Dioscoride, Pedanio (o Dioscuride; in D. Diascoride)
Botanico e farmacologo antico, fiorito nel I sec. d.C., sotto il regno di Nerone. Nativo di Anazarba presso Tarso, in Cilicia, Dioscoride viaggiò a lungo al seguito degli eserciti romani, raccogliendo gran copia di osservazioni poi utilizzate nella composizione della sua opera fondamentale, il De Materia medica (περὶ ὕλης ἱατριχῆς).
Divisa in cinque libri, l'enciclopedia riuniva tutti i medicinali tratti dai tre regni della natura, così distribuiti: spezie, unguenti e oli (l. I), materia animale e varie specie di ortaggi, cereali e legumi (l. II), erbe e radici (Il. III-IV) e infine vini e minerali (l. V). Un'ulteriore suddivisione distingueva i farmaci in astringenti, lassativi, diuretici, afrodisiaci, ecc. La nota più interessante dell'opera dioscoridea consisteva nell'originale disposizione della materia, basata su criteri scientificamente più validi di quelli comunemente adottati dai predecessori, in particolare l'ordinamento alfabetico di Crateuas e quello fondato su contrassegni esteriori di Sextus Niger. Ma, per grande che fosse la fortuna di Dioscoride nell'antichità, il testo del De Materia medica non sfuggì a numerosi tagli e interpolazioni, come l'addizione di due nuovi libri (περὶ δηλητηρίων φαρμάχων, περὶ ἰορόλων), e presto circolò anche un rifacimento alfabetico a uso dei medici. Non risulta invece che nel mondo latino l'enciclopedia dioscoridea godesse di molta fama, probabilmente perché oscurata dalla diffusione della Naturalis historia del contemporaneo Plinio il Vecchio. Il solo autore latino che lo nomini è infatti Gargilio Marziale.
D. ricorda Dioscoride una sola volta, nella Commedia (If IV 139-140), annoverandolo tra li spiriti magni del Limbo: e vidi il buono accoglitor del quale, / Dïascoride dico. Tutti gli antichi commentatori di D. sono concordi nell'interpretare il quale per qualità o virtù, occulte o palesi che siano, delle erbe; così l'Anonimo che sottolinea la differenza tra quid e qualis (" quid dimanda del sustantivo; qualis della qualità ") e Benvenuto che intende il quale non come " nomen relativum ", ma nel senso di " del quale, idest, de qualitatibus ". Ciò probabilmente rende ragione anche dell'isolamento di Dioscoride, menzionato tra Zenone e Orfeo. Sembra infatti che D., non annoverandolo tra i medici, abbia inteso sottolineare la peculiarità dell'opera dioscoridea, quasi a significare una relativa autonomia della botanica farmaceutica rispetto alla medicina. In realtà più che di autonomia sarebbe più esatto parlare di subordinazione se, com'è detto nel Convivio (IV IX 13), lo conoscere la vertù de l'erbe ricade sotto la medicina o vero sotto più nobile dottrina, vale a dire sotto la fisica o scienza naturale.
Ma, pur subordinata alla medicina, la farmacologia rivelava un proprio ambito di ricerca e un'autonomia che la progressiva separazione dello speziale dal medico renderà via via più evidente. All'originaria identificazione era infatti seguita, a partire dal XIII sec., una distinzione di competenze " fra l'attività prevalente del medico e quella subordinata e più dimessa del manipolatore di medicine ", distinzione che non escludeva però la gestione di farmacie da parte di medici o la facoltà degli speziali di ospitarne nelle loro botteghe (cfr. R. Ciasca, L'arte dei medici e speziali nella storia e nel commercio fiorentino dal secolo XII al XV, Firenze 1927, 311 ss.). Anche Alberto Magno, nel sesto libro del De Vegetalibus (VI I), dedicato alle proprietà " quae particularibus plantis convenire videntur " e ricco di riferimenti a Dioscoride, teneva a precisare che l'argomento appagava più la curiosità " studentium quam philosophiae " dato che la filosofia non riguardava il particolare in quanto tale.
