Perché ti vedi giovinetta e bella
ti vedi giovinetta e bella. Ballata mezzana di D. (Rime LXXXVIII), con ripresa e stanza, su schema YXX: ABABBXX; lo stesso di I' mi son pargoletta bella e nova, con la quale - e col sonetto Chi guarderà già mai sanza paura - è tematicamente congiunta. Se però nell'altra ballata prevale la lode della bellezza e perfezione quasi sovrumane della pargoletta, qui domina il patetico riconoscimento della sofferenza che il suo orgoglio e la sua durezza di cuore producono nel poeta, con l'augurio finale, d'impeto quasi popolaresco, che anche la donna possa provare a sua volta la ferita d'Amore.
Conservata soltanto nel Riccardiano 1050 con l'iscrizione Dante, la ballata fu pubblicata in traduzione dal Witte nel 1842, e nel testo originale dal Trucchi nel 1846. Arbitrario il tentativo di quest'ultimo di attribuirla a Dante da Maiano, ma dubbi sulla sua autenticità furono sollevati anche dallo Zingarelli (Dante, I ediz., 359), confutato poi dal Salvadori che la ristampò nella " Nuova Antologia " del 1° dicembre 1904. Il Barbi, nella '21, la pose nel V Libro, fra i due componimenti sopra citati, assegnandola così agli anni centrali del decennio 1290-1300, dopo le rime per la Donna gentile e prima delle canzoni Amor che movi e Io sento sì. La connessione con le ‛ petrose ', indicata da alcuni interpreti sulla base di qualche pallida consonanza contenutistica, non appare pertinente.
Allo stato attuale delle ricerche non si può stabilire con certezza se la pargoletta sia donna reale (Beatrice o Gentucca, secondo indicazioni del tutto improbabili, o altra) o donna allegorica (la Donna gentile o Filosofia, per i più; per alcuni, ma assai poco persuasivamente, la Retorica). La prima ipotesi, quand'anche venisse suffragata da nuove testimonianze (per ora non si ha che l'accenno dell'Ottimo, nel commento a Pg XXXI 59, che allude genericamente a una passione sensuale di D. dopo la morte di Beatrice), porterebbe un contributo ben limitato all'intelligenza poetica del testo; la seconda rischia anch'essa di condurre a una lettura fuorviante della ballata, che mal si presta a interpretazioni in chiave allegoristica. Sarà bene, comunque sia, tener presente ciò che D. De Robertis ha scritto a proposito delle due prime canzoni del Convivio: che in esse, cioè, l'allegoria diviene " esigenza poetica e espressiva ", e riguarda l'Amore, non la Filosofia, " il movimento e non l'oggetto dell'ispirazione ".
Fra la ‛ loda ' di I' mi son pargoletta e il patetismo di questa ballata, D. appare ancora implicato nell'atmosfera stilnovistica che contraddistingue anche le due canzoni per la Donna gentile. Rispetto a queste, come ha segnalato giustamente il Contini, si ha qui il trapasso dallo stile ‛ tragico ' della canzone a quello ‛ mediocre ' della ballata, con un minore impegno concettuale e un agile giuoco emblematico affidato alle volute di una musicalità aggraziata e immediatamente comunicativa.
Cfr. Anche I' MI SON PARGOLETTA BELLA E NOVA.
Bibl. - Contini, Rime 117; D.A., Rime, a c. di D. Mattalia, Torino 1943, 121; Dante's Lyric Poetry, a c. di K. Foster e P. Boyde, Oxford 1967, II 186, 189; Barbi-Pernicone, Rime 476-480; D. De Robertis, Il libro della " Vita nuova ", Firenze 1970², 273-277.