PAZZIA (lat. scient. alienatio mentis; fr. folie; sp. locura; ted. Geisteskrankheit; ingl. insanity)
1. Concetto di pazzia. - Nell'antichità e presso i primitivi la pazzia fu ed è concepita talvolta come una vera e propria possessione demoniaca, talvolta invece come una trasformazione della persona psichica (individuo pensante, senziente e operante) per opera di spiriti maligni, ma anche della divinità che punisce in tal modo una colpa. Ma Ippocrate diceva già: hac parte (cervello) sapimus et intelligimus et hac ipsa insanimus. Le varianti al concetto di alienazione mentale con l'andare dei tempi si sono moltiplicate, ma non furono così radicali come in generale si ritiene. Si può dire che, malgrado il concetto psicologico di pazzia cui tutti aderirono, da J.-E.-D. Esquirol a J. Guislain, da P. Zacchia a G. S. Bonacossa, a F. Bonucci, ad A. Verga, ecc., tutti la considerarono come un'affezione cerebrale senza alcun riguardo alle proprie convinzioni filosofiche. Vincenzo Chiarugi, che si può dire il fondatore della psichiatria in Italia, la definisce un delirio cronico permanente con offesa primitiva dell'organo cerebrale (1808). Lo Esquirol (1838) fu più esatto nella sua definizione, ma in pari tempo confermò il concetto somatico di pazzia. Andrea Verga trattò della definizione della pazzia nel suo discorso inaugurale dell'anno 1873-74. Egli confermò anche nella definizione che la pazzia è un'affezione del cervello, ma fu ancora più esplicito e più completo perché distinse le affezioni cerebrali, in congenite e acquisite, primarie e secondarie, che portano alterazioni nella sensibilità, nell'intelligenza, nella volontà dei malati.
Aumentate le conoscenze anatomiche e fisiologiche del sistema nervoso, nessuno più dubitò dei rapporti necessarî fra pazzia e cervello; ma siccome si erano venute precisando le localizzazioni delle funzioni psichiche sulla corteccia cerebrale, come in altri segmenti si erano precisati già i centri motori, sensitivi e sensoriali, così la pazzia fu definita da Th. Meynert una malattia o un'anomalia del cervello anteriore. Tale definizione però non fu accettata che da una piccola minoranza, perché essa si basava sulla convinzione che l'attività psichica avesse il proprio organo specifico e separato nei lobi prefrontali del cervello; convinzione che fu condivisa da parecchi biologi, alienisti e medici generali oltreché da Th. Meynert; per es. da P. E. Flechsig, da C. Lombroso, da L. Bianchi, ma che ben presto subì una revisione ragionevole anche da parte dei neuropsichiatri che l'avevano prima sostenuta. E così i lobi frontali restarono nella mente degli psichiatri come una parte del cervello funzionalmente privilegiata ma non esclusivamente costituenti l'organo psichico.
Maggiore consenso poté raccogliere un'altra definizione certamente più larga e meno compromettente, e cioè: la pazzia è un'affezione diretta o indiretta, stabile dei centri corticali detti psichici e delle loro connessioni cerebrali (centri di associazione di Flechsig).
Però, malgrado la grande fortuna che ebbero la dottrina di Meynert e quella di Flechsig, in Italia prevalse, per impulso di Enrico Morselli, l'opinione che nella definizione della pazzia dovesse essere implicito il concetto di "personalità". La pazzia dunque è un'alterazione di tutta la personalità psichica, dipendente da originaria anomalia, ovvero da processi morbosi primarî o secondarî, intrinseci o estrinseci (fattore causale), istologici o biochimici, a carico del mantello cerebrale e interessanti comunque il complicato apparecchio corticale e neuro-umorale, la cui attività comprende il concomitante organico necessario dell'attività psichica.
La pazzia consiste essenzialmente in irregolarità o deviazioni dell'attività psichica individuale dal tipo normale medio (regime psichico della massa degl'individui). I sintomi neurologici e quelli umorali dànno ragione di tali irregolarità e deviazioni, ma in primo luogo, non in tutti i casi di pazzia essi sono clinicamente rilevabili; e in secondo luogo, quando siano presenti e anche misurabili, non si mostrano proporzionati all'irregolarità o alla deviazione e quindi non identici in ogni singolo caso di malattia mentale (o psicosi).
