LORINI, Pellegrino
Nacque a Firenze il 2 apr. 1464 da Antonio di Giovanni e da Vaggia Bardi.
La famiglia traeva il cognome da Monteloro, nel Mugello fiorentino, di cui aveva avuto in antico la signoria. I Lorini si trasferirono a Firenze nel XIII secolo e dal 1327, anno della loro prima ammissione al priorato, fino alla fine della Repubblica fiorentina, ebbero ventinove priori e quattro gonfalonieri di Giustizia. Abitavano sulla piazza di S. Maria del Fiore, nel quartiere di S. Giovanni, gonfalone del Drago, per il quale il padre del L., Antonio, fu gonfaloniere di Giustizia nel bimestre settembre-ottobre 1485 e priore nel novembre-dicembre 1494; esercitò inoltre molte altre cariche pubbliche nella città e nel dominio. I Lorini erano attivi nel campo del credito: avevano una casa bancaria operante a Barcellona, ma soprattutto collaboravano con il banco Medici. Il fratello maggiore del L., Filippo, fu a lungo impiegato presso la filiale del banco Medici a Lione.
Nella portata al Catasto del 1480 il L. è qualificato come studente. Si ipotizza che studiasse lettere sulla base di una poesia dedicatagli da Francesco Pucci e conservata in un codice della Biblioteca Corsiniana di Roma (Verde, p. 781); in realtà, pur non potendo escludere gli interessi letterari, è probabile che la sua formazione fosse finalizzata all'attività bancaria.
Completati gli studi, il L. raggiunse il fratello maggiore a Lione, presumibilmente nel 1482. Vi si trovava per certo il 25 genn. 1483, quando Lorenzo il Magnifico gli scrisse per chiedergli di rivedere i conti di certi lavori.
In seguito il L., come già in precedenza il fratello Filippo, fu destinato a seguire il re di Francia e la corte, per costituire uno degli elementi di quella rete di agenti medicei che rappresentava quasi un corpo diplomatico parallelo e alternativo a quello della Repubblica fiorentina. Fu in tale veste che, nell'estate del 1485, Lorenzo de' Medici gli scrisse varie lettere per invitarlo a favorire il più possibile la missione di Agostino Biliotti, inviato in Francia anche per sollecitare il conferimento di benefici ecclesiastici a Giovanni de' Medici. Il L. si trovava a Parigi nel maggio 1488 quando, in occasione di un viaggio ispettivo effettuato da Francesco Sassetti, direttore generale del banco Medici, questi riportò a Lorenzo il Magnifico che il L. e gli altri agenti medicei distaccati presso la corte di Francia non svolgevano un ruolo significativo e inoltre "costavano più degli ambasciatori" (Arch. di Stato di Firenze, Mediceo avanti il principato, reg. 40, c. 327). Malgrado tali critiche e l'andamento economico tutt'altro che positivo della filiale di Lione, sembra che il L. fosse rimasto in Francia almeno fino all'ottobre 1494, dopo che la filiale era stata chiusa e i dipendenti espulsi per ordine del re di Francia Carlo VIII, irritato dalla politica filoaragonese di Piero de' Medici.
Il L. si trovava a Montorges il 7 ott. 1494, data di una sua lettera diretta probabilmente a Piero de' Medici; successivamente si spostò in Piemonte e in altri luoghi dell'Italia settentrionale per l'attività di informazione sui movimenti dell'armata francese di Carlo VIII e per fare da intermediario, sia pure non ufficiale, per conto del Medici con i suoi comandanti. Con la caduta del regime mediceo, avvenuta il 9 nov. 1494, del L. si perdono le tracce; sembra che fosse tornato a Firenze, dove era stato instaurato il regime "popolare" di fra Girolamo Savonarola del quale il Cerretani lo considera amico; tuttavia non risultano cariche pubbliche del L. per il periodo savonaroliano e fino al 1499.
