pelago
Il latinismo, nel senso proprio di " mare profondo ", è usato in due similitudini della Commedia: If I 23 quei che... / uscito fuor del pelago a la riva, si volge a l'acqua perigliosa, " espressione passata in sentenza: impietrata, per dirla col De Lollis, e immutabile nella sua iunctura " (Mattalia), e Pd XIX 62 com'occhio per lo mare... / che, ben che da la proda veggia il fondo, / in pelago nol vede, " ubi mare est profundum " (Benvenuto).
Il senso figurato del termine è documentato in contesti metaforici relativi alla navigazione, assunta a figura dell'operare dello scrittore, secondo uno schema retorico diffuso nella letteratura latina e medievale e spesso impiegato da D., in particolare nella Commedia (cfr. E.R. Curtius, La Littérature européenne et le Moyen Age latin, Parigi 1956, 157-161): Cv I IX 7 lo pelago del loro trattato; II I 1 dirizzato l'artimone de la ragione a l'òra [aura, vento] del mio desiderio, entro in pelago con isperanza di dolce cammino; Pd II 5 non vi mettete in pelago, ché forse, / perdendo me, rimarreste smarriti, " idest in profunda et difficil materia " (Landino): " passa dal mare chiuso all'oceano " (Chimenz); cfr. il v. 13 l'alto sale.
Il sostantivo è usato una volta al plurale, nel senso di " bacino profondo ", in Pg XIV 52 [la valle dell'Arno] Discesa ... per più pelaghi cupi, cioè i " bacini incassati e profondi (cupi), per cui scorre il fiume nel Valdarno inferiore, dopo Signa, e in particolare alla gola detta Pietra Golfolina " (Sapegno): " L'idea di profondità è già in pelaghi, ma l'aggiunta di cupi fa, per così dire, più profondo e cupo " (Mattalia).