Il pazzo, avendo compromessa l'intera personalità, porta in sé come contrassegno specifico la "necessità dell'azione". Non si ammettono in psichiatria pazzie parziali, come una volta si ammettevano; ogni pazzo ha compromessa a un tempo la sfera rappresentativa, quella affettiva e quella dell'attività volontaria; insomma tutta la personalità, donde appunto il comportamento "necessitato". Il pazzo può compiere azioni logiche, utili per lui e armonizzate con la comune esperienza; però nell'insieme della sua condotta appare non integra la disposizione seriale degli atti e quindi l'azione nel suo complesso riesce disarmonica rispetto a quella degli altri e imprevedibile (perdita dell'autonomia). L. Bianchi asseriva giustamente essere dovere del medico in ogni singolo caso quello di ricostruire in una sintesi mentale la personalità malata.
I confini tra sanità e infermità mentale sono poco netti anche perché, a seconda del clima storico in cui l'individuo opera, può variare il giudizio di equilibrio o disquilibrio mentale. La distinzione fra l'una e l'altra che risponde meglio alle più stabili esigenze psicologiche e sociali è questa: che l'individuo normale svolge nel proprio ambiente un comportamento autonomo e che quindi, modellandosi sul comportamento comune, le sue azioni sono prevedibili.
Gli stoici ritenevano la passione come una malattia. L'ebbrezza dionisiaca poteva essere una specie di nevrosi (Nietzsche). Comunque la distinzione fra psicosi (pazzia) e nevrosi è indispensabile per la pratica; l'isterismo, la nevrastenia, certi casi d'epilessia genuina, le ossessioni ansiose, sono nevrosi, non pazzia. I neuropsicopatici possono avere però crisi e brevi periodi nei quali sono da ravvicinarsi psicologicamente e giuridicamente ai pazzi, mentre i pazzi sono tali durevolmente, cioè al di fuori di ogni fase acuta, o almeno vengono presunti in stato durevole anche se la loro coscienza di tempo in tempo sia lucida, e i loro atti appaiano ordinati e logici.
La nevrosi o psiconevrosi è una malattia del sistema nervoso senza lesioni visibili o a lesioni ignorate o sproporzionate alla ricca sintomatologia che offre il malato; in ogni caso senza lesioni flogistiche né degenerative o, in qualsiasi modo, distruttive dei tessuti. Anche questa distinzione fu vista da V. Chiarugi. Questi definiva la pazzia: "un'affezione primaria del cervello" mentre le nevrosi erano per lui non primarie, né da "offesa diretta" durevole dell'organo cerebrale. Attualmente si dice che la nevrosi o psiconevrosi è malattia funzionale che priva il soggetto della propria "autonomia" soltanto nelle crisi acute. Insomma si vuole ripetere per la chiarezza che nelle nevrosi possono occorrere episodî di necessità, ma nell'insieme il neuropatico compie atti prevedibili ed è capace di criticare le proprie azioni e sé stesso.
Tanto in teoria quanto nella pratica è indispensabile tenere anche distinte le psicosi e le nevrosi, dalla costituzione psicopatica, dai temperamenti, dai caratteri anormali. Sono ammesse tuttavia ora come in passato, forme di passaggio fra ragione e pazzia, fra psicosi e nevrosi, fra variazioni normali "estreme" o eccezionali della personalità e variazioni anormali e morbose.
2. Cause della pazzia. - Nei trattati viene fatta larga parte alle cause della pazzia. Gli psichiatri antichi v'insistettero molto e descrissero molte e assai diverse cause generali e particolari, fisiche e morali, primitive e secondarie, disponenti o esistenti (J. Esquirol). Così il sesso, l'età, il clima, le stagioni, il temperamento, la professione, il modo di vivere, le emozioni, le passioni, le intossicazioni. È probabile che gli agenti fisici (meteoropatologia) abbiano nella determinazione di alcune malattie mentali e nervose, una maggiore influenza di quello che si crede, come gli antichi avevano ammesso senza discussione. Le coincidenze stagionali con lo sviluppo della pazzia sono cosa notata nelle statistiche antiche; ma se ne tiene poco conto nei casi singoli, salvo che non si tratti di soggetti ciclotimici a tipo stagionale.
