pelli e pellicce
Da risorse preziose per i nostri antenati a materiali per la moda
Pelli e pellicce, ricavate principalmente da Mammiferi, sono da sempre materiali di base per confezionare molti capi di abbigliamento, o anche solo per abbellirli. Le pellicce, per la loro capacità di riparare dal freddo, sono usate fin dall’antichità; da diversi anni, tuttavia, disponiamo di materiali sintetici o misti, con i quali si confezionano pellicce a imitazione di quelle naturali, che hanno caratteristiche a volte superiori. Queste nuove possibilità hanno fatto crescere un movimento di opinione che chiede maggiore rispetto per la vita degli animali
Pelli e pellicce sono costituite dalla cute, e relativo mantello pilifero, di animali, in particolare di diverse specie di Mammiferi. La loro utilizzazione per confezionare capi di abbigliamento in grado di riparare dal freddo è probabilmente antica quanto l’umanità. Sono molti gli animali da cui si ricavano pelli e pellicce: dal vitello alla volpe, dalla nutria al visone, al cincillà: ognuno ha ovviamente le sue caratteristiche, che vanno dalla diversa lunghezza del pelo alla sua consistenza, dal colore alla capacità di resistere all’uso. Storicamente i maggiori produttori di pelli sono stati prima la Russia e poi gli Stati Uniti e il Canada. Con l’introduzione, a partire dal 19° secolo, dell’allevamento degli animali da pelliccia con criteri industriali la produzione di questo particolare prodotto di base si è diffuso in moltissimi paesi e la situazione è cambiata radicalmente: basti pensare che oggi il 45% della produzione per l’industria viene dall’Europa del Nord.
L’industria dell’abbigliamento utilizza pelli e pellicce in mille modi, e non solo per confezionare cappotti e giacche: guanti, guarnizione di polsi, cappucci di soprabiti e impermeabili, sono solo alcuni degli oggetti fatti con le pellicce. La pelle, senza la pelliccia, è poi utilizzata per confezionare scarpe, cinture, portafogli, borse, valigie. La pelle più usata è, di gran lunga, il cuoio o la pelle di vitello, ma esiste tutta una gamma di pelli cosiddette pregiate, dal pitone al coccodrillo, che vengono usate nel campo dell’alta moda. Spesso negli allevamenti sono stati anche effettuati incroci di animali per ottenere esemplari con caratteristiche ottimali. Tipici esempi di questa pratica sono la volpe argentata o il cincillà rosa, specie caratterizzate da colori che questi animali non avevano in natura.
La pelle, una volta prelevata, deve essere trattata per evitare che imputridisca e per conferire altre proprietà al prodotto (morbidezza, impermeabilità e così via). Esistono diverse fasi di lavorazione che prendono il nome generico di concia. La concia si pratica dai tempi più antichi secondo procedimenti diversi che impiegano varie sostanze concianti. Innanzitutto si eseguono alcune operazioni preliminari per togliere il grasso animale (scarnatura) e le impurità dalla pelle: tale operazione si eseguiva un tempo con affilatissimi coltelli mentre oggi si utilizzano macchine con lame; si eseguono quindi operazioni di lavaggio, levigazione e trattamento igienico. Nel caso delle pelli che devono essere trasformate in cuoi si ricorre anche alla depilazione, solitamente per via chimica. In seguito avviene la concia vera e propria nella quale i materiali sono sottoposti a trattamenti chimici con sostanze concianti diverse (allume, sali di cromo, tannini, oli) a seconda del risultato da ottenere; il trattamento ha lo scopo di rendere pelli e pellicce più morbide e flessibili e per irrobustirle. Infine pelli e pellicce vengono sottoposte a tintura per rinforzare o cambiare il colore. Una fase importante, infine, è quella del taglio delle pelli, effettuato da maestranze specializzate, capaci di ‘costruire’ per esempio un cappotto di pelliccia facendo risaltare le caratteristiche più importanti delle pelli, rinfoltendole e seguendo il loro verso naturale fino a ottenere un capo di alta moda.
Nei paesi anglosassoni, il commercio di pellicce viene ancora oggi chiamato commercio indiano, denominazione che fa capire quanto questo traffico sia stato importante per la colonizzazione dell’America del Nord. Il commercio con gli Indiani nativi d’America iniziò fin dal 16° secolo e diventò della massima importanza nel 18° secolo grazie ai primi coloni e agli esploratori, i famosi trappers, figure caratteristiche dell’epoca presenti in tanti racconti, film e fumetti. Di fatto nella loro ricerca di animali da pelliccia i trappers esplorarono per primi vaste zone degli Stati Uniti e del Canada, aprendo la via alla successiva colonizzazione delle terre. Parecchie città, come Chicago, Detroit e Washington, devono molto del loro sviluppo proprio al traffico delle pelli. Tuttora in alcune di queste città si tengono le aste più importanti per la vendita di pelli da pelliccia.
La richiesta di pellicce, soprattutto pregiate, e quindi di pelli per poterle confezionare, varia di anno in anno, poiché si tratta di un dato che segue il ciclo economico e la moda. Si registra comunque la tendenza alla diminuzione dei costi di produzione per poter permettere a un numero maggiore di persone di acquistare una pelliccia. La industrializzazione del processo produttivo ha origini oramai lontane: i primi allevamenti di animali da pelliccia furono realizzati proprio negli Stati Uniti e in Canada, fra il 1860 e la fine di quel secolo. Oggi si stima che il 90% circa delle pelli pregiate provenga da animali allevati: soprattutto visoni, castori, volpi. Allevamenti esistono praticamente in tutti i paesi, anche se la loro distribuzione non è uniforme: la piccola Danimarca, per esempio, ospita oltre il 30% degli allevamenti esistenti al mondo.
Il movimento di opinione contro l’uso delle pellicce è sorto nei paesi sviluppati e ha raggiunto una notevole consistenza a partire dall’ultimo decennio del secolo scorso. Chi aderisce a questo movimento dichiara, e chiede anche agli altri, di non usare pellicce, in nome del rispetto della vita degli animali da cui sono ricavate: visoni, castori e così via, appositamente allevati per fornire questa materia prima. In effetti oramai da tempo è venuta meno quella che è stata per millenni la ragione principale per l’uso di pellicce, ovvero la loro particolare capacità di isolare dal freddo in modo efficace. Esistono infatti da anni materiali sintetici (fibre poliammidiche e acriliche) con cui vengono realizzati capi a prezzi ragionevoli, in grado di svolgere questo compito in modo anche più efficace delle pellicce animali. L’uso di queste ultime sarebbe quindi imposto solo dalla moda, anche nel caso dei climi più freddi.
Inoltre le associazioni animaliste lamentano i maltrattamenti subiti spesso negli allevamenti dagli animali, costretti in gabbie piccole e poco adatte. Neppure la caccia nell’ambiente naturale è esente da problemi: per esempio è difficile da regolamentare e da sorvegliare, dato che si svolge generalmente in regioni isolate e d’inverno, quando la pelliccia degli animali, per ragioni naturali, è più fitta. Fortunatamente la caccia ad alcuni animali in via di estinzione, come la tigre, è oramai bandita in modo pressoché totale.
C’è anche chi – vegetariani o semplicemente animalisti – teorizza e pratica l’abbandono non solo dell’uso delle pellicce ma anche delle pelli per realizzare cinture, borse e soprattutto scarpe. Certamente questo movimento di opinione ha conseguito risultati in molti paesi occidentali ma nei paesi in via di sviluppo, come la Cina per esempio, questa sensibilità è ancora molto lontana. La questione quindi è aperta.