Pépé le Moko
(Francia 1936, Il bandito della casbah, bianco e nero, 93m); regia: Julien Duvivier; produzione: Raymond Hakim, Robert Hakim per Paris Film; soggetto: dall'omonimo romanzo di Détective Ashelbé [Henri La Barthe]; sceneggiatura: Jacques Constant, Julien Duvivier, Henri Jeanson; fotografia: Marc Fossard, Jules Krüger; montaggio: Marguerite Beaugé; scenografia: Jacques Krauss; musica: Vincent Scotto, Mohamed Ygerbuchen.
Pépé le Moko è un famoso delinquente parigino, specializzato nel furto e nel traffico di gioielli, che da due anni si è rifugiato nella casbah di Algeri. Pur essendo ricercato dalla polizia, finché vi resta, e non esce dai confini che scendendo verso il mare portano alla città 'europea', è al sicuro, protetto da alcuni pittoreschi complici francesi (fra cui il giovane Pierrot, a cui Pépé è molto affezionato) e dall'omertà della intera popolazione della casbah. Infatti la polizia francese non pensa minimamente di penetrarvi con la forza, e se lo fa ne viene rovinosamente scacciata. Tuttavia Pépé morde il freno: è ormai arrivato a detestare la paradossale libertà in cui vive e la compagnia della sua donna, Inès, che lo annoia con i suoi impeti selvaggi di amore e di gelosia. Invece tollera quasi con amicizia la presenza dell'ispettore Slimane, che gioca apertamente con Pépé un gioco spietato ma leale: è ben deciso a farlo arrestare, ma poiché questi, finché resta nei 'suoi' confini, è di fatto intoccabile, Slimane si aggira tranquillamente nella casbah con il suo bastoncino ed il suo tarbousch, chiacchiera con Pépé e al tempo stesso cerca in ogni modo di farlo cadere in fallo. Una sera scorta nella casbah quattro turisti, fra cui una giovane e bella donna, Gaby, amante del vecchio e ricco Maxime. Gaby e Pépé sono entrambi parigini, l'ambiente popolare da cui provengono è lo stesso, come le strade e le piazze che fanno loro battere il cuore e accendere i ricordi. I due si innamorano di colpo. Intanto Régis, uno degli informatori della polizia nella casbah, più sordido e meno astuto di Slimane, rie-sce a indurre Pierrot a scendere in città, facendogli leggere una lettera contraffatta che la mamma del ragazzo, giunta in Algeria dalla Normandia, gli avrebbe scritto. Pierrot ci crede, va in città, viene gravemente ferito dai poliziotti ma riesce a sfuggire loro e a rientrare nella casbah. Pépé e i suoi si vendicano recando Pierrot moribondo davanti a Régis e facendo uccidere l'informatore. Invece Slimane prosegue nel suo disegno ben più scaltro ed altrettanto crudele: fa credere a Gaby che Pépé è morto, la donna si imbarca sulla nave La ville d'Oran per ritornare in Francia e Slimane avverte Pépé che Gaby sta per partire. L'uomo non capisce più nulla: corre e corre, scende i gradini della casbah per sboccare finalmente al porto. La gelosissima Inès lo segue e avverte Slimane, che fa preparare una squadra di poliziotti. Da dietro la cancellata che cinge il porto Pépé vede Gaby sul ponte di poppa: ma la donna ritorna all'interno per sfuggire all'urlo della sirena di bordo. Ormai con le manette ai polsi (ha ottenuto da Slimane il permesso di guardare la nave che si allontana), Pépé estrae da una tasca un coltello a serramanico e si trafigge il ventre. La nave si allontana definitivamente. Il pentimento di Inès è tardivo. Pépé muore.
