PENELOPE (Πηνελόπεια, Πνηελόπη; Penelŏpe)
Alla base di questa personalità mitica è stato possibile riconoscere un'antica divinità dell'Arcadia, madre o in qualche modo connessa con il dio Pan. Peraltro nell'arte figurata non rimane traccia che di una P. figlia di Icario, regina di Itaca e moglie fedelissima di Odisseo. Anche per quest'ultima il materiale iconografico non è abbondante, visto il carattere quieto e riservato dell'eroina, la sua storia tutta dinieghi ed evasioni, in netto contrasto con i racconti drammatici e le azioni violente preferite dall'arte arcaica. È solo con gli inizî del V sec. a. C. quando gli artisti vengono ad interessarsi a situazioni psicologiche piuttosto che a fatti, che il dramma interiore di P. diviene un tema apprezzato.
La tradizione ci parla di un dipinto di Polignoto nel tempio di Atena a Platea (Paus., ix, 4, 2) ma non è chiaro in quale contesto narrativo dovesse figurare l'eroina. Un dipinto di Zeusi (Plin., Nat. hist., xxxv, 63) vantato per la efficace caratterizzazione si è proposto da alcuni di identificare con una delle Imagines di Filostrato in cui è descritta P. al telaio, mentre lacrime le scorrono sul viso. Strabone (xiv, 641) riferisce di una statua di P. apparentemente associata a un'altra di Euriclea, opere del bronzista Thrason del IV sec. a. C. e visibili in Efeso.
Tra le non numerose immagini di P. giunte sino a noi una delle più antiche e più inattese è quella che appare su un cratere di Siracusa assegnato al Pittore di Boreas: l'eroina è seduta in trono come in rigida opposizione al coro dei pretendenti che le sta a fronte, in un atteggiamento di dominio spirituale, che non è senza confronti con quello in uso per Circe. Praticamente contemporanea al vaso di Siracusa è l'immagine di una dolente, di ben più intensa spiritualità, che in alcuni casi siamo autorizzati a riferire a Penelope. Si tratta di uno schema figurativo che incontriamo in sculture a tutto tondo, pìnakes fittili della classe di Milo e sino in terrecotte Campana: la figura è vista di tre quarti, e come chiusa in se stessa, il capo appoggiato alla mano e il gomito puntato sul ginocchio. Nei rilievi melî dal 470 in poi questo schema è adoperato con lievi varianti per P. come per Elettra in meditazione sulla tomba del padre. Nel notissimo sköphos attico di Chiusi assegnato appunto al Pittore di Penelope l'identificazione è indubbia: l'eroina medita presso il grande telaio tutta chiusa in un armonioso fluire di drappeggi, mentre le è accanto Telemaco, forse per prendere congedo per il suo viaggio. E il fatto che questo schema figurativo a partire dai più antichi rilievi melî sino alle terrecotte Campana di età imperiale è costantemente associato con P. sembra debba giustificare l'assunzione che anche la statua, nota in varie edizioni (Musei Vaticani, museo di Teheran da Persepoli) e in un alto rilievo (Musei Vaticani), debba figurare Penelope. Che infatti questo schema sia stato trasferito o adattato a raffigurare Elettra non autorizza ad accettare altri significati, come quello meno immediato di Larisa, proposto per la replica o meglio variante del museo di Teheran, di qualità superiore alla media, per la quale è stata proposta recentemente l'identificazione con l'Afrodite venerata sul Libano che Macrobio (i, 21, 5) descrive come capite obrupto, specie tristi faciem manu laeva... sustinens. Di notevole drammaticità è anche la P. stante presso il telaio in un rilievo di Gomphoi, muta presenza nel drammatico riconoscimento di Odisseo da parte di Euriclea. Nel diffuso racconto del monumento di GölbaŞi-Trysa, la figura di P. velata e maggiore delle altre domina immota in mezzo al popolaresco agitato gesticolare delle ancelle. Nei dipinti pompeiani P. è posta a confronto di Odisseo mendico: l'eroe seduto e volutamente avvilito si oppone alla regina quietamente panneggiata nello schema ben noto della Pudicitia. Più sensazionale una figura di P. che porta l'arco, di una femminilità più tenera ed esposta in un affresco da Stabia.
Monumenti considerati. - Cratere di Siracusa: Röm. Mitt., 1892, p. 181. Rilievi melî: P. Jacobstahl, Melische Reliefs, 1929. Statua Vaticano, Chiaramonti, Teheran: C. M. Omstead, A Greek Lady from Persepolis, in Am. Journ. Arch., liv, 1950, p. 10 ss.; F. Eckstein, ΑΙΔΩΣ, in Jahrbuch, lxxiv, 1959, p. 137 ss.; E. Langlotz, Zur Deutung der "Penelope", ibid., lxxvi, 1961, p. 62 ss., con bibl. prec. Terracotta Campana: Rohden-Winnefeld, Architektonische römische Tonreliefs, 1911, tav. 28. Shöphos Chiusi: Furtwängler-Reichhold, 142. Rilievo di Gomphoi: Ath. Mitt., 1900, p. 325.
Bibl.: Roscher, III, 1897-909, c. 1901, s. v.; E. Wüst, in Pauly-Wissowa, XIX, 1937, c. 460 ss., s. v.; A. Olmstead, in Am. Journ. Arch., LIV, 1950, p. 10 ss.; E. Langlotz, in Museum Helveticum, VIII, 1953, p. 157 ss.