PEITHO (Πειϑώ)
È la dea greca della persuasione, il nome è stato tradotto dagli autori latini con Suada e Suadelo; deriva dal verbo greco πείϑειν (persuadere, convincere), lo si incontra raramente come appellativo, sovente come personificazione.
P. agisce in tutti gli ambienti in cui occorra un discorso logico (basato su argomenti), è chiaro quali siano i suoi due principali campi d'azione: la vita pubblica dei cittadini e il mondo di Afrodite. In questo senso l'azione di P. fu considerata demoniaca e anche fatale, ma sempre corrispondente al suo carattere, opposto alla semplice violenza. Ciò è confermato dall'accostamento tipicamente greco di P. alle Canti, ampiamente e precocemente testimoniato nel culto, nell'arte figurativa e nella poesia (Hesiod., Op., 73; Ibyk., fr., 8 D; Pindar., fr., 123, 14 Snell). Nell'età ellenistica P. fu anzi identificata con una delle Canti (Paus., ix, 35, 5). La grazia propria alle Canti è evidente anche nelle rappresentazioni figurate della dea.
Nei poemi omerici non compare P., ma la si incontra già in Esiodo e nei lirici. Il primo frammento di Saffo conservatosi integro ne rivela nel modo più bello la natura e la funzione: P. rende possibile l'impossibile, conduce la renitente all'amore. Tra i tragici è particolarmente Eschilo che ne descrive con acutezza la natura, tanto se agisce nel mondo di Afrodite (Ag., 385) quanto in modo particolare nella vita pubblica (Eum., 885 s.; 970 ss.): a P. si richiama Atena nel suo discorso all'areopago e con il suo aiuto sopraffà l'ira delle Erinni (Petersen, 21). P. ha una parte importante anche in Euripide, vi si nota il diffondersi della retorica sofistica. Non a caso quindi Aristofane (Ran., 1391 ss.) fa discutere nell'Ade i due tragici sulla potenza e i limiti di Peitho. Gli insegnamenti dei retori minacciavano di ridurre a mera tecnica l'essenza originariamente demoniaca. D'altra parte, proprio il tardo sec. V a. C. presenta gran copia di importanti raffigurazioni di P. nelle arti figurative: proprio il riconoscimento preciso dei limiti di P. fece sorgere una nuova concezione del suo carattere. Secondo il campo in cui essa svolge la sua attività, P. viene genealogicamente collegata a concezioni politiche, quali Tyche e Eunomia (Alkman., fr. 44 D) o ad Afrodite (Saffo; Schol. Hes., Op., 74; Aisch., Suppl., 1039). Si tratta tuttavia sempre della stessa figura divina, ed è inutile volerne scindere, come fa Weizsäcker (op. cit, 1795 ss.) l'essenza in varie personalità. Vi è inoltre una circostanza in cui concordano istituzioni dello stato e mondo di Afrodite: il matrimonio. Proprio in questo P. assume una funzione importante, persuade la sposa allo abbandono di se stessa. Perciò già gli antichi, secondo Plutarco (Coniug. praec., 138 D), hanno venerato P. insieme con Afrodite, Hermes e le Cariti come una divinità nuziale: lo confermano tradizioni culturali e rappresentazioni artistiche. Su vasi del tardo sec. V a. C. - generalmente doni nuziali - P. compare, oltre che accompagnata da tipiche personificazioni dell'ordine statale, per esempio Eucleia e Eunomia, anche a seguito di Afrodite (cfr. Hampe, in Röm. Mitt., lxii, 1955, p. 120 ss.).
