PELLEGRINO da Falerone, beato
PELLEGRINO da Falerone, beato. – Nacque probabilmente sul finire del XII secolo, ma nessun documento permette di circostanziare anno e luogo di nascita.
La più antica fonte narrativa relativa al personaggio – gli Actus beati Francisci et sociorum eius, compilati fra terzo e quarto decennio del XIV secolo – lo annovera come rampollo della domus Falleronis e, con Rizzerio da Muccia, lo ricorda fra gli studenti universitari di nobile ascendenza, giunti a Bologna dalla Marca di Ancona (Actus, 1995, pp. 2154 s.). Pellegrino sarebbe insomma appartenuto alla famiglia che ha il suo capostipite in Ruggero, morto prima del 1193 e detto Falerone dal castrum in cui questo ramo della progenie del comes Gibertus si era insediato (Pacini, 2005, pp. 155-158).
Nonostante lo scarto temporale, il profilo tracciato negli Actus è da ritenersi attendibile dacché nella loro accidentata e stratificata compilazione ebbe notevole parte frate Ugolino Boniscambi de Monte S. Marie (Montegiorgio, provincia di Fermo), conterraneo di Pellegrino e singolarmente legato alla famiglia comitale dalla quale lo stesso discenderebbe. Infatti nel testamento del 1342, dettato dal chierico Corrado dei signori da Falerone e giuntoci nella trascrizione di Stefano Rinaldi, Ugolino figura come fiduciario di un legato pio e consigliere degli esecutori testamentari (Accrocca, 2013, p. 543). Gli Actus costituiscono dunque l’archetipo di tutta la tradizione agiografica relativa a Pellegrino che si limita a ripeterne i connotati essenziali senza aggiungere alcun dettaglio divergente o significativo quanto alla sua biografia (Pagnani, 1968, coll. 463 s.).
Sostanzialmente coeva alla testimonianza degli Actus è la menzione di Pellegrino nel Provinciale di Paolino da Venezia; ne danno poi notizia il De conformitate, la Franceschina e i Catalogi sanctorum – rispettivamente datati 1419 e 1385-93 – traditi nei codici 23.I.60 della Biblioteca dei minori conventuali di Friburgo e Canon. misc. 525 della Bodleian Library di Oxford. Nelle fonti citate Pellegrino non viene associato all’insediamento minoritico di San Severino Marche che ne custodiva le spoglie bensì alla località di Falerone, forse a riprova di una memoria svanita con il mutamento di sede dei minori della cittadina settempedana. Il Provinciale e il Catalogus Friburgensis tralasciano i nobili natali di Pellegrino e, coerentemente, non associano alla provenienza da Falerone un riferimento dinastico, ma richiamano l’attenzione sul locus dei minori ivi presente. Le epifanie post mortem della sua virtus taumaturgica vengono omesse oppure riportate in maniera generica, avulse da qualsiasi localizzazione (Provinciale, 1892, p. 65; Delorme, 1911, p. 550; Paciocco, 1990, p. 151; Bartolomeo da Pisa, 1906, pp. 283 s. e p. 514; Oddi, 1932, pp. 79 s.).
Pellegrino studiò a Bologna il diritto canonico, che si era trasformato – in epoca ormai postgrazianea – in ius decretalium; è per questo che gli Actus e il De conformitate lo definiscono «in decretalibus eruditus» ovvero formatosi su quel diritto scaturito dall’autorità pontificia ed espresso nelle decretali. Gli stessi Actus ricordano la presenza di Pellegrino in una piazza cittadina mentre assiste alla predicazione di Francesco d’Assisi. Impossibile tuttavia avanzare con certezza una datazione del fatto, tenendo conto della reiterata presenza del santo nella città felsinea.
Celebre è in tal senso l’episodio della predica tenuta dall’assisiate il giorno dell’Assunta del 1222 nella piazza davanti al palazzo pubblico e documentata da Tommaso da Spalato, al tempo studente a Bologna (Tommaso da Spalato, 1898, p. 580).
Secondo un modello ricorrente nel primo reclutamento minoritico, la conversione e l’ingresso nella religio di Pellegrino avvennero grazie alla ricezione dei consigli dell’assisiate e in sua presenza. È in questa cornice che viene giustificata negli Actus la scelta di Pellegrino della condizione laicale quale realizzazione della via humilitatis suggeritagli da Francesco (Dolso, 2001, pp. 143 e 182).
Taciuto nei Fioretti, ma ricordato negli Actus, è il viaggio che Pellegrino avrebbe compiuto a Gerusalemme, ragionevolmente prima della cessione della stessa da parte del sultano al-Kamil a Federico II nel febbraio del 1229. Il passaggio alla città santa è descritto più secondo i termini di un pellegrinaggio – Vangeli alla mano – ai loca sacratissima Salvatoris che non come un’esperienza riconducibile alla prassi missionaria del minoritismo primitivo, già disciplinata dalla Regula non bullata e riformulata nella Regula del 1223.
In mancanza di fonti biografiche documentarie il nome stesso di Pellegrino assume, infatti, valenza agiografica come pretesto o emblema di un’itineranza non solo spirituale. Lungo questa direttrice vanno interpretati il desiderio del martirio con il viaggio in Terrasanta e la connotazione di peregrinus mundi, il cittadino del regno celeste che preferisce la precarietà della vita «in pauperibus et derelectis tuguriolis» alla visita ai nobili consanguinei (Wadding, 1931, pp. 371 s.). La frequentazione di romitori, i nobili natali e la comune esperienza del pellegrinaggio stabiliscono una contiguità tra le vicende di Pellegrino e quelle di Bernardo di Quintavalle di cui alcune delle fonti agiografiche trecentesche si servono – anche per la proposta di un orientamento identitario all’Ordine minoritico – facendo avvalorare la figura del frate marchigiano da parole attribuite al socius. Incerto è l’anno della morte di Pellegrino che, in assenza di attestazioni documentarie e fonti coeve, l’erudizione non soltanto francescana fa risalire ai primi anni Trenta del XIII secolo dividendosi poi, riguardo giorno e mese, fra il 5 settembre (Arturo da Monastero, 1653, p. 432), il 16 settembre (Mazzara, 1679, p. 459) e il 27 marzo (Bibliotheca hagiografica latina, 1900-1901, p. 963).
