PENATI (Penates, Dii Penates)
A Roma e nel Lazio, dove il culto è originario, fan parte delle divinità familiari come il Genius, i Lares e i Manes; la loro denominazione deriva infatti da penus (commestibili di riserva e poi stanza delle provviste) ed è in relazione con penetrale, il luogo più riposto dell'antica casa. Il loro culto è legato al focolare domestico e sono perciò associati con Vesta che ne è la patrona. Il loro carattere non ben precisato fece sì che con l'andar del tempo potesse essere considerata tra gli dèi P. qualunque divinità fosse venerata in particolare in una casa quale protettrice della famiglia, del padrone di casa o delle sue attività, sicché dobbiamo considerare quali P. tutti gli dèi le cui statuette si trovano esposte nel larario domestico. Sappiamo che furono annoverati tra i P. anche personaggi umani: Marco Aurelio vi accolse i grandi filosofi e i suoi maestri; Severo Alessandro gli uomini più rappresentativi del passato, tra cui Abramo e Cristo.
Per tale ragione non abbiamo una iconografia ben definita dei P.: taluno ha pensato che possano riferirsi ai P. più che ai Lari le immagini di "Lari con cornucopia" o in atto di versare vino.
I P. a Roma, come a Lavinio e ad Alba, entrarono nel culto pubblico statale: dapprima sono onorati nel tempio di Vesta ove esiste un penus; in seguito hanno tempio proprio sub Velia ove, concordemente alla notizia di Dionisio d'Alicarnasso (i, 68, 1), avevano l'aspetto di due giovani seduti con lancia evidentemente assimilati con i Dioscuri, come lascerebbe intendere anche la rappresentazione sulle monete della gens Fonteia con le teste laureate dei Penates Publici, sormontate da una stella, rappresentazione che appare anche su un denaro della gens Sulpicia avente al rovescio Enea e la scrofa laurentina.
Il legame con Enea conferma la leggenda che collegava i P. di Roma a quelli che Enea avrebbe portato seco da Troia e istallato appunto a Lavinio. Sotto l'aspetto di giovani seminudi, seduti e appoggiati alla lancia, appaiono i P. nel celebre rilievo dell'Ara Pacis con il sacrificio della scrofa laurentina. È questione fuor di luogo indagare se i P. del rilievo fossero quelli di Lavinio o quelli del tempio di Roma, dato che è evidente che, specie in questo caso, volendosi sottolineare la diretta derivazione dei P. romani da quelli troiani (gli stessi del resto venerati a Lavinio) la raffigurazione doveva essere quella in età augustea più nota e comune.
L'assimilazione con i Dioscuri pare provata, oltre che dalle rappresentazioni monetane e dalle antiche fonti anche dai recenti scavi di Lavinio ove è stata dimostrata l'esistenza anche di un antico culto dei Dioscuri.
Bibl.: G. Wissowa, in Roscher, III, 2, 1902-909, c. 1882-98, s. v. Penates; J. A. Hild, in Dict. Ant., IV, p. 376-81, s. v.; St. Weinstock, in Pauly-Wissowa, XIX, 1937, c. 417-57, s. v.; N. Turchi, La religione di Roma antica, Storia di Roma, Ist. Studi Romani, vol. XVIII, 1939, p. 13 ss.; I. Scott Ryberg, Rites of the State Religion, in Mem. Am. Acad., XXII, 1955, pp. 40-41; K. Hanell, in Opuscula Archeologica, II, 1960, pp. 91-93.