In un intera serie di località greche (Deubner, 2138 s.; Voigt, 194 ss.) fu tramandato il culto di P. tanto nelle sue manifestazioni private quanto pubbliche fin dalla prima età arcaica, fornendo una delle migliori testimonianze contro la "pallida figura" della dea che i lessici si compiacciono di presentare. Nel carattere del suo culto si affermano chiaramente le sue due funzioni capitali. Nell'ambiente proprio ad Afrodite può fondersi in un'unica personificazione con la dea dell'amore: Afrodite-P. (Voigt, 197; cfr. I. G., ix, 2, 236). Afrodite può ricevere nel suo santuario doni votivi destinati a P. (I. G., ii, 5, 1558 b: base con iscrizione votiva per P., proveniente dal santuario di Afrodite in Dafni). In Atene P. divideva con Afrodite Pàndemos un santuario sulle pendici orientali dell'Acropoli, fondato, secondo la leggenda, da Teseo dopo il sinecismo dell'Attica (Paus., i, 22, 3). All'epoca di Pausania i vecchi simulacri esposti al culto erano stati sostituiti da nuovi, opere di "artisti certo non sconosciuti". Si trattava di statue sedute (ἕδη), come risulta da una decisione dell'epoca dell'arconte Euthios (287-86 a. C.) (Bull. Corr. Hell., xiii, 1889, p. 162 ss.; Voigt, 198). In Atene inoltre P. otteneva annualmente, insieme con le altre divinità ufficiali, un sacrificio (Isokr., Or., 15, 249; Dem., Prooem. or., 54, p. 1460). Il suo sacerdote aveva diritto ad un sedile nel teatro di Dioniso (C.I.A., iii, 351). Nel tempio di Afrodite Pràxis a Megara stava una statua di P. di mano di Prassitele (Paus., i, 43, 6; J. Overbeck, Schriftquellen, 1248). Nell'Argolide P. era strettamente connessa con l'ordine statale, e i suoi rapporti con Afrodite passavano in seconda linea, eccettuato per il culto di Urania a Corinto (cfr. Pindar., fr., 122 Snell). Vi veniva anche considerata consorte di Foroneo (Schol. Eur., Phoen., 1123), che si credeva il primo fondatore di uno stato in quella regione. Il suo culto veniva unito a quello di Apollo e Artemide, anzi in Argo sorgeva un santuario dedicato ad Artemide P., fondato dopo una vittoria in una polemica legale (Paus., ii, 21, 1). All'epoca di Pausania (ii, 7, 7) non vi era alcun simulacro cultuale nel suo santuario di Sicione, ma era ancora in uso l'antica processione durante la quale le statue di Apollo e di Artemide venivano portate nel santuario di Peitho. Sintomatico il fatto che accanto sorgesse la casa del tiranno Cleonte, che servì in seguito di luogo per il culto degli imperatori romani (Paus., ii, 8, 1), i nuovi rappresentanti dell'ordine statale.
Fra le isole, nelle quali era diffuso il culto di P., va nominata per prima Lesbo, la patria di Saffo. Una prescrizione che regola i sacrifici vi attesta l'esistenza di un altare comune dedicato ad Afrodite-P. e a Hermes (I. G., xii, 2, 73; Corntz-Bechtel, i, 293). Quest'iscrizione risale all'età ellenistica, ma il culto era certamente anteriore, poiché già Saffo mette in relazione queste tre divinità. A Paro e a Thasos il culto di P. risale al primo periodo arcaico, su entrambe le isole il culto della dea era unito a quello delle Cariti. Quando Thasos, circa il 68o a. C., trasportò coloni a Paro, vi portò anche i culti proprî e si può quindi ritenere per certo che anche in questa isola P. venisse venerata insieme con le Cariti sin dal sec. VII a. C. Sono questi i più antichi culti greci di P. di cui ci sia giunta notizia. Esso era collegato al Pritaneo, sede dell'ordine statale (Rubensohn, in Pauly-Wissowa, xviii, c. 1845 ss.; Pouilloux, Études Thasiennes, 3, 1954, p. 333 ss., 337; 340 ss.). Risulta così errata l'opinione del Nilsson che il culto di P. sia da considerare un fenomeno piuttosto tardo (v. in Eranos, 50, 1952, p. 34).