Il 18 sett. 1499 il L. fu inviato presso gli ambasciatori fiorentini Francesco Gualterotti e Lorenzo Lenzi a Milano, dove con l'esercito francese entrava Gian Giacomo Trivulzio, per affrontare la questione di Pisa, che fin dal 1494 si era ribellata a Firenze e si era posta sotto la protezione del re francese.
Quell'ambasceria fu un punto di svolta nella politica estera fiorentina, improntata fino ad allora a una stretta e leale amicizia con gli Sforza, ma che, dopo la conquista francese del Ducato di Milano, tese a un avvicinamento alla Francia per riottenere Pisa. C'era inoltre da negoziare un accordo per le pendenze economiche di Firenze con il Ducato sforzesco. Il L. doveva fare da collegamento tra gli ambasciatori titolari e il governo fiorentino, tanto che nel settembre-ottobre 1499 fece almeno quattro volte il tragitto fra Firenze e Milano; nel gennaio 1500, essendosi gli ambasciatori fiorentini trasferiti in Francia al seguito del re, il L. fu destinato a raggiungerli, ancora con il compito di garantire la pronta e regolare trasmissione di ordini e informazioni tra gli inviati e il governo. In alcune soste a Firenze il L. fu anche ammesso alle pratiche (i consigli segreti indetti dalla Signoria per avere il parere dei cittadini più autorevoli sulle principali questioni politiche), per informare direttamente sull'andamento delle trattative.
Nell'aprile 1500 il L. si recò a Milano, insieme con Edouard Bullion, valletto di camera del re di Francia Luigi XII, per comunicare al luogotenente Charles de Chaumont l'accordo raggiunto dai Fiorentini con il sovrano in merito alla riconquista di Pisa. In virtù di tale accordo un esercito formato da soldati svizzeri e guasconi al comando di Ugo di Beaumont mosse contro Pisa, e il L. fu inviato in qualità di commissario militare a passarlo in rassegna e a pagare le prime due rate del compenso pattuito. Alla fine di maggio 1500 raggiunse l'esercito a Piacenza, dove si accorse che le truppe superavano il numero stabilito di 2000 unità, con forte aggravio finanziario per i Fiorentini. Risolto il problema, cercò di indurre il Beaumont a partire subito alla volta di Pisa passando da Pontremoli, mentre questi insisteva per passare da Bologna; alla fine riuscì a convincerlo, ma nel frattempo era stato perso del tempo prezioso che compromise il buon esito dell'operazione. Il L. si mise quindi in viaggio verso Pontremoli e Massa, dove fu raggiunto da altri commissari fiorentini.
Il 23 maggio 1501 fu inviato a Parma presso l'esercito francese comandato da Roberto d'Aubigny che, diretto alla conquista del Regno di Napoli, aveva chiesto il permesso di passare per il territorio fiorentino. Il L. doveva capire la consistenza di quell'esercito e proporre i mezzi adatti a provvederlo di vettovaglie e alloggiamenti. Analogo incarico il L. svolse dall'agosto al novembre 1503, allorché scortò un esercito francese dal confine settentrionale della Toscana con la Romagna fino a Roma attraverso il territorio della Repubblica fiorentina.
A questi incarichi fu dato un relativo carattere di continuità con l'elezione del L. da parte del Consiglio degli ottanta a provveditore dei Dieci di balia, la magistratura straordinaria che sovrintendeva alla politica estera e alle operazioni militari, in quegli anni turbolenti istituita con una notevole regolarità. L'incarico del L., con un salario di 50 lire al mese, ebbe la durata di un anno, durante il quale egli fu più volte inviato in territorio pisano - teatro delle operazioni militari - a rassegnare le truppe, a effettuare i relativi pagamenti, a provvedere alle necessità logistiche. Nel dicembre 1504, sempre in qualità di provveditore dei Dieci, si recò a Piombino.
