PELLEGRINO di Giovanni
PELLEGRINO di Giovanni. – Figlio di Giovanni di Antonio e di Margherita, nacque a Perugia presumibilmente nel 1397. Il nonno, Antonio di Giovanni «Iohannini de Florentia», risulta accatastato già dal 1384 tra i «forenses» di Porta San Pietro, in parrocchia di S. Maria del Mercato (Silvestrelli, 2007, [ma 2008], p. 181 n. 44, cui si fa riferimento per le notizie documentarie se non espressamente indicato). Il padre Giovanni è forse da riconoscere fra gli iscritti della matricola dell’Arte dei maestri di pietra e legname in Porta Eburnea (Ead., 2006b, p. 118).
La data di nascita di Pellegrino si desume con una certa precisione da un documento catastale risalente al 1408; in seguito alla morte del padre, il nonno materno del futuro artista, Giovanni di Pietro Corradelli, ne assunse la tutela insieme con quella del fratello Bartolomeo, dichiarando che il matrimonio della figlia era avvenuto intorno al 1396, e che i nipoti non avevano ancora raggiunto la maggiore età. Inoltre, chiedeva che fossero allibrati fra i cittadini perugini in Porta Eburnea e nella parrocchia di S. Savino. Pellegrino era ancora sotto la tutela del nonno nel 1415, quando aveva verosimilmente diciotto anni.
Nel 1424 Pellegrino si sposò con Maddalena di Giovanni, da cui sarebbe nato il figlio Cristiano, iscritto più tardi, come lo zio Bartolomeo, alla matricola dell’Arte degli orefici. Nel 1425 fu testimone a un atto insieme a Policleto di Cola Petruccioli (Gnoli, 1923).
Tra l’agosto e il novembre del 1427 si compose la vertenza con Nicolò di Martino, detentore di una delle più fiorenti aziende di commercio di cuoio a Perugia. Pellegrino aveva eseguito per lui una tavola già collocata nella cappella di S. Nicolò nella chiesa di S. Francesco al Prato. Dopo il lodo di Policleto di Cola, gli venne saldata la somma assai consistente di settanta fiorini d’oro, un’opera, dunque, importante, di cui non si hanno altre notizie.
Iscritto per Porta Eburnea nella matricola dei pittori, il 16 dicembre del 1428 fu nominato camerlengo dell’Arte. Cade nello stesso anno anche la morte del nonno, che segnò l’acquisizione di cospicui beni familiari che si aggiunsero al suo Catasto, aperto con quaranta lire nel 1408 e in continua crescita; la solida situazione economica corrisponde bene alle commissioni che Pellegrino riceveva da una prestigiosa committenza cittadina. Il 1428 è anche l’anno in cui Pellegrino firmò e datò («Peregrinus pinsit MCCC[C]XXVIII») la Madonna col Bambino e angeli e, nel fastigio, David con il salterio, oggi al Victoria and Albert Museum di Londra. Il dipinto, collocato in origine nella cappella degli Apostoli in S. Domenico a Perugia, fu commissionato con tutta probabilità a Pellegrino da Nicola di Giovanni di Benedetto, facoltoso e influente mercante perugino residente in Porta San Pietro nella parrocchia di S. Maria del Mercato, alla cui famiglia apparteneva la cappella, dotata anche di una vetrata dove compariva lo stemma familiare, lo stesso raffigurato nel dipinto in basso a destra; a questo corrisponde, sul lato opposto, il simbolo del fondaco dei mercanti, che si trovava sulla piazza Grande (Silvestrelli, 1986).
La sola tavola centrale è ricordata e descritta come un’icona «egregie picta» nella visita pastorale del vescovo Francesco Alberici del 1733 sull’unico altare della chiesa di S. Domenico a Vaiano, situata in un podere di proprietà dei domenicani di Perugia (Serafini, 1985, pp. 151-153). La chiesetta era già in abbandono agli inizi dell’Ottocento, ed è dunque probabile che il dipinto sia stato rimosso per poi essere acquistato nel 1860 dal Museo londinese (Kauffmann, 1973, p. 216).
L’opera rappresenta il punto di partenza per la ricostruzione dell’esiguo catalogo del pittore; in particolare, tutta la critica ne ha messo in evidenza la dipendenza dalla Madonna col Bambino lasciata da Gentile da Fabriano in S. Domenico di Perugia (oggi Perugia, Gallari nazionale dell’Umbria), un’opera di cui Pellegrino ripropone il trono traforato, arricchito da un’esuberante vegetazione rampicante; al contempo i due angeli azzurri con cartiglio, dipinti direttamente sull’oro di fondo, e altri due angeli graffiti e granati più in alto – evidente omaggio a Gentile – incoronano la Vergine Maria accentuando gli effetti di preziosità del dipinto.
