PELTUINUM
Centro nei pressi dell'odierna Prata d'Ansidonia in provincia dell'Aquila, sorto a cavaliere del tratturo che attraversa l'altopiano di Navelli. Si conosce oggi il tessuto viario urbano e in parte il sistema di zonizzazione sulla base degli scavi in corso e delle numerose tracce evidenti nelle foto aeree.
All'asse principale di attraversamento della città, poi seguito dalla Claudia Nova nel 43 d.C., si deve la pianificazione con isolati quadrati (o rettangolari tendenti al rapporto unitario) canonici nella metrologia urbana della fine dell'età repubblicana. A metà dell'allineamento, l'area forense è incentrata su un tempio di cui resta l'ossatura cementizia, a causa dell'asportazione dell'apparato architettonico e dei rivestimenti, probabilmente già in età tardoantica. L'edificio, a cella unica, prostilo, esastilo d'ordine corinzio, su alto podio, è rivolto verso la piazza, di cui costituiva il lato minore occidentale: infatti la fronte risulta ammorsata mediante due muri alle testate della porticus a U con doppia navata e colonnato dorico che correva sui fianchi e sul retro del tempio.
Mancano sicure attestazioni della titolarietà del culto: può, in via d'ipotesi, proporsi un'attribuzione ad Apollo in base a una dedica su una mensa lapidea per offerte, in parte riutilizzata come gradino di ingresso a una domus restaurata nel IV sec. d.C. Sul fianco del blocco frammentato, l'iscrizione apellune (lat. Apollini) documenta la trascrizione nella tarda repubblica di una dedica vestina che riconduce al culto attestato lungo gli itinerari della transumanza, dal lucus pesarese al tempio di Colle S. Pietro ad Alba Fucens, alla dedica di C. Cisiedio rinvenuta a Trasacco. L'edificio teatrale, conservatosi fino alla summa cavea in una terrazza a SE del tempio, era coordinato all'orientamento di quest'ultimo, inserito in un piano regolatore unitario all'interno del sistema difensivo. Alla cavea, che si completa con varie fasi costruttive, dal primo momento urbano (fine età repubblicana) all'età giulio-claudia, si accedeva con una gradinata dalla platea templare, sviluppandosi quindi il percorso da un lato verso l'orchestra e dall'altro verso la porticus ad scaenam a due navate.
Dei complessi abitativi restano tracce sufficienti per delineare la stratigrafia della vita urbana fino alla fase post-costantiniana e probabilmente fino al terremoto del 346 che coinvolse numerose città appenniniche della regio. Da quel momento la vita della città si incentra lungo l'asse viario che resta sicuramente in funzione: lo dimostrano gli interventi sulla sede stradale conservatasi glareata - come tutte le altre strade della città - probabilmente per motivi legati alle percorrenze/carrabili sulle superfici gelate.
Oltre all'acquedotto citato dalle fonti, l'approvvigionamento idrico era garantito da cisterne di cui restano cospicue testimonianze tra cui, monumentale, quella situata a chiusura del lato lungo orientale del foro, crollata per un movimento tellurico. La quota del monumento e soprattutto il sistema di giustapposizione delle domus dimostra che l'andamento della città era su bassi gradini, disposti da O a E, tagliati dall'asse di scorrimento che nel XIX sec. servì di spina al regio tratturo di collegamento con la piana di Foggia.
Bibl.: P. Sommella, Italia antica. L'urbanistica romana, Roma 1988, p. 178 ss.; F. Giustizia, Paletnologia e archeologia di un territorio, Roma 1985; P. Sommella, Un territorio del IV secolo d. C. a Peltuinum, in I terremoti prima del Mille in Italia e nell'area mediterranea, Bologna 1989, p. 482 ss.