PERESI, Francesco, detto il Calabrese
PERESI (Parisi), Francesco, detto il Calabrese. – Nacque in Calabria, in una località imprecisata, intorno al 1681. Quando aveva due anni la famiglia si trasferì a Cosenza, secondo quanto dichiarato dallo stesso Peresi nel processetto matrimoniale del 10 marzo 1703 (Borrelli, 2011, p. 350). Prima di sposare Angela Moise, deponendo sul proprio stato libero presso la Curia di Napoli, asserì di essersi stabilito nella capitale verso il 1698.
Fu iscritto alla corporazione dei pittori sin dal 1702 (Strazzullo, 1962). Bernardo De Dominici ne ricordò la formazione nella bottega di Paolo de Matteis, che dovette frequentare appena giunto in città. Subito dopo Peresi «invaghito per fama delle pitture di Roma, colà se n’andò e, nel ritorno che poi fece in Napoli, disse essere stato scolaro del famosissimo Carlo Maratta, ma il suo stile non ebbe nulla né dalla prima, né dalla seconda scuola, e fece in Napoli cose affatto ideali, e con un colorito curiosissimo, che anche nelle carni aveva del cangiante, e generalmente certe tinte, non solo lontane dal vero, ma da qualunque maniera de’ passati maestri» (De Dominici, [1742-45], 2008, p. 1030).
La formazione partenopea suddetta sarebbe confermata se fosse riferibile a Peresi il dipinto con il S. Sebastiano curato da s. Irene nella sagrestia di S. Nicola alla Carità a Napoli, replica da de Matteis, di recente cautamente attribuitogli (Borrelli, 2011, p. 350). A ogni modo, connessioni di stile soprattutto con il maestro cilentano svela la tela con la Sacra Famiglia in S. Maria del Colle a Pescocostanzo, firmata e datata 1708 (Colangelo, 2010, p. 90).
I primi documenti che riferiscono di una sua opera sono due polizze del 1706-07 attestanti la realizzazione di una S. Anastasia, pagata da fra Domenico da Crotone (Fiore, in Pavone, 1997, p. 543), da identificare con la tela raffigurante il Martirio di s. Anastasia, firmata, un tempo nel soffitto della cattedrale di Santa Severina, presso Crotone (Leone, 2004-05). Il linguaggio dell’opera sembra anticipare soluzioni espresse nel secondo decennio dai suoi lavori più noti, i «gran quadroni per la chiesa di S. Giorgio Maggiore, in un de’ quali è rappresentato il buon ladrone, con molte figure e gloria d’angeli, e nell’altro l’angelo Raffaello con Tobia ed accompagnamento di gloria al di sopra col Dio Padre» (De Dominici, [1742-45], 2008, p. 1030).
Stando al racconto dedominiciano questa importante commissione giunse dai padri pii operai attraverso la mediazione di don Paolo Dentice, nobile del seggio di Nilo, intenditore d’arte e protettore di Peresi. Da alcuni documenti del 1712 risulta che l’esecuzione del S. Raffaele dovette precedere di poco la Conversione di s. Disma, datata 1713 (Fiore, in Pavone, 1997, pp. 543 s.; Rizzo, 2001, p. 235). Le tele, «dentro cui alita molto, non solo della cultura, ma della poesia dei più recenti capolavori di Gregorio de Ferrari» (Bologna, 1958), confermano ciò che già affiora in parte nel suddetto Martirio di s. Anastasia, ovvero la posizione eccentrica di Peresi, la cui ricerca pittorica, parallelamente a Giacomo Del Po e a Domenico Antonio Vaccaro, si pone in aperto dissenso nei confronti di Francesco Solimena e della sua scuola (Russo, 2010). Questo tipo di cultura dovette maturare non solo a contatto con i maestri suddetti e con il De Ferrari ma anche grazie a stimoli derivanti dal Gaulli a Roma (Rotili, 1961, p. 56) e attraverso un non improbabile interesse per i modi capricciosi, anch’essi alimentati da suggestioni genovesi, del giordanesco Tommaso Fasano.
Dei due impressionanti tabelloni di S. Giorgio Maggiore, congegnati con grande libertà compositiva in un fremente empito ascensionale, e con un uso del colore denso e succoso, si conservano anche i notevoli bozzetti presso il palazzo arcivescovile di Napoli, in cui si osservano «soluzioni di gusto vivacemente rocaille» (Spinosa, 1993, p. 146).
