pelagianesimo
Movimento ereticale iniziato dal monaco bretone Pelagio (n. 354 ca.-m. 427 ca.). Pelagio si trovava a Roma sullo scorcio del sec. 4°, ma abbandonò poi la città (410: sacco di Alarico) con il monaco e discepolo Celestio; rifugiatisi in Africa furono accusati di eresia dal diacono milanese Paolino e la loro dottrina fu condannata da un concilio a Cartagine (411). La dottrina di Pelagio è moralismo ascetico-stoico: l’uomo con le proprie forze morali può osservare i comandamenti di Dio e salvarsi; la grazia gli è data soltanto per facilitare l’azione e non è un dono interiore che illumina, trasforma e rafforza l’uomo, ma è solo un fatto esterno che opera a modo di esempio, come il Vecchio Testamento, il Nuovo, la vita e l’insegnamento di Gesù. Ne conseguiva una negazione del peccato originale, della necessità del battesimo, dell’efficacia della penitenza. Il p. fu combattuto soprattutto da s. Agostino (412-415) che, in questa polemica, venne chiarendo la sua dottrina della grazia e del libero arbitrio, orientata nel senso profondamente pessimistico dell’Ambrosiastro. Assolto in Oriente, facendo leva su certi aspetti platonici e ottimistici della teologia orientale, Pelagio fu poi di nuovo condannato (Concilio di Cartagine, 418; Concilio ecumenico di Efeso, 431). L’imperatore Onorio bandì dall’Italia i pelagiani e in seguito anche in Oriente Teodosio II li espulse da Costantinopoli. La controversia dottrinale però continuò con il cd. semipelagianesimo: Giuliano di Eclano attaccò Agostino sulla dottrina del peccato originale e della concupiscenza, e dopo i monaci di Adrumeto (426-427) insorsero quelli di Marsiglia e Lérins. Rivendicando alla libertà dell’uomo un proprio e autonomo valore, essi ritenevano che l’initium fidei, il primo desiderio di salvezza, potesse venire dall’uomo senza l’aiuto di Dio, e che la perseveranza finale non fosse un nuovo dono gratuito; Agostino si difese con numerosi scritti e altri in Gallia intervennero. La dottrina dei monaci marsigliesi continuò a opera di Vincenzo di Lérins (434), Arnobio il Giovane (450 circa), Fausto di Riez (474-475), mentre in Africa la dottrina di Agostino fu autorevolmente sostenuta dal vescovo Fulgenzio di Ruspe. In Gallia furono più numerosi i sostenitori del semipelagianismo. Il concilio radunato a Orange (529) formulò in 25 canoni la dottrina cattolica sulla grazia contro pelagiani e semipelagiani: ferme l’impossibilità per l’uomo di meritare la grazia e la necessità assoluta di questa anche per l’inizio della fede e la perseveranza nelle buone opere, affermato il libero arbitrio, anche se non è più sufficiente perché l’uomo possa sollevarsi da solo a Dio e al bene, furono condannate una predestinazione incondizionata e una predestinazione al male. Papa Bonifacio II (530) approvò le definizioni del concilio. La controversia finì per allora, ma i suoi motivi tornarono nelle polemiche protestanti, baiane e gianseniste.