PEEL, Robert, Sir
Uomo politico inglese, nato a Chamber Hall, presso Bury (Lancashire), il 5 febbraio 1788, morto a Londra il 2 luglio 1850. Fu tra i più eminenti uomini di stato britannici della prima metà del sec. XIX, e nel decennio 1840-1850 virtualmente dominò la vita parlamentare e politica inglese. Si formò fin dall'adolescenza all'attività pubblica, sia perché la vita politica era tradizionale nella sua famiglia, sia perché l'educazione che gli venne impartita mirò appunto a prepararlo a tale attività. Entrato giovanissimo, a 21 anno, nella Camera dei Comuni, militò tra le file del partito tory, che era allora al potere; e già dal 1810 si affermò come la maggiore speranza del partito, tanto che fu subito chiamato a far parte del governo, in qualità di segretario di stato alla Guerra e alle Colonie. Sembrò allora che in lui continuasse la tradizione gloriosa e feconda di Pitt il Giovine, anch'egli assunto giovanissimo alle più alte cariche pubbliche.
Il P. si trovò così in prima linea negli anni decisivi della storia politica e sociale inglese del sec. XIX: quelli della vittoria contro Napoleone e della successiva crisi economica e politica del periodo tra la riforma elettorale del 1830-1832 e la riforma doganale del 1846-1850 (v. inghilterra: Storia). In quegli anni il P. riuscì a farsi notare per una sua particolare linea politica in seno al partito tory, che pur contava uomini come il Castlereagh e il Canning e aveva come idolo il vincitore di Napoleone, lord Wellington. Tale linea politica era caratterizzata dalla convinzione che il vecchio partito dovesse svincolarsi dall'eccessivo irrigidimento nelle tradizioni e adattarsi alle riforme richieste dai tempi.
Cominciò egli stesso ad applicare in modo clamoroso siffatta convinzione nel 1828-29, quando, dopo essere stato, in omaggio alle tradizioni del partito, tra gli avversarî della legge di emancipazione dei cattolici, riconobbe l'opportunità della riforma, e presentò egli stesso e fece approvare, nella sua qualità di ministro dell'Interno del gabinetto presieduto dal Wellington, il progetto di legge che sanzionava l'emancipazione. Questa conversione del 1829 può dirsi il preannuncio dell'altra, ancor più clamorosa, che il P. doveva compiere nel 1846, quando, dopo essere stato risoluto avversario delle concezioni liberiste di Richard Cobden, si associò a lui per far giungere in porto la legge d'abolizione del dazio sui cereali, primo e insieme decisivo colpo di piccone all'edificio del protezionismo inglese. Nel frattempo, scomparsi il Castlereagh e il Canning, il P. era salito alla posizione di capo-partito e di primo degli uomini politici inglesi, attraverso una ascesa caratterizzata da abilità e fermezza e coronata da pieni successi.
Era riuscito a costituire, sullo sgretolamento del vecchio partito tory, susseguito alla riforma elettorale del 1830-1832, il partito conservatore da lui concepito come un organismo politico capace di adeguarsi tempestivamente alle necessità dei tempi nuovi. La sua iniziativa in questo campo ebbe la pronta e fervida adesione dei migliori e più promettenti fra i giovani uomini politici, quali il Disraeli e il Gladstone (1837). Riuscì a contenere le velleità di potere personale manifestate dalla giovine regina Vittoria all'inizio del suo regno, esigendo e riuscendo ad ottenere l'allontanamento dalla corte di alcune dame d'onore troppo legate agli uomini del ministero Melbourne, del quale nel 1839 aveva preso la successione. E riuscì a vincere gravissime difficoltà anche nel campo economico-finanziario, eliminando dal bilancio britannico il disavanzo che era diventato cronico dall'epoca delle guerre napoleoniche e facilitando con ciò quel rifiorimento economico di cui l'Inghilterra cominciò a beneficiare verso la metà del sec. XIX.
Coronamento degno di tale carriera fu nel 1846 la già accennata adesione alle concezioni liberiste di R. Cobden, adesione che costò al P. la defezione di una parte dei suoi seguaci e la perdita del potere nel giugno 1847. Ma prima di lasciare il governo egli aveva condotto in porto la legge d'abolizione del dazio sui cereali: con questo provvedimento, al quale il P. fu indotto soprattutto dalle gravissime conseguenze della carestia di patate, il P. aprì la via liberista che i suoi successori non poterono esimersi dal seguire, tanto che nel 1850 tutto l'edificio del protezionismo britannico era crollato (v. anche manchester: Scuola di Manchester). Siffatti risultati, d'importanza decisiva per la prosperità dell'Inghilterra, preparavano in modo sicuro e trionfale il ritorno dello statista al governo con un'autorità e un prestigio più grandi che mai, quando inopinatamente una caduta da cavallo troncò a 62 anni una vita tutta nobilmente spesa al servizio della patria. Alla sua statua la riconoscenza popolare volle apposta l'iscrizione che sintetizza la più importante e benefica riforma da lui propugnata: "L'uomo che diede il pane a buon mercato".
Al P. si deve anche il provvedimento (Banking Act 1844, comunemente denominato appunto, atto di P.) con cui fu riorganizzata la Banca d'Inghilterra, nettamente separando l'Issue department dal Banking department (v. emissione, istituti di). Tale riforma suscitò lunghe e aspre polemiche tra i partigiani del currency principle, aderenti alle teorie monetarie di D. Ricardo (principali esponenti S. J. Lloyd, R. Torrens, J. R. Mao Culloch), che l'avevano auspicata e l'appoggiarono, e i sostenitori del banking principle (T. Tooke, J. W. Gilbart, J. Wilson e J. Fullarton), i quali, assimilando i biglietti ai titoli fiduciarî e non alla moneta, avevano idee assai meno rigide nei riguardi dell'emissione dei medesimi. Va ricordata inoltre la grande riforma fiscale proposta dal P. nel 1842, che introdusse un'imposta unica sul reddito (un income tax era già stata applicata daW. Pitt) e accordò, d'altra parte, forti sgravî specie sui dazî doganali.
Con le conversioni alle necessarie riforme nel 1829 e nel 1846, si può dire che il P. ha impersonato nel modo più fecondo la caratteristica della storia politico-parlamentare inglese nel sec. XIX, e cioè la tempestività nell'attuare le riforme atte a prevenire e a evitare le rivoluzioni.
Del P. sono stati pubblicati, quasi tutti postumi, varî scritti: i Memoirs (Londra 1856); una scelta di lettere private (voll. 2, Londra 1856-57 e S. Parker, His life from his private correspondence, voll. 3, 1891-99) e i Discorsi (voll. 4, Londra 1853).
Bibl.: J. McCarthy, Sir R. P., New York 1892; A. P. P. Rosebery, Sir R. Peel, Londra 1899; A. A. W. Ramsay, Sir R. P., ivi 1928; H. W. C. Davis, The Age of Grey and Peel, ivi 1929; G. K. Clark, Peel and the Conservative Party, ivi 1929.