A queste date l’artista doveva essere già apprezzato se, in occasione della festa del Corpus Domini del 1709, la Gazzetta di Napoli così ne dava notizia: «segnalossi sopramodo il dipintore Francesco Peresi in due vaghissimi rami, e ben intesi di figure e paesi ed ancora in una tela alquanto grande»; la medesima fonte riferisce che l’anno dopo, durante la festa del Sacramento, tra gli altri «vaghi quadri de’ migliori pennelli» ne furono esposti «due del celebre» Peresi, l’uno su rame con l’Andata al Calvario e l’altro con il Battesimo di Cristo (Rabiner, 1978). Dipinti su rame risultano documentati pure nel 1717, quando realizzò per Carlo Dentice due quadri «della medesima forma e qualità di due altri già da lui pagatigli» (Rizzo, 2001, p. 239).
Altri dati archivistici e opere certe emergono solo nel terzo decennio, a partire dalla tela con la Madonna col Bambino e santi della chiesa di S. Chiara a Venafro, per la quale Peresi ottenne un versamento nel 1722 da un tal Guido del Rossi, committente nello stesso anno anche di una Sacra Famiglia (Fiore, in Pavone, 1997, pp. 544 s.; Borrelli, 2011, p. 355).
Forse, come lascia intendere De Dominici, agli anni più avanzati risale la Sacra Famiglia con santi della chiesa dei Ss. Andrea e Marco a Nilo (attualmente esposta nella Biblioteca fra Landolfo Caracciolo; il bozzetto è ora presso la Casa Professa dei gesuiti di Napoli: Borrelli, 2011, pp. 355-357), dove l’artista parrebbe attenuare l’inventiva rocaille della fase precedente. In origine l’opera era accoppiata a un disperso Ritrovamento della croce.
Del 1722 sono altri due tondi con la Madonna, il Bambino e s. Giovannino e lo Sposalizio di s. Caterina del Museo del Sannio di Benevento, provenienti dalla chiesa di S. Francesco di Sant’Agata dei Goti, «nei quali sono sempre le sue visioni fantasiose e mosse, rese con un tocco fluido e leggero, con un colore dagli accostamenti originali, che ora si attarda in un tono perlaceo, ora si illumina di bagliori improvvisi» (Rotili, 1961, p. 57). A questo stesso momento potrebbe risalire anche l’Adorazione dei Magi di raccolta privata, segnalata da Gennaro Borrelli (2011, p. 354).
De Dominici riferisce che Peresi dipinse «con miglior spirito e buona grazia paesi e marine, e vi accordò quantità di belle figurine; quali paesi, tuttoché manierati e lontani dal vero, eran più graditi da’ dilettanti a cagion delle spiritose figurine che vi accordava, e di alcuni belli siti» (De Dominici, [1742-45], 2008, p. 1031).
Gli studi degli ultimi decenni hanno riscoperto solo in parte questo aspetto della sua produzione, documentato peraltro dagli inventari di alcune raccolte partenopee del XVIII secolo (Labrot, 1992; Strazzullo, 1990). Due perdute composizioni del genere, raffiguranti La tomba degli Orazi e dei Curiazi e un Paesaggio meridionale, si trovavano nel Museo di Hannover fino al 1926 (Rotili, 1961, p. 54). Di recente, invece, gli sono stati restituiti il David mostra a Saul le pelli del leone e dell’orso, di collezione privata (forse della metà del secondo decennio del Settecento), la Cacciata di Eliodoro dal Tempio, già sul mercato antiquario di Madrid, e la Cacciata dai mercanti dal Tempio del Museo Pepoli di Trapani, firmata, e forse condotta in collaborazione con Gennaro Greco, specialista di quadrature e sfondi architettonici, spentosi nel 1714 (Borrelli, 2011, pp. 351-354). Opere di collaborazione tra i due erano senz’altro nella collezione (dispersa) di Stanislao Poliastri, vescovo di Rossano, come risulta dall’inventario del 1741 (Labrot, 1992, p. 406).