Al di là dei suoi meriti e dei suoi demeriti questo film fu, e resta, una sorta di manifesto per tutta una generazione di spettatori e un punto d'arrivo per tanto cinema francese immediatamente anteriore alla Seconda guerra mondiale. Tutto è diventato proverbiale: il reticolo dei vicoli della casbah (minutamente ricostruita negli studi di Joinville), il personaggio di Pépé e di conseguenza la recitazione di Jean Gabin, che trova qui uno dei suoi momenti magici nell'esaltazione d'epoca della figura del 'mauvais garçon' e dell''homme traqué'. Sullo sfondo dei tetri cammini della casbah si disegna il corpo scintillante di gemme di Mireille Balin, qui in particolare consacrata come femme fatale astutamente proletaria e condotta al livello massimo della sua breve stagione di diva. Memorabile resta anche l'uccisione di Régis, scandita dalla presenza impazzita e isterica della musica, così come l'invenzione stessa dei deuteragonisti e dello sfondo, all'origine opera di un romanziere giallo poco conosciuto, Henri La Barthe, che scriveva con uno pseudonimo, 'Détective', completato dal suono francese delle sue iniziali: Henri La Barthe, H.L.B. ovvero 'Ash-El-Be', 'Ashelbé'.
All'aura magica del film contribuisce certo la rappresentazione della complicità totale degli abitanti della casbah, che sembrano essere lì solo per aiutare e proteggere Pépé, e aumentano quindi il sapore di favola crudele che è probabilmente uno dei segreti dell'enorme successo presso il pubblico dell'epoca. S'aggiunga ancora la capacità di dialoghista 'popolare' di Henri Jeanson, giustamente celebrato all'epoca, sposata alla dizione e al vocabolario volutamente e fantasiosamente popolaresco (tutti dati purtroppo perduti nelle versioni doppiate) assolutamente naturale in Jean Gabin, bambino di campagna cresciuto in città e poi sveltito da anni di esperienza sul palcoscenico come ballerino, cantante e attor giovine a fianco di Mistinguett (c'è nel film un momento assolutamente esaltante in cui Pépé, felice, canta e quasi balla, da vero professionista). Furono per Gabin gli anni fortunatissimi della prima celebrità, quelli dal 1934 al 1939 che comprendono, oltre a Pépé le Moko, Golgotha (Golgota, 1934), La bandera (1935), La belle équipe (La bella brigata, 1936), tutti dello stesso Duvivier, Quai des brumes e Le jour se lève (Alba tragica, 1939) di Marcel Carné, e La bête humaine (L'angelo del male, 1938) di Jean Renoir, in una ininterrotta successione di opere significative e di grandi successi popolari senza confini di frontiere. Così come il film ‒ inizialmente battezzato Nuits blanches e offerto a Renoir, che rifiutò ‒ rappresentò per il fertilissimo Julien Duvivier una delle punte più alte d'una prolifica carriera. Due i remake, entrambi americani: Algiers, ovvero Un'americana nella Casbah (1938) di John Cromwell con Charles Boyer ed Hedy Lamarr, e dieci anni dopo Casbah di John Berry, in chiave musical, con Yvonne De Carlo e Peter Lorre. Forse è migliore la fortunatissima parodia Totò le Moko di Carlo Ludovico Bragaglia (1949).
Interpreti e personaggi: Jean Gabin (Pépé le Moko), Mireille Balin (Gaby Gould), Gabriel Gabrio (Carlos), Lucas Gridoux (ispettore Slimane), Gilbert-Gil (Pierrot), Line Noro (Inès), Saturnin Fabre ('il nonno'), Fernand Charpin (Régis), Marcel Dalio ('l'arbi'), Gaston Modot (Jimmy), Charles Granval (Maxime Kleep), René Bergeron (ispettore Meunier), Paul Escoffier (commissario Louvain), Roger Legris (Max), Jean Témerson (Gravère), Robert Ozanne (Gendron), Philippe Richard (ispettore Janvier), Fréhel (Tania), Georges Péclet (Barsac), Olga Lord (Aïcha), Renée Carl (Maman Tarte), Frank Maurice (ispettore).
Hugo, Pépé le Moko, in "Variety", March 24, 1937.
P. Uccello, Il bandito della casbah, in "Bianco e nero", n. 12, dicembre 1937.
Il bandito della casbah, a cura di G. Viazzi, Milano 1945.
F. Colombo, La casbah perduta, in "Rassegna del film", n. 6, agosto-settembre 1952.
N. Simsolo, Pépé le Moko, in "La revue du cinéma", n. 259, mars 1972.
M. Marie, 'Pépé le Moko'. La valse des caméras, in "L'avant-scène du cinéma", n. 269, juin 1981.
G. Vincendeau, Pépé le Moko, London 1998.
Sceneggiatura: in "L'avant-scène du cinéma", n. 269, juin 1981.