Nei trattati più moderni, per es. in quello di E. Kraepelin, le cause sono divise in esterne somatiche e psichiche, come: intossicazioni, malattie generali, gravidanza, puerperio, allattamento, emozioni, prigionia, contagio psichico (pazzia indotta) e cause interne: eredità, predisposizioni generali, età, sesso, razza, ecc. Nella psichiatria moderna viene riservato un posto importante alle cause esterne tossiche e infettive. Particolare interesse destano attualmente le comuni infezioni acute e subacute del sistema nervoso per le quali s'invocano come cause invasioni batteriche, autotossine, virus filtrabili, poiché esse vengono ritenute responsabili di una serie di psicosi acute e subacute del tipo amenza; come analogamente si descrivono psicosi acute e subacute da causa tossica, ad es., alcoolismo e altri veleni. Insomma le piccole flogosi meningoencefalitiche guarite, come i virus filtrabili neurotropi, e anche lo stato anafilattico e la sindrome allergica vengono presentemente aggiunti come fattori nell'etiopatogenesi della pazzia cronica. In particolar modo alcuni autori hanno la tendenza a dare esagerata valutazione alle possibilità che, a volte, sugli esiti di vecchie meningo-encefaliti s'impiantino o sviluppino alterazioni che più tardi assumeranno la fisionomia clinica di psicosi croniche. Oggidì le encefaliti e le neurassiti infettive comuni, come encefalite da pertosse, herpes zoster, parotite, influenza, e le alterazioni della rete capillare del cervello, ecc., vengono sospettate come antecedenti di future psicosi croniche, beninteso nei soggetti predisposti. Opinioni codeste ancora molto controverse.
Cause di psicosi illustrate con molta cura da psichiatri di ogni tempo, sono le cosiddette cause psichiche, alcune delle quali si videro e si vedono agire a volte mutualmente nelle famiglie, nelle comunità e nelle folle (coppia psicopatica, pazzia comunicata o indotta). Si hanno esempî notissimi anche in Italia (una grande epidemia psicopatica fu descritta da F. Franzolini, in Rivista sperimentale di Freniatria, 1879; ed è restata famosa l'epidemia politico-religiosa del Monte Amiata, suscitata da Davide Lazzeretti): sono le epidemie di delirî di possessione demoniaca, della danza, dei flagellanti, dei convulsionarî, ecc. Di epidemie psicopatiche dette anche "infezioni psicopatiche delle masse" se ne vedono in tempi di agitazioni sociali, di dissidî religiosi e di disagi economici. Si ammette che la massa, in quanto tale, somigli a un individuo predisposto e specialmente a un individuo di costituzione isterica e schizoide (E. Kretschmer). Non v'è dubbio che le grandi inquietudini sociali, per es. le guerre e le rivoluzioni, possano agire da fattori determinanti. Già l'Esquirol aveva notato dopo vent'anni di guerre e di rivoluzioni (tempi napoleonici) una recrudescenza degl'internamenti nei manicomî e delle reazioni criminali. E. Tanzi ed E. Lugaro precisarono l'influenza delle cause sociali sulla pazzia.
Le cause psichiche, dunque, non consistono sempre in stati emozionali o passionali, in strapazzi o esaurimenti che agirebbero per il loro concomitante tossico, umorale o vasale, ecc. Consistono a volte in sviluppo di sintomi psicopatici per il semplice presentarsi di un sintomo antecedente, come si vede, per es., nel processo di suggestione. Ora il "contagio psichico" potrà dare luogo a sindromi transitorie, se si vuole, ma non può essere negato, quantunque non si possa precisare il correlativo fisiologico di questo fatto.
