PERDICCA (Περδίκκας, Perdiccas)
Macedone, generale di Alessandro Magno. Di famiglia principesca dell'Orestide, figlio di Oronte, P. sotto il re Filippo, figlio di Aminta, militò nella guardia reale degl'Ipaspisti e in tale ufficio cooperò all'arresto e forse alla immediata uccisione di Pausania, l'assassino del re (336). Sotto Alessandro ebbe subito il comando di un reggimento (τάξις) della fanteria di linea (πεζέταιροι). Si segnalò all'assedio di Tebe (335) attaccando impetuosamente alla testa della sua taxis i trinceramenti eretti dai Tebani contro la Cadmea, occupata da un presidio macedonico. Questo attacco, in cui P. fu ferito gravemente, preluse alla immediata presa di Tebe. Le fonti sono discordi sul punto se P. agisse di propria iniziativa o d'ordine del re. Alle battaglie di Alessandro contro Dario, P. partecipò alla testa della sua taxis. Dal 330 in poi divenuto aiutante di campo del re (σωματοϕύλαξ), ebbe maggiori comandi, specie nella spedizione contro l'India. Più tardi, quando Cratero partì per ricondurre in Macedonia i veterani congedati, P. fu dopo Efestione il più autorevole tra gli ufficiali al seguito del re e, morto Efestione, gli venne assegnata l'ipparchia stessa che aveva comandata Efestione, senza però quel titolo di chiliarco, che pare designasse Efestione come primo ministro del re. Ma tale fu di fatto se non di nome P. negli ultimi mesi di Alessandro e specie durante la sua ultima malattia, nella quale non par dubbio che Alessandro, secondo asseriscono alcune fonti, gli consegnasse il sigillo reale. Certo, morto Alessandro (13 giugno 323), P. assunse la direzione degli affari e, pacificato il dissenso tra la fanteria e la cavalleria, ottenne dall'esercito col titolo di chiliarco il riconoscimento della sua posizione di primo ministro o gran cancelliere. Peraltro, al tempo stesso, l'esercito designò Antipatro come stratego con pieni poteri delle regioni europee e Cratero come reggente in nome dei due re, Filippo Arrideo incapace e il nascituro figlio di Alessandro. In questa non precisa delimitazione di poteri tra Cratero e P. era il germe della guerra civile. Sul principio, l'energia di P. mantenne e consolidò la compagine dell'impero. La ribellione dei mercenarî greci della Battriana fu domata; nell'Occidente Antipatro, che resisteva a gran fatica ai Greci insorti sotto la guida degli Ateniesi, fu soccorso da Leonnato e poi da Cratero, mentre una gran parte della flotta macedonica, raccoltasi nelle acque dell'Egeo, riportava le due vittorie decisive di Abido e di Amorgo, sicché Antipatro, superiore ormai di forze per terra e per mare dopo la vittoria di Crannone, poté facilmente spezzare la resistenza dei Greci. In Asia P. stesso riuscì a conquistare la Cappadocia, che il satrapo persiano Ariarate aveva fino allora conservata sotto il suo dominio. Antigono, satrapo della Frigia Maggiore, chiamato da P. a discolparsi per non avere aiutato i Macedoni in tale impresa, fuggì presso Antipatro e Cratero, che svernavano con l'esercito nell'Etolia per compierne la sottomissione. Essi, impensieriti della potenza crescente di P., si strinsero in lega contro di lui con Lisimaco, governatore della Tracia e Tolomeo, satrapo dell'Egitto. La guerra, la prima di quelle che portarono alla scissione dell'impero di Alessandro, s'iniziò nella primavera del 321. P. mosse di persona verso l'Egitto, affidando la difesa dell'Asia Minore contro Antipatro e Cratero ad Eumene. Eumene vinse gli avversarî in una grande battaglia, in cui perì lo stesso Cratero. Ma prima che la notizia giungesse nel campo di P., questi, dopo tre vani tentativi per varcare il braccio orientale del Nilo, l'ultimo dei quali respinto con gravi perdite, era stato assassinato nella sua tenda dagli ufficiali recalcitranti alla sua autorità e impressionati dagl'insuccessi sofferti e dal conseguente malcontento dell'esercito.
P., durante la vita di Alessandro, si era dimostrato ufficiale valente e devoto al suo re; dopo la morte di lui cerco di salvaguardare l'unità dell'impero, sia pure profittando delle contingenze per assumere nell'impero il primo posto. Non è dubbio che a quest'unità Antipatro e Cratero, che miravano a conservarla sostituendosi a P., infersero un colpo gravissimo, specie per l'alleanza con governatori riottosi come Antigono e Tolomeo. P. aveva sposato per volontà di Alessandro la figlia del medo Atropate; sposò poi la figlia di Antipatro, Nicea. Che volesse sposare Cleopatra, figlia di Filippo, e stabilire per suo mezzo il proprio dominio in Macedonia, è notizia non a sufficienza testimoniata. Ebbe un fratello di nome Alceta, che dopo la morte di P. continuò la guerra contro gli avversarî di lui e finì con l'uccidersi per non cadere in mano loro.
Bibl.: Si veda per il periodo anteriore alla morte di Alessandro Magno: H. Berve, Das Alexanderreich auf prosop. Grundlage, II, Monaco 1926, p. 313 segg. Per il periodo successivo: W. W. Tarn, in Journal of Hellenic studies, XLI (1921), p. i segg.; Endres, in Rh. Museum, LXXII (1923), p. 437 segg.; F. Schachermeyr, in Klio, XIX (1925), p. 495 segg.; W. Eusslin, Die Gewaltenteilung im Reichsregiment nach Alexanders Tod, in Rh. Museum, LXXIV (1925), p. 293 segg.; W. Schwahn, Die Nachfolge Alexanders des Grossen, in Klio, XXIII (1929), p. 211 segg.; ibid., XXIV (1930), pag. 306 segg.; A. Neppi Modona, Studi Diodochei, I: Chi fu il primo vero "reggente" dopo la morte di Alessandro Magno?, in Athenaeum, X (1932), p. 22 segg.; G. De Sanctis, Problemi di storia antica, Bari 1932, p. 137 segg.; P. Treves, La reggenza di Cratero, in Rivista di filologia class., n. s., X (1932), p. 372 segg.; F. Hampl, Der König der Makedonen, Diss., Lipsia 1934, p. 83 segg.