PELTRO
. È una lega di stagno con piombo, antimonio o rame. L'uso del peltro è attestato fino dall'antichità cristiana, per trovamenti avvenuti di vasellame da tavola e di tessere col monogramma di Cristo, riferibili al sec. IV. Alla produzione di strumenti per il culto (soprattutto calici) e a quella di arredi per la tavola e per la cucina di uso comune fu quasi esclusivamente limitato l'impiego del peltro per tutto il Medioevo e oltre, fino al sec. XVI; esso del resto continuò fino a tutto il sec. XVIII, durante il quale il peltro venne sostituito a poco a poco dalla terraglia. L'industria fu tuttavia assai rigogliosa; fino dal secolo XIII si ha in taluni paesi (ad es. l'Inghilterra) notizia della sua organizzazione corporativa; e nei secoli successivi statuti e privilegi attestano della sua importanza, oltre che in Inghilterra, in Germania e, nel Rinascimento, anche in Italia, in specie a Venezia. Nei peltri anteriori al sec. XVI è di solito assai modesto il pregio artistico, che non va oltre la grazia e l'armonia delle forme, talvolta non ineleganti, ma assai spesso ripetentisi attraverso i secoli e nei luoghi più varî con una tenacissima uniformità di modelli. Gl'inventarî ci attestano nei secoli XIII e XIV l'esistenza di servizî di peltro nelle maggiori famiglie (piatti, scodelle, boccali, caraffe, più raramente saliere). L'ornamentazione, non frequente, constava esclusivamente di motivi incisi che scompaiono poi nel Rinascimento, quando l'uso di quei servizî si diffonde sempre più fino a diventare assai comune nel sec. XVI e nella prima metà del XVII. Si fecero inoltre di peltro, nel Medioevo, calici di uso liturgico o funerario, specie in Inghilterra dove anche più tardi il peltro fu usato per arredi ecclesiastici (piatti, ampolle, cassettine per elemosine, ostiarî, ecc.), in Francia gettoni e distintivi da pellegrini. Centri maggiori di produzione furono la Francia, l'Inghilterra (Londra, York, Newcastle), la Scozia (Edimburgo e Glasgow), l'Irlanda (Dublino e Cork), la Germania (Augusta, Norimberga).
Una produzione veramente artistica di peltri comincia solo nel tardo Rinascimento (seconda metà del secolo XVI), prima che altrove in Francia: a officine di Lione devono probabilmente attribuirsi i più antichi esempî del vasellame sontuoso in peltro decorato a rilievo che, a parte la viltà della materia, può considerarsi come prodotto di oreficeria e al quale è legato soprattutto il nome di François Briot (v.).
La decorazione di questo vasellame spesso argentato, o dorato, o anche semplicemente colorito, consta per lo più di medaglioni con figure o con teste, frammisti a motivi vegetali o geometrici che empiono gli spazî intermedî e coprono gli orli dei piatti. Capolavori del genere sono il piatto con la figura della Temperanza, del Briot, e il boccale che gli si accompagna; da cui derivano numerosi altri esempî francesi, al Briot erroneamente attribuiti, come la saliera del Museo civico di Digione, un boccale del museo di Cluny e altri con decorazioni di grottesche, mascheroni, ecc. Lo stile e la composizione di questo vasellame in stagno furono ben presto imitati in Germania, dove fino dalla fine del sec. XV la produzione dello stagno era stata intensa nella regione dei Monti Metalliferi (Erzgebirge) raggiungendo la massima diffusione in Franconia, in Sassonia, nella Slesia e nella Boemia. Soprattutto a Norimberga, nel tardo Cinquecento, sono numerosi gli artisti che lavorano il peltro (in tedesco Edelzinn): Martin Harscher, Melchior Koch, Hans Lobsinger, Nikolaus Horchhaimer e Kaspar Enderlein, il maggiore di tutti (nato a Basilea nel 1560, morto nel 1633), autore di una coppa con Lot e le figlie (1608), di un piatto e un boccale con la Temperanza (v. briot, VII, p. 870, illustr. in basso), rifatti sul modello di quelli del Briot (1611), di piatti con San Giorgio (1615) e Le Quattro Stagioni (1621); un suo boccale con le allegorie della Guerra, della Pace e dell'Abbondanza, e una brocca e un gran piatto con le parti del mondo derivano anch'essi da modelli francesi. In altri piatti invece i soggetti religiosi derivano da incisioni dell'epoca (piatto con la presentazione della testa del Battista a Erode; Londra, raccolta Wallace).
Una tecnica un po' diversa, più semplice e meno costosa, mostrano i peltri della Sassonia, in cui i singoli ornamenti sono formati a parte, fusi e poi saldati ai loro luoghi: vi s'incontrano di frequente targhette di Peter Flötner, spesso modificate nei contorni in modo da adattarle meglio agli spazî in cui dovevano andare: nei boccali sottili strisce, piatte o sagomate, dividono le zone di rilievi sovrapposte l'una all'altra. Centri maggiori di questa produzione furono Freiberg, Schneeberg, Annaberg e Marienberg. Minore raffinatezza d'arte è nei peltri inglesi del sec. XVI, la cui produzione era tuttavia anch'essa assimilata all'oreficeria vera e propria per l'obbligo del marchio su ciascun oggetto; le forme imitano per lo più quelle dell'argenteria, e si hanno anche esempî di ornamentazione in cui entra lo smalto.
Nei secoli XVII e XVIII persiste l'impiego del peltro negli arredi della mensa e in quelli liturgici, mentre sono sempre rari gli altri (calamai, lucerne, ecc.); la produzione maggiore proviene sempre dalla Germania (Norimberga, Ratisbona, Württemberg, Passavia, Lubecca, Augusta, Ulma, Magdeburgo) e specialmente da quella meridionale; ma si conoscono anche peltri dell'Austria superiore, della Stiria (Graz) e anche della Svizzera (San Gallo). Ancora nel Settecento persistono talune forme cinquecentesche; col sec. XIX il vasellame di peltro va in disuso e si limita a boccali per birra e a misure per liquori di produzione germanica o britannica. Peltri artistici si trovano in quasi tutti i musei di arte industriale; in maggior numero riuniti in raccolte private (Demiani e Zöllner a Lipsia e la dispersa raccolta Figdor di Vienna). Recentemente il peltro ha riavuto un periodo di voga sia per il vasellame comune sia per quello d'arte.
Bibl.: G. Papst, L'étain, Parigi 1884; H. Demiani, François Briot, Caspar Enderlein und das Edelzinn, Lipsia 1897; G. Lehnert, Illustrierte Gesch. des Kunstgewerbes, Berlino s. a., I, p. 618 segg.; British Museum, Guide to Mediaeval antiq., Londra 1924, p. 211 segg.; Die Sammlung Dr. Albert Figdor, I, i, Vienna 1930, n. 215 segg.