Fu Alessandro Parronchi (1975) a identificare in Pellegrino di Giovanni, pittore perugino ricordato dai documenti raccolti dallo Gnoli (1923), il «Peregrinus» che firmava la tavola di Londra. Il medesimo studioso propose inoltre di riconoscerne la mano negli affreschi della sala delle Arti di palazzo Trinci a Foligno, convinzione ribadita in seguito anche da Luciano Bellosi (1982, p. 292), Andrea De Marchi (1992b), Filippo Todini (1989), il quale ultimo estendeva la sua partecipazione anche alle altre sale. In virtù delle notizie biografiche più sopra ricordate, è evidente che Pellegrino non può avere avuto un ruolo di primo piano nella decorazione di palazzo Trinci, eseguita all’epoca in cui l’artista non doveva avere più di quindici anni (Silvestrelli, 2006b, p. 118; Bellosi, 2009, pp. 198-200).
Tra le rare opere riconducibili a Pellegrino è il disegno a penna e inchiostro bruno su pergamena con S. Paolo e una Figura femminile seduta conservato a Berlino (Staatliche Museen, Kupferstichkabinett, inv. KdZ 5164), assegnatogli da Andrea De Marchi (1992a, p. 12), ipotesi riesaminata da Roberta Bartoli (2006). Il santo potrebbe costituire il disegno preparatorio per uno degli scomparti laterali del polittico, già ricordato, nella cappella degli Apostoli in S. Domenico a Perugia.
Si deve a Keith Christiansen (1981, p. 354) il riconoscimento a Pellegino del S. Michele Arcangelo ora nel Museum of fine arts di Boston.
Nel dipinto il bellissimo santo cavaliere è raffigurato con la spada e la lancia confitta nel corpo del demonio disteso ai suoi piedi su di un prato fiorito di pervinche – le stesse che fioriscono sul tappeto erboso ai piedi della Madonna londinese – e piccoli fiori rossi. Evidente è il riferimento al giovane re mago dell’Adorazione dipinta da Gentile, come notava Roberto Longhi (1928, p. 73), dal capo coperto da un prezioso turbante, qui costruito con un motivo decorativo che ricorda le penne di pavone, prossimo a quello inciso nell’oro della veste della Vergine di Londra.
Si può riconoscere in questa tavola una commissione ricordata nei documenti già citati da Umberto Gnoli (1923), che sembrano fornire indicazioni anche sulla provenienza dell’opera. Prima del febbraio 1435 Pellegrino aveva eseguito una tavola per la cappella di Giovanni di Martino Bontempi, da cui doveva ancora ricevere a saldo una somma relativamente modesta. Il committente apparteneva a un’illustre e antica famiglia perugina e intratteneva da lungo tempo rapporti con i predicatori; nella chiesa di S. Domenico Nuovo deteneva almeno dal 1363 la «Cappella degli Angeli» (Silvestrelli, 2007 [ma 2008], p. 177): un’intitolazione che giustificherebbe assai bene la presenza di questo S. Michele, che nella sovrabbondanza delle ali parrebbe evocare persino lo stemma familiare. Altre fonti documentarie ricordano rapporti tra il nonno di Pellegrino e i Bontempi, tutti residenti nel quartiere di Porta Eburnea e nella parrocchia di S. Savino.
Più controversa è l’attribuzione del Trittico del Farneto della Galleria nazionale dell’Umbria di Perugia, proposta e ribadita da De Marchi (1992a, p. 12; Id., 2009, p. 214), confermata da Todini (1989), ma messa in discussione da altri (Silvestrelli, 2006a, pp. 116 s.; Galassi, 2009, pp. 23 s.).
In data precedente al gennaio del 1432, Pellegrino strinse una società con un maestro di vetri di Tolone, Iacchetto Finaris, per la realizzazione di finestre di cui sembrerebbe destinatario «Iohannes de Grangia» (Silvestrelli, 2007, [ma 2008], pp. 184 s.), procuratore nella Curia romana. La notizia apre a nuove indagini, e potrebbe meglio giustificare un rinnovato incontro a Roma con l’arte dell’ultimo Gentile, come rivelano altri dettagli della Madonna di Londra, quali l’uso di lettere capitali nelle aureole. A questo proposito Carl B. Strehlke (2006, p. 684) ritiene giustamente che l’artista possa essere entrato in stretto contatto con Gentile al tempo dei lavori in S. Giovanni in Laterano. Nel 1433 Pellegrino condivideva una bottega con il pittore Giovanni di Ser Agostino di Nicolò, insieme al quale pagò fino alla fine dell’anno una pigione di dodici fiorini annui. Nel 1434 Pellegrino eseguì modesti lavori per l’ospedale della Misericordia, come una «pentura de la figura e finestra» (Silvestrelli, 2007, [ma 2008], p. 186) che stava sopra l’uscio dell’infermeria degli uomini (perduta). Dalla stessa istituzione, subentrando per alcuni mesi al defunto pittore Antonio di Cristoforo Paccanoro, aveva preso in affitto una nuova bottega, dove si stabilì dal 1° marzo 1433 insieme a Melchiorre di Matteo; si trattava di una «camera» acquisita solo qualche anno prima dall’ospedale e situata in una posizione centrale sulla piazza Grande. Il contratto di affitto che fu stipulato a suo nome dal 1° luglio 1434 per i successivi tre anni prevedeva un canone di otto fiorini l’anno.