L'azione delle cause psichiche viene spiegata ammettendo in generale che la personalità del malato reagisca a ogni malattia o disordine di funzione che si stabilisca nell'organica economia e che quindi il soggetto riviva tutte le sue disposizioni native e acquisite, il proprio temperamento-carattere e la propria storia cosciente e, specialmente, subcosciente.
Quantunque quasi tutti i trattatisti tacciano sull'influenza sfavorevole che hanno certe cause psichiche interne dipendenti dalla costellazione familiare, messe in luce dalla psicoanalisi, di esse tuttavia non si può tacere in un'esposizione, sia pure sommaria, intorno alle cause di sviluppo delle psicosi e delle psiconevrosi. Il giuoco incosciente dei complessi (C. G. Jung) che si formano nelle prime eta evolutive (e anche più tardi), e dei conflitti inconsci, costituisce una vera causa psichica interna di psiconevrosi. Basterà ricordare, a mo' d'esempio, il complesso di Edipo (S. Freud), il complesso d'inferiorità (A. Adler), e quello più tardivo qualificato già col nome di complesso di Caino, ma riducibile a quello d'inferiorità. Certamente i dati molto importanti di psicologia infantile messi in luce dalla psicoanalisi hanno maggiore importanza per i disturbi del carattere e per lo sviluppo delle psiconevrosi, anziché per quello delle malattie mentali propriamente dette; tuttavia non v'è dubbio che alcuni stati depressivi, la maggior parte delle psiconevrosi isteriche e delle psiconevrosi coatte e una buona parte delle psicosi riferibili al gruppo paranoia, ripetono, come causa psichica interna, il dinamismo freudiano. Fu già messa in vista (Conferenza internazionale psichiatrica di Vienna, 1925) l'origine di certi delirî paranoici dal dinamismo dell'omosessualità inconsciamente rimossa, avvalorato dalla componente narcisistica. È sottinteso (e verrà meglio stabilito fra poco) che il dinamismo freudiano viene spesso sostenuto dalla predisposizione ereditaria e anche (in qualche caso) da anomalie fisiopatologiche delle funzioni sessuali e da anomalie affettive costituzionali.
Per causa di pazzia oggi si deve intendere piuttosto che un fattore, una serie di fattori etiologici e patogenetici, cioè una catena causale, costituita da un fattore determinante esteriore, ultimo anello delle cause esogene (per esempio un agente vivo come la Spirochaeta pallida per il grande gruppo delle psicosi dette luetiche); da un fattore intermedio o immediato cerebrale, in diretto rapporto con l'agente esogeno (lesioni ectodermiche e mesodermiche da Spirochaeta pallida nell'esempio ora dato); e da un fattore lontano, appartenente al terreno organico, che risulta dalla costituzione e dalle predisposizioni acquisite dell'individuo (soprattutto da eredità morbosa, infezioni della prima infanzia, o eccezionali circostanze della vita). La catena causale si può sostenere anche per le psicosi tossiche e infettive, nelle quali sembra che l'anello ultimo o determinante costituisca la vera causa; in quanto che anche per queste psicosi è ammesso il "terreno". Difatti si parla di disposizioni congenite e acquisite alle infezioni e di disposizioni locali (A. Lustig, P. Rondoni).
La catena-causale si può presentare di grandezza crescente ovvero decrescente a partire dal fattore più lontano (costituzione mentale individuale) e procedendo verso il fattore immediato interno e verso l'anello determinante (infezione o intossicazione) e viceversa. Se non che la catena causale può anche formarsi in modo occasionale senza preminenza dell'uno o dell'altro anello.
All'eredità fu dunque assegnato fra le cause il posto d'onore. Gli autori moderni hanno tutti insistito sull'eredità neuropsicopatica e di malattie del ricambio. Per nessuna specie di malattia quanto per le malattie mentali, risultano esatte le parole di L. Pasteur: "Claudio Bernard ha ragione, il germe (il fattore determinante) non è nulla, il terreno è tutto". Per terreno, in psichiatria, s'intende la costituzione somato-psichica in quanto essa s'allontana dalle medie dette normali per motivi ereditarî e di ambiente nelle età evolutive della vita, già prima dell'avvento della malattia e degli orientamenti clinici precoci ai quali lo psichiatra dà la più grande importanza.