Altri dipinti di piccolo formato, dove Peresi esprime «un rococò ormai di sicuro respiro europeo […], sulla scia delle giovanili esperienze condotte su modelli del tardobarocco genovese» (Spinosa, 1993, p. 146), sono il S. Michele arcangelo di collezione privata, l’Allegoria per Carlo VI d’Asburgo, già sul mercato londinese, e le quattro sovraccoperte in rame di due volumi del poema celebrativo di Francesco Maria Cesare per le imprese di Eugenio di Savoia contro i turchi, pubblicato a Napoli nel 1724 e conservato presso la Biblioteca nazionale di Vienna (Spinosa, 1994).
Con le loro figurette quasi incorporee e spiritate, e con i colori preziosi le sovraccoperte esprimono forse la testimonianza più alta di un «raffinato e vivace gusto rocaille» (ibid.) e certificano, inoltre, l’apprezzamento di Peresi da parte di prestigiosi committenti asburgici negli anni del vicereame austriaco di Napoli.
Dopo il 1726, quando riscosse un pagamento da Guido del Rossi per un «quadro […] bislungo simile a quello che ave avuto don Oratio Rocco, ma più finito nell’alberi» (Fiore, in Pavone, 1997, p. 545), non si hanno altre notizie sul pittore. De Dominici, che allude alle difficoltà dell’ultimo tempo dell’artista («ultimamente stentava a trovar facende») ne accerta però la scomparsa nel 1743, avvenuta verosimilmente a Napoli (De Dominici, [1742-45), 2008, p. 1032].
Fonti e Bibl.: B. De Dominici, Vite de’ pittori, scultori ed architetti napoletani (1742-45), a cura di F. Sricchia Santoro - A. Zezza, III, 2, Napoli 2008, pp. 1030-1032; F. Bologna, Francesco Solimena, Napoli 1958, p. 148; M. Rotili, Il ‘Calabrese’ ignorato pittore del Settecento, in Napoli nobilissima, s. 3, I (1961), pp. 52-58; F. Strazzullo, La corporazione dei pittori napoletani, Napoli 1962, p. 29; D. Rabiner, Notices on painting from the ‘Gazzetta di Napoli’, in Antologia di belle arti, II (1978), p. 327; O. Ferrari, Considerazioni sulle vicende artistiche a Napoli durante il viceregno austriaco (1707-1734), in Storia dell’arte, XXXV (1979), pp. 12, 18; Id., Gli anni del Viceregno austriaco (1707-1734), in Civiltà del ’700 a Napoli (catal., Napoli 1979-1980), I, Firenze 1980, p. 129; N. Spinosa, ibid., pp. 166 s. scheda n. 68 a/b; Id., Pittura sacra a Napoli nel ’700 (catal., Napoli, 1980-1981), Napoli 1980, pp. 64-67; F. Strazzullo, Le collezioni artistiche del Duca di S. Elia (1716), in Napoli nobilissima, s. 4, XXIX (1990), p. 29; G. Labrot, Collections of paintings in Naples, 1600-1780, Munich 1992, ad ind.; N. Spinosa, Pittura napoletana del Settecento, I, Dal Barocco al Rococò, Napoli 1993, pp. 46, 83, 96, 146; Id., in Settecento napoletano… (catal. Vienna-Napoli, 1993-1994), a cura di N. Spinosa, Napoli 1994, pp. 170-177 schede nn. 19-22 A; M.A. Pavone, Pittori napoletani del primo Settecento. Fonti e documenti, Napoli 1997, pp. 43, 216 s.; U. Fiore, Appendice documentaria, ibid., pp. 543-545; V. Rizzo, Lorenzo e Domenico Antonio Vaccaro, Napoli 2001, pp. 235, 239; G. Leone, Il Martirio di S. Anastasia della cattedrale di Santa Severina, in Quaderni Siberenensi, VI (2004), pp. 45-60; VII (2005), pp. 59-65 (con bibl.); F. Abbate, Storia dell’arte nell’Italia meridionale. Il Mezzogiorno austriaco e borbonico, Roma 2009, pp. 35 s.; A. Colangelo, Il Barocco ritrovato nel centro Abruzzo, in Abruzzo. Il Barocco negato, Roma 2010, pp. 89 s.; A. Russo, Giovan Battista Antonini, Giacomo Del Po e Giacomo Colombo in penisola sorrentina, in Echi barocchi in penisola sorrentina, a cura di C. Pepe, Castellammare di Stabia 2010, pp. 39 s.; G. Borrelli, Precisazioni e aggiunte per Francesco Parisi (o Peresi), in Scritti in onore di Marina Causa Picone, Napoli 2011, pp. 349-358.