pensione obbligatoria
Rendita vitalizia erogata dagli istituti di previdenza sociale ai lavoratori che maturano i requisiti anagrafici e contributivi previsti dalla legge. Il sistema pensionistico italiano, sin dagli anni 1990, è stato oggetto di numerose riforme per assicurare la sostenibilità delle prestazioni. La l. 335/1995 ha delineato un sistema previdenziale fondato su 3 pilastri. Per i lavoratori dipendenti il primo è rappresentato dalla p. o., alimentata dai contributi o. versati durante la vita lavorativa, pari al 33% della retribuzione annuale lorda. Per i lavori autonomi, invece, il primo pilastro è assicurato dalla gestione separata dell’INPS, alimentato dalla contribuzione individuale (l’aliquota, applicata al reddito lordo, varia dal 18% per coloro che cumulano redditi da lavoro autonomo e pensione, ovvero per i professionisti iscritti alle casse di previdenza; al 27,72% per i soggetti privi di altra tutela previdenziale) e dalla contribuzione dei singoli committenti (il 4% del corrispettivo fatturato). I lavoratori dipendenti accedono, inoltre, al secondo pilastro previdenziale, costituito dagli accantonamenti annuali per il Trattamento di fine rapporto (➔): tali somme (il 7,4% della retribuzione annuale) possono essere depositate presso l’azienda o convogliate in fondi pensione di categoria. Il terzo pilastro è formato da polizze assicurative sulla vita a scopo previdenziale, l’adesione alle quali è volontaria.
La l. 335/1995 aveva delineato 3 diversi sistemi pensionistici (➔ anche prepensionamento; pensione sociale). Per i lavoratori che al 1° gennaio 1996 avevano almeno 18 anni di contributi, la p. sarebbe stata calcolata in ragione del livello retributivo conseguito negli ultimi 10 anni lavorativi (defined benefit pension scheme, ➔ anche defined-benefit). Per i lavoratori con meno di 18 anni di contributi era applicato un sistema misto, chiamato pro-rata (retributivo, per il periodo lavorativo prestato prima della riforma, contributivo per gli anni rimanenti). Per i lavoratori che al 1° gennaio 1996 non avevano ancora un contratto di lavoro dipendente era applicato uno schema previdenziale di tipo contributivo o a capitalizzazione. Quest’ultimo prevede l’accantonamento dei contributi e una rendita commisurata alla capitalizzazione delle somme versate (defined-contribution pension scheme, ➔ anche defined-contribuition). Con il d.l. 210/2011 (‘decreto salva Italia’), convertito dalla l. 214/2011, è stato esteso il sistema previdenziale a contribuzione pro-rata per tutti i lavoratori attivi al 31 dicembre 2011, fatti salvi i diritti acquisiti a quella data. Ulteriori innovazioni sono state introdotte in tema di requisiti anagrafici e di anzianità per l’accesso alla pensione, al fine di armonizzare il trattamento pensionistico dei lavoratori autonomi e di quelli dipendenti.
Per quanto riguarda la p. di vecchiaia dei lavoratori, dal 1° gennaio 2012, il requisito anagrafico è stato innalzato a 66 anni (67 anni dal 2021); per le lavoratici è stato previsto il progressivo aumento del requisito anagrafico, 66 anni dal 2018 e 67 anni dal 2021; in ogni caso per accedere alla p. di vecchiaia sono necessari almeno 20 anni d’anzianità contributiva.
Le p. di anzianità sono sostituite dalle p. anticipate. ● Le p. anticipate consentono il pensionamento con contribuzione pari a 41 anni e un mese per le donne, 42 anni e un mese per gli uomini, salvi gli adeguamenti periodici alle speranze di vita. Sono comunque previste penalizzazioni per chi non matura i requisiti anagrafici previsti per le p. di vecchiaia e benefici per chi continuerà a lavorare sino ai 70 anni d’età.
Le p. di invalidità consistono in un trattamento riconosciuto agli invalidi civili, totali e parziali, ai non vedenti e ai sordi preverbali che sono privi di reddito o hanno un reddito di modesto importo.
Per p. ai superstiti si intende un trattamento riconosciuto al coniuge superstite, anche se separato, a condizione che il tribunale abbia riconosciuto il diritto agli alimenti, ovvero ai figli minorenni che hanno diritto al mantenimento.