A seconda del prevalere delle cause morbose propriamente dette o di quelle costituzionali, si sono distinti i pazzi malati dai pazzi anomali. Alle malattie e alle anomalie mentali si dovrebbero però aggiungere le malattie-anomalie; categoria tutt'altro che superflua, sia perché gli eredo-psicopatici, e più in genere gli psicopatici costituzionali, non presentano immunità di fronte alle cause infettive e tossiche, sia perché ci sono costituzioni che predispongono alle malattie mentali, e d'altra parte ci sono anomalie che si rendono palesi soltanto in seguito a stimoli morbigeni.
Si diventa pazzi-malati per infezioni (la sifilide è al primo posto), per intossicazioni esogene e farmaceutiche, per processi cerebrali di tipo encefalitico da fattori infettivi comuni, per processi morbosi di organi e apparecchi (specialmente l'apparecchio circolatorio); e si diviene pazzi-anomali per determinismo ereditario (eredità neuropsicopatica per lo più polimorfa) e costituzione morbosa (emotività, cicloidismo, cenestopatia, ecc.) e, data la predisposizione, per difetto di direzione educativa in seconda infanzia e fanciullezza, per suggestioni e contagio psichico.
Ma il problema causale della pazzia-anomalia non si risolve spostandolo verso la costituzione somato-psichica in generale; fa d'uopo immaginarsi il modo come i fattori determinanti possano provocare la sintomatologia appunto attraverso la costituzione e le predisposizioni individuali. V. Chiarugi che si mostrò avverso all'umoralismo della "Galenica setta" espose e difese (tomo I, pp. 63-64) il concetto che "la pazzia dipende da alterato stato fisico delle forze (cerebrali) onde ne è disturbata la ragione anche senza lesione di organismo sensibile". Ma anche così non si esce dal generico. I vecchi trattati si riferivano tutti alla dottrina della degenerazione (B.-A. Morel, 1857); malgrado le incognite che oscuravano il concetto di psico-degenerazione, il dottrinale non veniva rifiutato, perché veniva ammesso che le malattie dei genitori potessero essere causa di degenerazione. Da qui derivò una confusione tanto nel campo dell'eredità degenerativa quanto in quello dell'eredità morbosa e delle cause morbose prenatali. Oggi si parla raramente di degenerazione; si ammette però che certe malattie mentali si sviluppino per trasmissione ereditaria diretta come avviene per le malattie nervose dette eredo-familiari; per es., l'idiozia amaurotica, il sordomutismo costituzionale, la psicosi maniaco-depressiva, ecc. Per quanto raro, questo è certamente un modo d'azione diretta delle cause costituzionali. Resta inteso, però, che altro è eredità degenerativa propriamente detta, altro è eredità morbosa, rispettivamente psicopatica, e altro è predisposizione.
Considerando in blocco i modi di azione delle cause morbigene capaci di dare luogo a malattie mentali, si può immaginare (come verrà detto più sotto) che il fattore causale, qualunque esso sia, agisca per lo più indirettamente sull'attività psichica e non direttamente portando una lesione diretta sul cervello e propriamente là dove l'intuizione dei neuropsichiatri immagina la sede specifica dell'attività mentale. Una delle ipotesi più ragionevoli può essere quella di ammettere, con la psicologia moderna, che la personalità psichica dell'individuo (come già si è accennato) sia costituita da tutta la storia dell'individuo stesso quasi come una stratificazione di esperienze; ipotesi che troverebbe la sua proporzione adeguata nel dato fisiologico che ammette essere la corteccia cerebrale il deposito appunto dell'esperienza della specie, della razza, della famiglia e dell'individuo. Tale sviluppo "personalistico" può essere accertato in seguito a una qualsiasi delle cause di cui si è parlato; in quanto che i fattori causali disordinando l'economia organica, specialmente l'umorale e la nervosa, porrebbero in stato di "reazione" tutta la personalità psichica dell'individuo.