Nessuna traccia è rimasta del suaccennato simulacro di P. in Atene e della statua di Prassitele in Megara; in linea generale non ci sono giunte statue di P., bensì solo la base di una sua statua votiva proveniente dai dintorni di Olinto, che risale ai secoli II-I a. C. e l'altra, già citata, proveniente dal santuario di Afrodite in. Dafni.
G. M. A. Richter ha pubblicato un rilievo in avorio del 650-625 a. C., interpretando come Afrodite e P. le due figure muliebri che vi sono rappresentate. Accettando questa tesi si avrebbe la prima rappresentazione plastica di P., questa interpretazione urta contro molti argomenti contrari. Le due donne raffigurate sono in atto di svestirsi, cosa incomprensibile per Peitho. Metodologicamente giustificata è invece l'identificazione di P. sui rilievi, ora al Louvre, della prima metà del sec. V a. C., provenienti dal Pritaneo di Thasos. Il primo rappresenta Apollo Citaredo, incoronato da una dea e tre ninfe. Assai probabile che la dea, come suppone Rubensohn, sia P., essendo essa unita alle Cariti nel culto tasiopario. Un rilievo del periodo classico con una rappresentazione di P. è sicuro, ma non conservato: sulla base di Zeus in Olimpia era stata rappresentata da Fidia la nascita di Afrodite (Paus., v, 11, 8); Eros accoglieva la dea sorgente dalle acque e P. l'inghirlandava, faceva quindi parte del gruppo centrale della base; vicino stavano Charis ed Hermes. Pausania riconobbe P. certo da un iscrizione. Nel rilievo proveniente da Galaxidi, ora al Louvre, che rievoca la scena di Fidia, la figura di Afrodite è pure accompagnata dal nome della dea. A buon diritto sono state identificate con Afrodite e P. due dee con Eros tra di loro, del fregio orientale sul tempio di Atena Nike; gli studiosi hanno rinunciato giustamente a cercare P. tra le divinità del timpano e del fregio orientale del Partenone. Nei dintorni di Cnido è stata trovata una stele votiva frammentaria, probabilmente del tardo sec. IV a. C. con due dee vestite; tra di loro si legge un'iscrizione dedicata ad Afrodite e a P.; si può quindi ritenere come cosa sicura l'identificazione di P. e di Afrodite con le due divinità. Un'iscrizione attesta che la figura di P. si trova nel noto tipo di rilievo neoattico con la scena della persuasione di Elena: P. siede in alto su di un pilastro, dominando il gruppo formato da Elena e Afrodite. Ha sul capo il pòlos, con la sinistra tira il velo sul viso, la destra poggia su un uccellino. Secondo W. Fuchs il pilastro con P. sarebbe un'aggiunta neoattica.
Le scarse fonti tramandateci sulla pittura greca monumentale non dànno alcuna notizia intorno a raffigurazioni di Peitho. È molto problematico voler riconoscere P. in qualche figura della pittura parietale pompeiana e romana. Fra le rappresentazioni della pittura vascolare citeremo solo quelle in cui la presenza di P. è garantita da un'iscrizione.
