Almodóvar, Pedro
Regista e sceneggiatore cinematografico spagnolo, nato a Calzada de Calatrava (La Mancha) il 24 settembre 1951. È stato inizialmente autore di un cinema eccentrico, grottesco, incentrato su personaggi socialmente instabili inseriti nei vari contesti ambientali e artistici tipici del variegato universo della movida madrilena, espressione del fervore culturale che ha caratterizzato il periodo post-franchista. Con il passare degli anni si è poi orientato verso una personale ricostruzione di un melodramma intenso e 'sanguigno', che affonda le sue radici da una parte in quella voluta esasperazione del tragico propria del cinema di Emilio Fernández e dall'altra nelle opere di registi quali Joseph L. Mankiewicz, Douglas Sirk, Nicholas Ray che rielaborarono il genere melodrammatico nella Hollywood degli anni Cinquanta. Nel 1999, con Todo sobre mi madre (Tutto su mia madre) ha vinto il premio per la miglior regia al Festival di Cannes e il premio Oscar per il miglior film straniero. Dopo aver trascorso l'infanzia nell'Extremadura, dove si era trasferita la sua famiglia, e aver studiato in un collegio di Salesiani, subito dopo il diploma, ha scelto di lasciare la provincia per trasferirsi a Madrid. Nella capitale ha dapprima trovato un impiego in una compagnia dei telefoni e quindi ha collaborato, verso la metà degli anni Settanta, con alcune riviste underground come "El víbora" e "Star". Nel corso degli ultimi anni della dittatura franchista, ha partecipato all'attività del gruppo teatrale Los goliardos. Sempre nello stesso periodo ha realizzato i primi cortometraggi in superotto: Dos putas (1974) e La caída de Sodoma (1975). Il suo esordio nel lungometraggio è avvenuto con Pepi, Luci, Bom y otras chicas del montón (1980; Pepi, Luci, Bom e le altre ragazze del mucchio), segnalatosi per l'irriverenza dei contenuti (in cui sono mescolati, quasi in una sorta di ronde ossessiva, violenza, droga e sesso sfrenato) e per la voluta trasgressione delle forme cinematografiche classiche. Una forte propensione per i toni grotteschi, tendenti a dissacrare le basi del perbenismo spagnolo, si è manifestata in maniera ancora più evidente nelle opere successive: Laberinto de pasiones (1982; Labirinto di passioni), sull'amore tra una ninfomane leader di un gruppo rock e un omosessuale; Entre tinieblas (1983; L'indiscreto fascino del peccato), ambientato in un convento popolato da suore drogate, lesbiche e masochiste (film tagliato dal distributore per evitare problemi di censura); ¿Qué he hecho yo para merecer esto? (1984; Che ho fatto io per meritare questo?), sulle vicissitudini di una donna delle pulizie sposata con un marito fedifrago e madre di uno spacciatore e di un omosessuale. Con Matador (1986) e La ley del deseo (1987; La legge del desiderio) la componente drammatica della sua opera ha cominciato a prevalere su quella comica e farsesca. In questi due film A. segue infatti con maggiore profondità i percorsi del cuore dei suoi personaggi, cogliendone l'istintiva e selvaggia passionalità e le mutevoli forme del desiderio. È però con il successivo, Mujeres al borde de un ataque de nervios (1988; Donne sull'orlo di una crisi di nervi, premio per la migliore sceneggiatura ‒ dello stesso A. ‒ alla Mostra internazionale del cinema di Venezia del 1988) che è riuscito con estrema efficacia a delineare un ritratto irriverente e graffiante della società madrilena, attenuando quella propensione all'eccesso che aveva caratterizzato il suo cinema nei primi anni Ottanta. Nel film tornano ancora i 'fantasmi' spesso presenti nelle opere precedenti (in primo luogo la necessità di filmare lo slancio e la passionalità omosessuali dei suoi personaggi), o quelle forme grottesche in cui si intravede più di un debito nei confronti del cinema di Luis Buñuel. Questi elementi sono però inseriti in una struttura narrativa più lineare dove si avverte profondamente il respiro tragico della tradizione iberica, e al contempo la piena consapevolezza del modo in cui il proprio mondo diventa cinema.L'impianto da telenovela (per es., il frequente utilizzo di scene madri), la personale passione per le forme visive del fotoromanzo, l'influenza del mondo della pop art, del teatro, della moda si sono insinuati in una struttura melodrammatica sempre più collaudata che tende spesso a fondersi con le forme del giallo erotico (¡Átame!, 1990, Légami), del thriller-musical (Tacones lejanos, 1991, Tacchi a spillo), del poliziesco-reportage (Kika, 1993, Kika ‒ Un corpo in prestito). In La flor de mi secreto (1995; Il fiore del mio segreto) si avvertono i segni di un'ulteriore evoluzione espressiva. Nella commistione e nel contrasto tra finzione e vita (l'amore raccontato nei romanzi rosa dalla protagonista e quello vissuto nella quotidianità), il cinema di A., grazie anche a una scrittura più asciutta ed essenziale, ha raggiunto una matura consapevolezza formale. Il regista mostra di seguire con maggiore partecipazione i tormenti emotivi dei suoi personaggi, amplificando il loro lato romantico ma anche evidenziando un pessimismo implicito e rassegnato. Con Carne trémula (1997), liberamente ispirato al romanzo Live flesh di R. Rendell, le forme mélo della sua opera si manifestano in tutta la loro riconoscibilità nella capacità di sprigionare pulsioni erotiche, passionali e sentimentali, nella naturalezza con cui risultano combinate con la commedia e il noir, nell'intensità con cui la città 'vive' nei personaggi. Nella connotazione storica del film (il passaggio dall'età del franchismo al dopo Franco) tracce della memoria privata del regista sembrano mescolarsi con la memoria storica. Todo sobre mi madre ha rappresentato il punto ultimo di quella che si potrebbe definire una 'trilogia del dolore'. Opera tutta al femminile, in cui il vissuto si intreccia con la rappresentazione teatrale (una delle protagoniste recita in teatro Un tram che si chiama desiderio di T. Williams) e cinematografica (con una citazione iniziale da All about Eve di J.L. Mankiewicz), questo film è il segno di un cinema che sa trasmettere un'intensa fisicità, che sa filmare la passione, il desiderio e il dolore con una partecipazione umana assai coinvolgente.
N. Vidal, El cine de Pedro Almodóvar, Madrid 1988.
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Post-Franco, postmodern: the films of Pedro Almodóvar, ed. K.M. Vernon, B. Morris, Westport (CT) 1995.
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