PELAGIO I papa
Romano, fu consacrato papa il 16 aprile 556, morì il 3 marzo 561. Fino dal tempo del pontificato di Agapito, P. appare come uno dei personaggi ecclesiastici più in vista in quel momento. Apocrisario del papa a Costantinopoli, ha una parte notevolissima nell'elezione e quindi nella dichiarazione di decadenza del patriarca Paolo di Alessandria; come anche nella condanna dell'origenismo formulata da Giustiniano nel 543. Delineatasi la polemica dei Tre capitoli (v. tre capitoli) e recatosi papa Vigilio (v.) a Costantinopoli, a P., ritornato a Roma, rimase in mano il governo di fatto della Chiesa romana, in un momento criticissimo per lei. I Goti di Totila, giunti alle porte di Roma, avevano stretto d'assedio la città malamente difesa dal presidio bizantino. P. elargì il suo patrimonio personale per soccorrere i concittadini stremati dall'assedio; si recò persino a parlamentare con Totila e, quando i Goti furono padroni della città, seppe evitare col suo energico contegno che i Romani subissero altri danni oltre quelli del saccheggio. Recatosi (547) a Costantinopoli quale messo di Totila, P. dovette incontrarvi Vigilio. Da allora in poi (non è peraltro possibile seguire le mosse di P. fra il 547 e il 551), è facile riconoscere, pur nell'incerto atteggiamento di Vigilio, l'opera attiva spiegata a Costantinopoli da P. per evitare che il papa sanzionasse ufficialmente la condanna dei Tre capitoli: non è anzi ipotesi arrischiata ritenere che il constitutum di Vigilio (553) sia stato redatto personalmente da P. Quando (26 febbraio 554) Vigilio s'indusse a dichiararsi a favore della condanna, P., giudicato da Giustiniano vero pernio della resistenza, era stato già da tempo arrestato.
È databile ai primi mesi del 554 uno scritto (in sei libri) di P. In defensionem trium capitulorum nel quale la condotta di Vigilio era apertamente riprovata. Lo scritto, redatto da P. in carcere, ci è stato conservato mutilo in un manoscritto della biblioteca di Orléans segnalato da L. Delisle. L. Duchesne riconobbe in esso l'opera di P., lo trascrisse e ne diede ampia notizia del contenuto. Di recente R. Devreesse ne ha dato l'edizione (Pelagii diaconi ecclesiae romanae in defensionem trium capitulorum, in Studi e Testi della Biblioteca Vaticana, LVII, Città del Vaticano 1932).
Morto Vigilio (7 giugno 555), Giustiniano scelse P. a succedergli: si può pensare che questa scelta sia stata preceduta, per parte di P., dall'accettazione della condanna dei Tre capitoli. Certo questo fu il motivo per il quale P. fu accolto dai Romani e, in genere, dall'episcopato occidentale, con diffidenza e ostilità. Non fu facile trovare due vescovi disposti a consacrarlo: nonostante la protesta, formulata davanti a tutto il popolo romano, di non avere mai tradito la fede consacrata a Calcedonia, P. dovette in seguito più volte giustificare la sua condotta di fronte alle accuse reticenti e palesi che ad esso si muovevano (si ricorda in particolare la professione di fede da lui rilasciata, a richiesta, a Childeberto re dei Franchi), e dovette perfino ricorrere a Narsete per vincere la resistenza vera e propria dei vescovi del nord d'Italia. Di fronte alle accuse d'incoerenza finì per rinnegare la sua stessa difesa dei Tre capitoli. Al pontificato di P., e in stretta relazione con l'atmosfera di ostilità che lo caratterizza, rimonta l'origine dello scisma aquileiense (v. aquileia; paolino d'aquileia).
Bibl.: Ph. Jaffé, Regesta, I; L. Duchesne, Liber Pontificalis, I, Parigi, p. 303; id., Vigile et Pelage, in Revue des questions historiques, XXXVI (1884), pp. 369-440; XXXVII (1885), pp. 579-593; id., L'Église au VIme siècle, Parigi 1925, pp. 155-238; R. Devreesse, introd. (pp. i-liii) all'ed. cit.; id., in Dictionnaire de théologie catholique, XII, Parigi 1933, coll. 660-669.