Ratto e restituzione di Elena: la parte assunta da P. in questa circostanza, ricordata anche da Eschilo (Ag., 385), è stata trattata dettagliatamente da Ghali-Kahil (cfr. indice p. 336, s. v. P. e particolarmente p. 252 ss.). Su tre vasi possiamo riconoscere sicuramente P.: sullo sköphos di Boston, sull'anforisco di Berlino e sulla brocca vaticana. Gli ultimi due vasi citati risalgono al 420 a. C. circa, lo sköphos di Makron invece al 490-80. Vi si vede la prima certa rappresentazione di P. nell'arte greca; la dea veste il chitone e lo himàtion ed ha una benda tra i capelli, nella mano destra sollevata tiene un fiore, sta dietro Afrodite che, insieme con Eros, vuol convincere Elena a seguire Paride a Troia. Mentre Elena sembra abbandonarsi passivamente al proprio destino, nell'anforisco di Berlino la scena della persuasione dell'eroina è piena di tensione: essa siede, tutta presa dai proprî pensieri, sulle ginocchia di Afrodite. Le sta dietro P., come un'ancella, in peplo e cuffia, con una cassetta in mano. L'altro lato dello sköphos di Boston presenta la scena con Elena riconquistata da Menelao nel sacrario di Apollo. Afrodite stende un braccio protettore sulla donna, P. non appare. Tanto più ci stupisce ritrovarla nella stessa scena sulla brocca del Vaticano. Elena, scomposta, cade davanti al simulacro di Atena, tra Elena e l'inseguitore compare maestosa Afrodite. Essa invia Eros, munito di una collanina contro l'irato guerriero, disarmato dall'epifania della dea; la sua spada cade a terra. P., sull'orlo di sinistra della scena, ne distoglie lo sguardo, in mano ha un viticcio. Poiché essa non compare nell'analoga scena sulle metope settentrionali del Partenone (Ghali-Kahil, p. 91 ss.), la si è ritenuta una aggiunta del pittore vascolare, che, per di più, la avrebbe situata in un posto sbagliato. Essa avrebbe dovuto stare dalla parte di Elena, fissandola al di sopra dell'ornamento dell'ansa del vaso. Spiegazione forzata e certo non più convincente di una più vecchia, secondo la quale P. avrebbe tentato di persuadere Menelao e non essendovi riuscita, se ne allontana (Weizsäcker, 1801). Come se fosse stato quello il momento e il luogo per svolgere un'azione persuasiva! Non già i discorsi, l'azione interessa. Basta uno sguardo a far cambiare opinione a Menelao. L'atteggiamento di P. - composizioni così aperte si trovano spesso nella pittura classica - rivela appunto che qui essa non ha niente a che fare; Afrodite ed Eros agiscono in questo caso senza di lei. Si ripensi alle discussioni proprie a quel periodo sulla potenza e i limiti di P.; inoltre brocche sul tipo di quella vaticana erano generalmente prodotte a coppia, come pezzi di riscontro. Forse l'altra brocca scomparsa ci presentava, come lo sköphos di Boston, il ratto di Elena e P. al culmine delle sue funzioni.
Nascita di Afrodite: pisside del Pittore di Pentesilea, Ancona: P. porge ad Afrodite una coppa, in segno di saluto, mentre Charis pone un mantello sulle sue spalle. Se ne deduce che nell'hydrìa di Genova la dea che compie lo stesso gesto sia Charis. Nessuna riproduzione su vasi della P. che incorona Afrodite sorgente dalle acque, eseguita da Fidia, è giunta sino a noi.
Ratto delle Leucippidi: hydrìa di Londra, del Pittore di Meidias: in un sacrario dedicato ad Afrodite i Dioscuri rapiscono le figlie di Leucippo. Afrodite siede pacata accanto al proprio altare seguendo l'azione, mentre la sua ancella P. fugge atterrita verso la destra. Essa non partecipa all'azione tanto qui quanto nella suaccennata brocca vaticana. Il ratto delle fanciulle è un atto di violenza, non già di persuasione e anche negli autori più antichi P. si oppone sempre alla violenza. Ma il regno di Afrodite è più ampio, più comprensivo del mondo limitato in cui si muove Peitho. Non farà maraviglia se in molte immagini di quest'epoca e proprio di questo pittore essa diventa una delle tante graziose personificazioni al seguito di Afrodite.
Corteo di Afrodite, piccola hydrìa di Londra E 222: su una roccia siede Himeros con una bacchetta nella destra (fiaccola o bastoncino per trucco ?). Gli sta di fronte P. con una coppa al di sopra della quale pende, a quanto sembra, un recipiente per unguenti. Evidentemente P. e Himeros attendono la sposa, per adornarla e accompagnarla. Questa scena, che risale circa al 440 a. C., appare isolata nella propria epoca, mentre se ne riscontra una gran quantità alla fine del sec. V. La serie indicata potrebbe certo venir ampliata (v. opere citate).
