ARTUSI, Pellegrino
Nacque a Forlimpopoli (Forlì) il 4 ag. 1820, da Agostino, soprannominato "Buratèl", di professione droghiere e benestante del paese, e da Teresa Giunchi. L'A. fu collegiale nel seminario vescovile della vicinissima Bertinoro, e poi a Bologna frequentò altra scuola, appassionandosi per i classici. Ritornato in famiglia, aiutò il padre nel suo mestiere, e fra libri e droghe condusse vita tranquilla fino ai trent'anni.
La sera del 25 genn. 1851 la banda di malfattori guidata dal famoso Stefano PelIoni, detto "il Passatore", fece irruzione in Forlimpopoli terrorizzando ed imponendo taglie di ogni sorta. Anche la famiglia Artusi ebbe a subire la violenza e il saccheggio dei briganti (una sorella dell'A. fu ferita e un'altra impazzì per il terrore). In seguito a questo episodio la famiglia Artusi decise di abbandonare quelle terre infestate dai banditi e nel 1852 si trasferì a Firenze. L'A. trovò occupazione a Livorno presso un'importante casa commerciale e, fattosi molto esperto in affari, fondò un Banco di sconto a Firenze che gli diede buon nome e ricchezza. Nel 1870, cmquantenne, l'A. si ritirò a vita privata per godere il frutto delle sue fatiche, ma non nell'ozio, giacché si diede più liberamente e con più diletto alle letture dei classici italiani (scrisse una Vita di U. Foscolo,Firenze 1878, e Osservazioni in appendice a trenta lettere di G. Giusti,Firenze 1880) e prese singolare gusto a scrivere ricette di cucina valendosi di esperienze antiche e nuove, raccolte in La scienza di cucina e l'arte di mangiare bene,1 ediz.,Firenze 1891.
L'A. non si proponeva di diventare un caposcuola in materia culinaria, e non si considerò tale anche quando poté contare tra i suoi ammiratori-scolari un Olindo Guerrini; né fu spinto a questi saggi o assaggi dalla ghiottoneria, ma semplicemente perché - e lo dichiarava scherzosamente egli stesso - amava il bello e il buono e gli ripugnava "di vedere straziata, come suol dirsi, la grazia di Dio". Delle difficoltà incontrate per pubblicare l'opera dà notizia lo stesso A. in una introduzione dal titolo significativo: "Storia di un libro che assomiglia alla storia della Cenerentola". La cosi detta Cenerentola, rifiutata da editori e quasi irrisa da letterati, camminò assai. Oggi si possono contare 62 ristampe e 451.000 copie. Pur trattandosi di un ricettario (790 ricette), con appendici ed indici che ne facilitano la consultazione il libro ha un interesse storico e letterario. In particolare per la storia del costume, poiché l'A. ha seguito la tradizione romana, italiana e paesana, avvalorandola in guisa che la ben curata cucina, privilegio di corti e ricchi, potesse diventare la tipica cucina borghese e popolare. Ed interesse letterario perché l'A., unendo all'utile il dilettevole e quasi conversando leggiadramente col lettore, adorna il suo dire di garbate citazioni, di gustosi aneddoti e di scherzosi riferimenti.
La natura aveva dotato l'A. di quella spontanea serenità che appare nella sua piacevole prosa, ed egli ne fece dono a tutti, per un più lieto vivere, a cominciare da sé stesso: morì di fatti ultranovantenne, a Firenze, il 30 marzo 1911.
Bibl.: E. Rosetti, Forlimpopoli e dintorni, Milano 1890; Il Corriere della sera, 3 luglio 1931; A. Sassi, P. A. e il "Passatore", in Valdilamone, Faenza, XI (1931), n. 3; G. Nanni, L'Artusi... Pellegrino, s'intende, in Il Rubicone,Forlì, IV (1933), n. 2; A. Spallicci, P. A., in La Piè, XXX(1961), pp. 202-207; C. Belloni, Dizionario storico dei banchieri italiani, Firenze 1951, ad vocem.