Ugualmente sfuggenti le vicende della salma. È verosimile che abbia trovato originariamente sepoltura nel primo luogo dei frati minori a San Severino (forse un romitorio sul monte San Vicino) e che in epoca non precisabile sia poi stata traslata nell’insediamento presso la preesistente chiesa di S. Caterina, nella parte della città detta il Castello. Solo più tardi – stando al testamento di Rinaldo di Salimbene, almeno dopo il 1286 – la chiesa avrebbe assunto il titolo di S. Francesco (Paciaroni, 2009, pp. 542-555).
Il culto di Pellegrino si rintraccia dalla metà del XV secolo. Il primo impulso alla devozione deve datarsi al maggio 1465 quando i frati conventuali di stanza nell’allora convento di S. Francesco, si rivolsero al Comune di San Severino perché finanziasse la realizzazione di una cassa «in qua poni possit corpus beati Peregrini consocii beati Francisci denuo repertum». L’urna realizzata da Antonello Indivini, padre di Domenico (v. la voce in questo Dizionario), ne avrebbe contenuto le spoglie fino al 1585, quando vennero di nuovo traslate nella disposizione descritta da Orazio Civalli nel 1594 (Riformanze consiliari [1463-1466], foll. 783r-785; Sacra Rituum, 1821, fol. 35; Civalli, 1795, p. 47). La tradizione popolare che riconosce una virtus taumaturgica al dente del frate, posto su di un reliquiario ad asticella trafugato nel 1986, è invece attestata già nel 1586 da Pietro Ridolfi da Tossignano (Paciaroni, 1983, pp. 71-73).
Il 28 luglio 1821 Pio VII riconobbe il culto ab immemorabili di Pellegrino. Dal 1865 i suoi resti sono conservati presso il santuario della Madonna dei Lumi di San Severino a seguito della demolizione della chiesa di S. Francesco.
Fonti e Bibl.: San Severino Marche, Archivio storico comunale, Riformanze consiliari [1463-1466], vol. 28, fol. 783r-785; G. Ranaldi, Santi settempedani..., VI; San Severino Marche, Biblioteca comunale F. Antolisei, ms. 154; Arturo da Monastero, Martyrologium franciscanum, Parisiis 1653, p. 432; B. Mazzara, Leggendario francescano, Venetia 1679, pp. 459 s.; O. Civalli, Visita triennale, in G. Colucci, Antichità picene, XXV, Fermo 1795, p. 47; Sacra Rituum Congregatione [...] adprobationis cultus et concessionis officii et missae de communi confessorum in honorem beati Peregrini de Falerone..., Roma 1821; Provinciale Ordinis fratrum Minorum vetustissimum, a cura di C. Eubel, Ad Claras Aquas 1892, p. 65; Tommaso da Spalato, Historia Pontificum Salonitanorum et Spalatinorum, a cura di L. De Heinemann, in MGH, Scriptores, XXIX, Hannoverae 1898, p. 580; Catalogus sanctorum fratrum minorum, a cura di L. Lemmens, Roma 1903, p. 19; Bartolomeo da Pisa, De conformitate beati Francisci ad vitam Domini Jesu, I, Ad Claras Aquas 1906, pp. 283 s., 514; F. Delorme, Catalogus friburgensis sanctorum fratrum Minorum, in Archivum Franciscanum Historicum, IV (1911), pp. 544-558; L. Wadding, Annales Minorum, I, Ad Claras Aquas 1931, pp. 371 s.; G. Oddi, La Franceschina, a cura di N. Cavanna, I, Firenze 1932, pp. 79 s.; Actus beati Francisci et sociorum eius, in Fontes franciscani, a cura di E. Menestò et al., Assisi 1995, pp. 2154 s.; Bibliotheca Hagiographica Latina, Bruxellis 1900-1901, p. 963; G. Pagnani, Pellegrino da Falerone, beato, in Bibliotheca sanctorum, X, Roma 1968, coll. 463 s.; P. Bonvicini, Il beato P. da Falerone, Falerone 1975; R. Paciaroni, Il beato P. da Falerone e il suo dente miracoloso, in Piceno, VII (1983), 2, pp. 71-76; R. Paciocco, Da Francesco ai Catalogi sanctorum: livelli istituzionali e immagini agiografiche nell’ordine francescano (secc. XIII-XIV), Assisi 1990, p. 151; M.T. Dolso, Et sint minores: modelli di vocazione e reclutamento dei frati Minori nel primo secolo francescano, Milano 2001, pp. 143-146 e 181-184; D. Pacini, Mogliano e i da Mogliano nella storia: dalle origini al sec. XVI, Fermo 2005, pp. 155-158; R. Paciaroni, I primi insediamenti francescani nel territorio di Sanseverino Marche, in Gli Ordini mendicanti (secc. XIII-XVI). Atti del XLIII Convegno di studi maceratesi..., 2007, Macerata 2009, pp. 537-559; F. Accrocca, Un santo di carta: le fonti biografiche di Francesco d’Assisi, Milano 2013, pp. 541-545.