Tra le numerose rappresentazioni vascolari dell'Italia meridionale sulle quali si è voluto riscontrare la presenza di P. questa è garantita da un'iscrizione soltanto su un cratere àpulo a volute del tempo di Alessandro, oggi a Leningrado: vi si vede la spedizione di Trittolemo e le rive del Nilo, a destra Afrodite con Eros e P., che ha il piede destro sollevato.
Sui vasi attici ricordati dell'età di Meidias appare sempre unita a P. un'Afrodite seduta; anche P. sta spesso seduta (cfr. particolarmente l'ònos del Pittore di Eretria in Atene, in Ephemeris, 1897, tav. 10, 1): questa constatazione richiama alla mente i simulacri cultuali, entrambi seduti, di Afrodite Pàndemos e P., che si trovavano sul pendio occidentale dell'Acropoli, come sappiamo dagli antichi. La celebrazione delle feste in onore delle due dee si accompagnava a una processione e a un bagno cultuale. La vegetazione riprodotta sui vasi s'intona a quella delle pendici dell'Acropoli. Il Langlotz pensa ad Afrodite Urania, ma le fonti letterarie non specificano che fosse seduta. Anche le scene del bagno, ripetute spesso sui vasi raccolti dal Langlotz, si possono facilmente ricollegare al bagno cultuale della Pàndemos e di Peitho. Così vanno interpretate le scene vascolari e non poste in relazione con l'Urania.
Monumenti considerati. - Base di statua votiva, Olinto: Robinson, in Am. Journ. Arch., xxxvii, 1933, p. 602 ss. Rilievo in avorio: G. M. A. Richter, ibid., 1945, p. 261 ss.; cfr. F. Matz, in Marburger Winckelmann-Progr., 1948, p. 3 ss.; R. Hampe, in Gnomon, xxii, 1950, p. 337 L. B. Ghali-Kahil, Les enlèvements et le retour d'Hélène, Parigi 1953, p. 77, n. 3. Rilievi del Pritaneo di Thasos, Louvre: Rubensohn, in Pauly-Wissowa, xviii, e. 1845 ss.; J. Pouilloux, in Études Thasiennes, 3, 1954, p. 333 ss., 337, 340 ss.; M. P. Nilsson, in Eranos, 50, 1952, p. 34; Ch. Picard, Manuel, ii, p. 89, fig. 41; p. 91 ss., fig. 42 ss. Rilievo del fregio orientale del tempio di Atena Nike, Atene: C. Blümel, Der Fries des Tempels der Athena Nike, Berlino 1933, tav. 8, 1. Stele votiva, Cnido: Ann. British School Ath., 47, 1952, p. 190, tav. 40 c. Rilievi neoattici con la persuasione di Elena: L. B. Ghali-Kahil, op. cit., p. 225 ss., tav. 34 s.; W. Fuchs, Die Vorbilder der neuattischen Reliefs, p. 137: Zutat der Neuattiker.
