pietro in Carcegna (Novara), in Arte lombarda, n.s., 1992, nn. 102-103, p. 72; S.A. Colombo, Andrea Porta (1656-1723): proposte per un catalogo, ibid., 1995, n. 112, pp. 56, 61 s.; A. Cottino, Un pittore veronese a Milano all’inizio del Settecento: F. P., in Artisti lombardi e centri di produzione italiani nel Settecento. Interscambi, modelli, tecniche, committenti, cantieri. Studi in onore di Rossana Bossaglia, a cura di G.C. Sciolla - V. Terraroli, Bergamo 1995, pp. 126-130; E.M. Guzzo, Quadrerie barocche a Verona: le collezioni Turco e Gazzola, in Studi storici Luigi Simeoni, XLVIII (1998), pp. 156, 165; V. Caprara, Documenti per gli artisti veneti del Seicento e del Settecento, in Pittura veneziana dal Quattrocento al Settecento. Studi di storia dell’arte in onore di Egidio Martini, a cura di G.M. Pilo, San Giovanni Lupatoto 1999, pp. 150-152; S.A. Colombo, F. P. e Giovan Battista Parodi nelle Storie di s. Giovanni Battista a Melegnano, in Arte lombarda del secondo millennio. Saggi in onore di Gian Alberto Dell’Acqua, a cura di F. Flores D’Arcais - M. Olivari, Milano 2000, pp. 214 s., 218 s.; V. Caprara, F. P. da Verona: il periodo milanese e due tele, in Altichiero e Jacopo Avanzi. Gli affreschi del Santo risarciti. Omaggio all’arte veneta nel ricordo di Rodolfo Pallucchini, Monfalcone 2001, pp. 164-167; F. Berti, Aggiunte a F. P., detto il Ferrarino, in Paragone, LXII (2011), 98-99, pp. 60-69; D. Banzato, in Veronese e Padova. L’artista, la committenza e la sua fortuna (catal., Padova), a cura di G. Baldissin Molli - D. Banzato - E. Gastaldi, Ginevra-Milano 2014, pp. 179-180.