pensione complementare
Prestazioni aggiuntive della pensione di base, erogate dagli enti di previdenza obbligatoria come, per es., in Italia l’INPS (➔) e le casse professionali (➔ cassa professionale).
Nel nostro Paese le linee guida della previdenza integrativa sono state poste con il d. legisl. 124/1993, ripreso poi dal d. legisl. 252/2005; di rilievo anche la l. 335/1995 (riforma Dini), fondamentale provvedimento di avvio della riforma del sistema pensionistico. Uno dei pilastri della legge Dini era la separazione fra previdenza obbligatoria (➔ pensione obbligatoria) e previdenza integrativa (complementare) dei lavoratori o lavoratrici dipendenti. La prima, affidata in gestione all’INPS, prevedeva il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo, sempre a ripartizione (➔ ripartizione, sistema pensionistico a), differenziando fra neoassunti (contributivo integrale), soggetti con meno di 18 anni di anzianità contributiva (contributivo pro rata) e quelli con anzianità maggiori, che mantenevano il diritto al più generoso trattamento retributivo, almeno fino al d. legisl. 201/2011, che ha esteso a tutti il pro rata a partire dal 1° gennaio 2012. Nella riforma, la previdenza complementare era affidata a due tipologie di nuovi fondi p. integrativi: negoziali e aperti. I primi, istituiti tramite contratti o accordi collettivi aziendali, interaziendali, di categoria o territoriali, devono agire, a garanzia della professionalità della gestione, per investire i contributi degli aderenti mediante istituzioni finanziarie di riconosciuta competenza: fondi comuni (➔ fondo comune di investimento) aperti di investimento mobiliare o imprese di assicurazione (➔ ) o società di gestione del risparmio (➔ SGR), con le quali stipulare apposite convenzioni, e fondi comuni chiusi di investimento mobiliare o immobiliare per mezzo di sottoscrizione di loro quote. Le istituzioni finanziarie autorizzate alla stipula di tali accordi hanno anche la possibilità di costituire fondi p. aperti alla libera adesione individuale o collettiva di lavoratori e lavoratrici e Piani Individuali Pensionistici (PIP). Accanto ai fondi p. di nuova costituzione si prevedeva che continuassero a operare quelli integrativi in vigore prima della riforma (preesistenti). I fondi p. di nuova costituzione possono offrire sia prestazioni in regime contributivo in senso stretto (➔ defined-contribution) così come quelle definite secondo un criterio reddituale o agganciate a quelle della previdenza obbligatoria (➔ defined-benefit). In tale ambito legislativo si è anche precisato che, mentre autonomi e liberi professionisti possono scegliere la tipologia di fondi p. preferita, i lavoratori dipendenti e i soci di cooperative hanno la facoltà di aderire esclusivamente a fondi defined-contribution. I fondi p. preesistenti possono, invece, continuare a operare con il sistema scelto in precedenza, purché siano in grado di garantirne l’equilibrio su un orizzonte temporale di medio periodo (➔ anche prepensionamento).
Per quanto riguarda il finanziamento, i fondi p. dei lavoratori e delle lavoratrici dipendenti sono alimentati da versamenti di contributi di questi ultimi e dei datori di lavoro. Coloro che sono impiegati nel settore privato possono, con decisione irreversibile, conferire al fondo anche le quote del Trattamento di Fine Rapporto (TFR); per i dipendenti del settore pubblico, tale possibilità è riservata unicamente agli assunti dopo il 2000 nella misura massima del 2% della retribuzione. Autonomi e liberi professionisti versano solo la quota contributiva, secondo la percentuale prevista del proprio reddito dichiarato nell’esercizio precedente. Nei fondi p. defined-contribution, i frutti della capitalizzazione di tutti i versamenti al fondo di un singolo lavoratore costituiscono il suo montante pensionistico individuale. Al momento del pensionamento, tale montante viene convertito (in misura non inferiore al 50%), secondo una tabella di coefficienti di trasformazione connessi all’età di pensionamento e soggetti a revisioni periodiche per tenere conto delle modifiche della longevità della popolazione, in rendita vitalizia pensionistica (o a scelta del pensionando in p. con clausola di reversibilità, in caso di sopravvivenza del coniuge). Per particolari esigenze è prevista, dopo almeno 8 anni di adesione al fondo, la possibilità di prelievi di una parte, opportunamente contenuta, del montante accumulato.
Secondo la relazione 2011 della COVIP (➔), i fondi integrativi operanti al 31 dicembre 2010 erano in totale 481, dei quali ben 375 preesistenti (con 670.000 aderenti) e 106 di nuova istituzione (68 aperti con 850.000 aderenti, equamente ripartiti fra autonomi e dipendenti del settore privato, e 38 negoziali dei quali 26 di categoria, 9 aziendali e 3 territoriali, con oltre 2 milioni di aderenti totali, il 90% dei quali dipendenti del settore privato); il patrimonio totale accantonato era di circa 83 miliardi di euro (42 dei preesistenti, 22 dei negoziali e 7,5 degli aperti). I conferimenti totali erano di 9,2 miliardi (3,8 ai preesistenti, 4,2 ai negoziali, 1,2 agli aperti); circa la metà di tali apporti, e in particolare poco meno di 2∕3 per i fondi negoziali di nuova istituzione, proviene dal TFR. I tassi di adesione sono pari al 28% dei partecipanti potenziali per i dipendenti del settore privato, al 23% per gli autonomi e solo al 4% per gli addetti del settore pubblico (anche per il diverso trattamento del TFR). I rendimenti netti annui dei fondi di nuova istituzione su un arco di tempo quinquennale sono in media del 2,1% per i negoziali e dello 0,3% per gli aperti, inferiori ai rispettivi benchmark (➔), cioè ai rendimenti di istituzioni finanziarie che offrono opportunità analoghe di investimento del risparmio privato. Tra i fondi preesistenti, 245 erano soggetti dotati di personalità giuridica propria (autonomi), e 130 (interni) operavano all’interno dell’impresa di riferimento (110 banche, 7 assicurazioni, 13 altre istituzioni finanziarie); 199 agivano in regime di contribuzione definita (196 autonomi e solo 3 interni), 125 di prestazione definita (105 interni e 20 autonomi), gli altri 51 (29 autonomi e 22 interni) in regime misto. Le prestazioni globali dell’anno erano di 1,7 miliardi di euro (dei quali 900 milioni di rendite pensionistiche a 130.000 beneficiari e il resto in una tantum al pensionamento, anticipazioni o riscatti), i contributi di 3,8 miliardi (dei quali 43% provenienti dal TFR, 38% a carico dei datori di lavoro e 19% dei lavoratori e delle lavoratrici). Per una migliore valutazione del fenomeno della previdenza integrativa, si deve tener conto che, oltre ai fondi p. integrativi, i lavoratori e lavoratrici possono accedere anche ai PIP sia di nuova istituzione sia preesistenti. Sempre al 31 dicembre 2010 utilizzavano questa opportunità circa 1.800.000 soggetti (per 2/3 con i 76 PIP di nuova istituzione).