Il 23 giugno 1435 Pellegrino dettò il suo ultimo, particolareggiato, testamento dove dichiarava fra l’altro che, Mariano d’Antonio, suo allievo, avrebbe potuto rilevare, qualora lo avesse voluto, la bottega con tutte le sue masserizie (Gnoli, 1923; Mancini, 1998, p. 70, n. 14).
Morì a Perugia il 24 giugno 1435 e fu sepolto in S. Domenico.
Fonti e Bibl.: U. Gnoli, Pittori e miniatori nell’Umbria, Spoleto 1923, p. 237; R. Longhi, Me pinxit: un S. Michele Arcangelo di Gentile da Fabriano, in Pinacoteca, I (1928), pp. 71-75; C.M. Kauffmann, Peregrinus, in Victoria and Albert Museum. Catalogue of foreign paintings, I, Before 1800, London 1973, pp. 215 s.; A. Parronchi, “Peregrinus pinsit”, in Commentari, n.s., XXVI (1975), pp. 3-13; F. Russell, Two Italian Madonnas, in The Burlington Magazine, CXX (1978), pp. 152-155; K. Christiansen, ‘Peregrinus’ and Perugian painting in the fifteenth century, in The Burlington Magazine, CXXIII (1981), pp. 353-355; L. Bellosi, La ripresa tardogotica in Toscana e a Siena, in Il gotico a Siena (catal., Siena), a cura di G. Chelazzi Dini, Firenze 1982, pp. 292-294; K. Christiansen, Gentile da Fabriano, London 1982, pp. 84, 115 s.; R. Serafini, Storia di Vaiano, Santa Maria degli Angeli 1985, pp. 150-153, 283; M.R. Silvestrelli, Un dipinto, uno stemma, una città, in Esercizi: Arte-Musica-Spettacolo, 1986, n. 9, pp. 38-40; B. Toscano, La pittura in Umbria nel Quattrocento, in La pittura in Italia. Il Quattrocento, Milano 1987, pp. 355-383; F. Todini, La Pittura umbra. Dal Duecento al primo Cinquecento, I, Milano 1989, p. 261; A. De Marchi, Un disegno lombardo di Gentile da Fabriano e una proposta per il suo seguace perugino P. di G., in Dal disegno all’opera compiuta. Atti del Convegno internazionale, Torgiano… 1987, a cura di M. Di Giampaolo, Perugia 1992a, pp. 9-17; Id., Gentile da Fabriano, Milano 1992b, pp. 123-125; L.B. Kanter, Italian paintings in the Museum of Fine Arts Boston, Boston 1994, pp. 209-211; E. Lunghi, La cultura figurativa a Perugia nella prima metà del Quattrocento e la formazione di Benedetto Bonfigli, in Un pittore e la sua città. Benedetto Bonfigli e Perugia (catal., Perugia 1996-1997), a cura di V. Garibaldi, Milano 1996, pp. 31-47; F.F. Mancini, La formazione di Benedetto Bonfigli (e alcune considerazioni sulla pittura tardogotica a Perugia), in Benedetto Bonfigli e il suo tempo. Atti del Convegno… 1997, a cura di M.L. Cianini Pierotti, Perugia 1998, pp. 59-74; A. De Marchi, Gentile e la sua bottega, in Gentile da Fabriano. Studi e ricerche, a cura di A. De Marchi - L. Laureati - L. Mochi Onori, Milano 2006, pp. 9-53; C.B. Strehlke, Lorenzo Monaco and Gentile da Fabriano, in The Burlington Magazine, CXLVIII (2006), pp. 680-684; Gentile da Fabriano e l’altro Rinascimento (catal.), a cura di L. Laureati - L. Mochi Onori, Milano 2006 (in partic.: R. Bartoli, Gentile da Fabriano e bottega o P. di G., Figura muliebre assisa, San Paolo, ibid., 2006, pp. 114 s.; M.R. Silvestrelli, P. di G. (attr.), Madonna col Bambino e angeli tra san Francesco e sant’Antonio abate, ibid., 2006a, pp. 116 s.; Ead., P. di G., Madonna col Bambino e angeli, ibid., 2006b, pp. 118 s.; Ead., P. di G., San Michele Arcangelo, ibid., 2006c, p. 120; M. Minardi, P. di G., ibid., 2006, pp. 177 s.); M.R. Silvestrelli, Perugia al tempo di Gentile. Artisti, botteghe, committenti, in Intorno a Gentile da Fabriano e a Lorenzo Monaco. Nuovi studi sulla pittura tardogotica. Atti del Convegno, Fabriano-Foligno-Firenze, … 2006, a cura di A. De Marchi, Livorno 2007 [ma 2008], pp. 169-186; L. Bellosi, Tavola rotonda, in Palazzo Trinci. Nuovi studi sulla pittura tardogotica, a cura di A. Caleca - B. Toscano, Livorno 2009, pp. 193-220; C. Galassi, Il “cantiere” di Palazzo Trinci alla luce delle recenti acquisizioni documentarie, ibid., pp. 11-48.