Pittura: P. Weizsäcker, in Roscher, c. 1803 s. Ratto e restituzione di Elena nella pittura vascolare: L. B. Ghali-Kahil, op. cit., cfr. indice 336, s. v. Peitho, specie p. 252 ss. Sköphos di Boston: Furtwängler-Reichhold, tav. 85; L. B. Ghali-Kahil, op. cit., tav. 4; J. D. Beazley, Red-fig., p. 301, 1 (Makron). Anforisco di Berlino: Furtwängler-Reichhold, tav. 170, 2; L. B. Ghali-Kahil, op. cit., tav. 8; J. D. Beazley, op. cit., p. 738, 1 (Pittore di Heimarmene). Brocca vaticana: Furtwängler-Reichhold, tav. 170, 1; L. B. Ghali-Kahil, op. cit., tav. 66. Nascita di Afrodite: pisside del Pittore di Pentesilea, Ancona: Arch. Anz., 1941, p. 450 ss., fig. 51 ss.; E. Simon, Geburt der Aphrodite, p. 40 ss.; J. D. Beazley, op. cit., p. 588, 113. Hydrìa di Genova: E. Simon, op. cit., p. 45, fig. 28. Ratto delle Leucippidi: hydrìa di Londra: Furtwängler-Reichhold, tavv. 8-9; G. Becatti, Meidias, tav. 1; J. D. Beazley, op. cit., p. 831, 1. Corteo di Afrodite: piccola hydrìa di Londra: C.V.A., Gr. Brit., 365, 5; J. D. Beazley, op. cit., p. 681, 62 (Polygnotos), materiale figurativo: E. Langlotz, Aphrodite in den Gärten, Heidelberg 1954; G. Becatti, op. cit. Una serie di questa scena è trattata da R. Hampe, in Röm. Mitt., lxii, 1955, p. 119 ss.; H. Metzger, Repr. dans la Céramique Att. du IV siécle, p. 18 ss. Lèkythos di Kansas City: J. D. Beazley, op. cit., p. 725, 6 (Pittore di Eretria; P. Eunomia, Paidia, Antheia). Ònos di Atene, Museo Naz.: J. D. Beazley, op. cit., p. 726, 27 (Pittore di Eretria; P. e Afrodite siedono di fronte, Eros, Harmonia, Kore, Hebe, Himeros). Pelìke di New York: J. D. Beazley, op. cit., p. 832, 6 (Pittore di Meidias; P. siede dietro ad Afrodite, Muse e Musaios). Lèkythos di Londra: J. D. Beazley, op. cit., p. 833, 10 (Pittore di Meidias; P. mette dei rami in un cesto di sacrifici dietro ad Afrodite, presenti Eunomia, Paidia). Pisside di New York: J. D. Beazley, op. cit., p. 840, 86 (del tipo del Pittore di Meidias: P. porta, come un'ancella, una cassetta di monili ad Afrodite seduta; presenti sono Hygieia, Daimonia, Paidia, Eukleia, Aponia). Vasi attici non riportati dal Beazley: piccola hydrìa Tillyard: Hope, Vases, tav. 15, n. 114, identico con Voigt, p. 215, 2; i numeri 3 e 4 non sono identificabili e non è sicuro se la presenza di P. vi fosse attestata da un'iscrizione; Lenormant-de Witte, El. Cér., vi, tav. 25. Lèkythoi a ghianda, quasi identiche, già in collezione privata, Atene: una con iscrizione: Afrodite, P., Hygieia, Tyche, Harmonia: Voigt, op. cit., p. 214 sotto, n. 1; G. Körte, in Arch. Zeit., 37, 1879, p. 95 ss. Aröballos, già in Atene: P. Weizsäcker, op. cit., c. 1803, fig. 4 (Afrodite, Eros, P. e Pan assistono ad una lotta tra Peleo e Teti). Vaso àpulo da Ruvo, ora a Leningrado: L. Stephani, Vasensammlung der Ermitage, i, p. 162 ss., n. 350, in Compte Rendu, 1862, tav. 4.
Bibl.: Deubner, in Roscher, III, 1897-909, c. 2138, s. v. Personifikationen; O. Jahn, Peitho, Greifswald 1846; E. Petersen, Zur Geschichte der Personifikation, Würzburg 1939, p. 22 ss.; E. Pottier, in Dict. Ant., IV, i, p. 369; L. Radermacher, in Österr. Jahresh., XXIX, 1935, p. 93 ss.; Weizsäcker, in Roscher, III, 1897-909, c. 1795 ss., s. v.; Voigt, in Pauly-Wissowa, XIX, 1937, c. 194 ss.; F. W. Hamdorf, Kultische Personifikationen, Dissert., Heidelberg 1961.