Vedi PERACHORA dell'anno: 1965 - 1973 - 1996
PERACHORA (Πειραῖον; Περαία)
Villaggio a N di Corinto, all'interno del promontorio che divide la baia di Corinto da quella di Livadostro. Nella zona erano varî piccoli centri alcuni ricordati da Senofonte a proposito della guerra del 391-90 a. C. La regione fu abitata fin dall'epoca preistorica (Elladico Antico). Un leone sepolcrale (inizio del V sec. a. C.), ora a Boston, fu trovato a P.; un altro leone, ora a Copenaghen, viene dalla vicina Loutraki, l'antica Therma.
In significato più ristretto, il nome P. viene usato per indicare l'antico santuario di Hera, l'Heraion ricordato dalle fonti antiche e conquistato da Agesilao nella guerra del 391-90 a. C. (Xenoph., Hellen., iv, 3; Eurip., Medea, 1378-1383; Plut., Gleomenes, iii, 814; Quaest. Gr., 17; Liv., xxii, 23; Strab., viii, 380). Gli scavi inglesi del 1930-33 hanno messo in luce vicino al porto, sulla costa, i resti dei due templi di Hera Akràia e di Hera Limenìa; di un centro abitato che risale al VII sec. a. C. e può anche essere più antico; dell'Agorà del IV sec.; di una stoà. La località fu abbandonata all'inizio della occupazione romana.
La zona vicino al porto fu scarsamente abitata nell'Elladico Antico e abbandonata, sembra, nel Medio Elladico. I frammenti di ceramica del Tardo Elladico III sono troppo scarsi per indicare abitazioni. Alla fine del IX sec. a. C. vi fu costruito un tempio a pianta absidale, dedicato a Hera, il "tempio geometrico", tempio che fu poi distrutto verso la fine dell'VIII sec. a. C. Secondo il Payne, gli successe un secondo tempio, costruito nella stessa zona pochi metri più a O, tempio di cui rimangono solo poche pietre incorporate nel tempio del VI sec., ma di cui si deve dedurre l'esistenza in base ad un deposito votivo (deposito S-E). Per il Dunbabin questo secondo tempio non è esistito: il culto sarebbe stato trasferito nel VII sec. al tempio edificato sulla collina (v. sotto). Un nuovo tempio (terzo tempio, per il Payne, ma secondo tempio per il Dunbabin) fu costruito nella zona del porto nel terzo venticinquennio del VI sec.: era a cella unica (m 9,26-10,3 × 31,00 circa). Aveva all'interno una doppia fila di colonne doriche disposte in senso longitudinale (al momento dello scavo si pensò erroneamente ad un tempio tripartito, simile al tempio tuscanico) e, forse, un portico in antis; non aveva crepidine. A E di questo tempio fu costruito alla fine del VI o inizio del V sec. a. C. un altare a triglifi (m 2,06 × 5,00).
Nel VII sec. a. C., a qualche centinaio di metri dal mare, sulla collina, fu costruito un tempio, dedicato a Hera Limenìa, racchiuso entro un tèmenos di circa m2 750 di superficie: era rettangolare (m 9,50 × 5,60), orientato N-S, e aveva al centro un'ara rettangolare, o una fossa sacrificale.
La quantità e ricchezza di oggetti votivi, provenienti dai depositi dei due templi, mostrano che essi ebbero molta importanza. Vi portarono i loro doni non solo gli abitanti dei vicini centri di Corinto e Argo, ma quelli di altre parti della Grecia (Attica, Laconia, Beozia, Grecia Orientale, Cicladi, Chio, Rodi, Creta). I buccheri etruschi non indicano necessariamente la presenza di Etruschi. Gli scarabei (più di 900) e altri oggetti giudicati egiziani inizialmente, sono probabilmente di fabbrica greca o fenicia. Vi sono prove di lavorazione locale di avorio, osso, corallo e di una fabbrica di vasi, ma la maggior parte dei trovamenti fu importata. Nel deposito votivo del più antico tempio di Hera Akràia sono notevoli alcuni modelli in terracotta, che rappresentano edifici a pianta absidale. Le offerte votive provengono soprattutto dall'area del tèmenos e da un laghetto artificiale, poi scomparso, situato fra i due templi. Sono particolarmente notevoli per l'alta qualità e l'importanza alcuni bronzi di fabbrica connzià (leoncino; colomba; Gorgone); la conosciutissima sfinge in avorio; una testina, anche essa in avorio, di origine orientale; alcuni sigilli. Dal laghetto provengono circa duecento phiàlai in bronzo e molta ceramica. Il Dunbabin vede in questo laghetto la sede dell'oracolo di Hera, ricordato da Strabone (viii, 380).
Bibl.: E. Mayer, in Pauly-Wissowa, XIX, 1937, c. 565, s. v., n. i; H. Payne, Perachora. The Sanctuairies of Hera Akraia and Limenia, Oxford 1940; J. R. T. Pollard, A New Site on Mount Loutraki, in Annual Brit. Sch. Athens, XLV, 1950, p. 63 ss.; T. J. Dunbabin, The Oracle of Hera Akria at Perachora, ibid., XLVI, 1951, p. 61 ss.; id., Perachora II, Oxford 1962; N. G. L. Hammond, The Heraeum at Perachora and Corinthian Encroachment, in Annual Br. Sch. Athens, IL, 1954, p. 93 ss. Per l'altare a triglifi: R. Demangel, Triglyphes bas, in Bull. Corr. Hell., LXI, 1937, p. 431 ss.; C. Yavis, Greek Altars, Baltimora 1949, p. 204 ss.