L'alto concetto che D. mostra di avere per Dioscoride rimanda alla fortuna del De Materia medica nel Medioevo, fortuna che si protrasse per circa quindici secoli. Tralasciando le compilazioni e i rifacimenti spuri come il Liber medicinae ex herbis femininis numero LXXI composto probabilmente nel VI sec. e lo Herbarius del pseudo-Apuleio del V sec. circa, la prima traduzione latina letterale del περὶ ὕλης ἱατριχῆς risale al VI secolo. Tramandataci quasi integralmente da due insigni manoscritti, il Monacense lat. 337, copiato nel sec. VIII a Montecassino e finemente illustrato, e il Parigino lat. 9332, copiato nel IX sec. a Chartres, la versione, ricca di barbarismi ma fedele, rimase la sola disponibile fino all'XI secolo circa. Un'esplicita testimonianza del ruolo di primo piano svolto dall'opera dioscoridea nell'ambito degli studi medici ci è offerta dal seguente passo di Cassiodoro: " Quod si vobis non fuerit Graecarum litterarum nota facundia, in primis habetis Herbarium Dioscoridis, qui herbas agrorum mirabili proprietate disseruit atque depinxit " (Institutiones, ediz. R.A.B. Mynors, I XXXI 2). Anche il IV libro delle Origines di Isidoro di Siviglia documenta una dipendenza dal De Materia medica (cfr. J. Fontaine, Isidore de Seville et la culture classique dans l'Espagne wisigothique, Parigi 1959, II 853). Una nuova traduzione, ricca d'interpolazioni e ordinata alfabeticamente, fu condotta probabilmente sull'originale greco del Dioscoride alfabetico e attribuita a Costantino Africano. La nuova versione soppiantò la prima e godette di una diffusione così vasta da costituire uno dei testi scientifici più popolari del Medioevo. La prima traduzione araba risale invece alla seconda metà del IX sec., poi revisionata e migliorata da Hasdai ibn Shaprut e dai suoi collaboratori sulla base di un manoscritto greco conservato a Cordova. È bene però ricordare che il testo arabo di Dioscoride non venne tradotto in latino ma indirettamente trasmesso da Johannes Mesue e Avicenna. In Occidente, le più tipiche tra le enciclopedie della metà del XIII sec., come lo Speculum naturale di Vincenzo di Beauvais e il De Proprietatibus rerum di Bartolomeo Anglico, rinviano frequentemente al De Materia medica. Altrettanto si dica delle farmacopee compilate tra il XIII e il XIV sec., come i Synonyma medicinae seu Clavis sanationis di Simone di Genova e l'Opus o Liber pandectarum medicinae di Matteo Selvatico, entrambi manuali molto in voga e ritenuti indispensabili al farmacista, come testimonia la più antica farmacopea ufficiale, il Ricettario fiorentino: " uno semplicista, come è Symon Genovese, le Pandette, il quarto del Servitore [cioè il Liber Servitoris seu de praeparatione simplicium] " (cfr. R. Ciasca, op. cit., p. 338). Se consideriamo infine che D. fu immatricolato all'arte dei medici e degli speziali, ben si comprende allora che la comparsa di Dioscoride nel Limbo rappresenta il debito tributo al più antico e autorevole cultore della farmacopea.
Bibl. - M. Wellmann, Dioskurides, in Pauly-Wissowa V 1131-1142; L. Thorndike, A History of Magic and Experimental Science, I, Nuova York 1923, 605-611; G. Sarton, Introduction to the History of Science, I, Baltimora 1927, 258-260; Ch. Singer, From Magic to Science, Nuova York 1958, 179 ss.; M. Mihaeuscu, La versione latina di Dioscoride, in " Ephemeris Dacoromona " VIII (1938) 298-348; L. Leclerc, De la traduction arabe de Dioscorides et des traductions arabes en général, in " Journal Asiatique " IX (1867) 5-38; G.M. Piccinini, La rinomanza di Dioscoride e la denominazione ‛ materia medica ', in " Rivista di Storia delle Scienze Mediche e Naturali " XI (1920) 68 ss., 101 ss.