Intanto, l'8 genn. 1504, il L. fu eletto per la prima volta a uno degli uffici maggiori della Repubblica fiorentina, quello di gonfaloniere di Compagnia, che egli avrebbe ricoperto altre due volte, a partire dall'8 genn. 1508 e dall'8 sett. 1510. Nel gennaio-febbraio 1506 fu eletto al priorato e come depositario della Signoria; rivestì la carica di priore di nuovo nel bimestre novembre-dicembre 1512. Nel 1506 fu membro degli Otto di guardia e balia, la magistratura che sorvegliava sull'ordine pubblico e aveva ampie competenze di giustizia penale. Il L. ricoprì anche alcuni incarichi di governo nel dominio fiorentino: fu podestà di Prato per 6 mesi e mezzo, a partire dal 14 nov. 1509, e capitano di Pistoia dal 13 nov. 1511 per un semestre. Nell'ottobre 1510 gli fu assegnato il compito di accompagnare per un tratto di strada alcuni cardinali venuti in Toscana per il concilio di Pisa.
Il L. morì a Firenze l'8 nov. 1513.
Aveva sposato Alessandra Guicciardini, da cui ebbe almeno un figlio, Antonio, nato il 20 genn. 1505.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Carte Ceramelli Papiani, 2805; Carte Sebregondi, 3087; Signori, Carteggio, Responsive originali, regg. 11, c. 123; 12, cc. 477-479; 15, cc. 28, 70-72, 90, 97, 103-104, 125-127, 148-149, 151, 172, 239, 303-305, 335; 16, cc. 70, 225; 18, cc. 68, 133, 194-195, 215; 21, cc. 23, 28-30; 26, cc. 144, 156; 29, c. 75; Signori e Collegi, Condotte e stanziamenti, reg. 17, cc. 18, 21, 29, 78, 81, 125, 146, 156; Dieci di balia, Missive, regg. 69, cc. 40, 42; 74, cc. 123, 125, 127, 133, 149; 75, cc. 127, 129, 145; 78, cc. 119, 127; 79, cc. 71, 106, 112; 80, cc. 115, 119; 81, cc. 61, 69, 81, 83; Debitori e creditori, reg. 48, c. 48; Deliberazioni, condotte e stanziamenti, regg. 50, cc. 45, 115, 126, 158, 180; 51, c. 89; 52, cc. 29, 31, 57, 62, 68-71, 84-85, 94, 97, 122-123, 127, 154; 53, cc. 21, 44, 55-56, 58, 66, 70, 91, 96, 103; 54, c. 61; 56, c. 171; 57, c. 161; Mediceo avanti il principato, regg. 14, c. 443; 16, c. 430; 40, c. 330; 89, c. 262; 93, c. 433; Carte Strozziane, serie II, reg. 122 (non cartulato); Protocolli del carteggio di Lorenzo il Magnifico, a cura di M. Del Piazzo, Firenze 1956, pp. 222, 333; Delizie degli eruditi toscani, XXI, Firenze 1785, pp. 211, 320; XXII, ibid. 1786, p. 18; I. Nardi, Delle istorie della città di Firenze, I, Firenze 1858, p. 282; Négociations diplomatiques de la France avec la Toscane, a cura di G. Canestrini, Paris 1859, I, pp. 461, 574, 577; II, p. 28; N. Machiavelli, Legazioni e commissarie, a cura di S. Bertelli, Milano 1964, pp. 71, 84, 228; B. Cerretani, Ricordi, a cura di G. Berti, Firenze 1993, p. 441; Consulte e pratiche della Repubblica fiorentina. 1498-1505, Genève 1993, ad ind.; B. Bonaccorsi, Diario dall'anno 1498 all'anno 1512, a cura di E. Piccolini, Roma 1999, ad ind.; N. Machiavelli, Legazioni e commissarie. Scritti di governo, I, 1498-1501, a cura di F. Chiappelli, Roma 2002, pp. 371, 375, 402; R. De Roover, Il Banco Medici dalle origini al declino, Firenze 1970, p. 442; A. Verde, Lo Studio fiorentino, III, Pistoia 1977, pp. 227, 781; G.B. Picotti, La giovinezza di Leone X, Roma 1981, p. 598.