Resta tuttavia la questione generale del rapporto tra causa somatica (organica) e sviluppo del disturbo mentale. Per rendersi una qualche ragione di questo passaggio e per non evadere d'altro lato il problema che è assai grave, fu immaginata da molti anni a questa parte un'ipotesi di lavoro detta "ipotesi dell'ostacolo causa" suggerita dall'osservazione clinica. L'ipotesi dell'ostacolo-causa somatica salva . la psichiatria dal duplice scoglio, cioè: da quello dell'ammissione della pura causalità somatica o dalla pura (cosiddetta) causalità psichica nell'etiologia delle malattie mentali. L'ipotesi ha il vantaggio di tenere conto dell'osservazione clinica e di negare che la malattia mentale non sia altro che una serie di sintomi saltuarî insignificanti che si accompagnino a disturbi del sistema nervoso.
Per ostacolo somatico s'intende una qualunque malattia dell'organismo e quindi anche del sistema nervoso. Dunque l'ostacolo è variabilissimo; ma vige tuttora il principio di C. Wernicke: che una stessa causa può provocare malattie mentali diverse e che cause diverse possono provocare un'identica malattia mentale. Con ciò non si pretende di rendere la cosa del tutto chiara; in quanto che la reazione della personalità non è in visibile proporzione con la grandezza, la gravità e l'estensione dell'ostacolo.
L'ostacolo può essere meccanico, chimico, dinamico; esso può dare luogo a sintomi somatici di ogni specie, ma quando è situato nel sistema nervoso, può dare luogo anche a sintomi psichici che si dicono diretti (per es., disturbi della percezione, della memoria in caso di arteriti, di traumi cerebrali e di compressioni). Ma la vera efficacia dell'ostacolo somatico per la malattia mentale, si svolge indirettamente. Si può dichiarare in generale che, in tutti i casi di ostacolo, la sintomatologia psicopatica ha da spiegarsi, come già si è detto, quale messa in valore di tutta la personalità del soggetto "liberata" (secondo il concetto di H. Jackson) appunto per il cambiato regime psichico del soggetto. L'ostacolo dinamico può dare ragione delle malattie "funzionali" dette anche psicogene. Il motivo per cui le malattie funzionali non hanno reperto e cioè non ledono il sistema nervoso centrale né i tessuti mesodermici, sarebbe appunto questa, perché l'ostacolo-causa non è di natura infettiva, né tossica, né meccanica (anatomo-istologica), mentre si può dire di natura dinamica (da disturbi inibitorî, disturbi di stabilità colloidale e anche da disturbi umorali lievi non constatabili con gli attuali mezzi di ricerca). Così ci si riallaccia all'idea del Chiarugi e a quella moderna psicoanalitica, in quanto che la psicopatologia di S. Freud è costruita appunto sulla base di ostacoli psichici extracoscienti dinamici.
3. Classificazione delle psicosi. - La classificazione delle malattie mentali fu in ogni tempo una fatica tanto nobile, quanto inutile per i medici psichiatri. Oggi non restano che classificazioni per uso statistico negli ospedali psichiatrici. Tuttavia abbiamo già indicata una distinzione fondamentale nel campo della pazzia, quella cioè tra pazzia da malattia acquisita (propriamente detta) e pazzia da anomalia originaria.
Tra le psicosi acquisite dette organiche per eccellenza, sono le psicosi luetiche (demenza paralitica, psicosi tabiche, parafrenia luetica), le psicosi da arterio-sclerosi dei piccoli vasi del cervello e da malacie, demenza senile, psicosi epilettiche.
Altra distinzione sulla quale si deve insistere e che oggi s'è resa indispensabile, è quella di psicosi infettive e tossiche. Ricco è questo gruppo, ma l'infezione ben raramente dà luogo alla pazzia cronica se il soggetto sia immune da eredità psicopatica e da predisposizioni particolari. L'intossicazione esogena, come l'alcoolismo, l'eroinismo, il cocainismo, ecc., generalmente non dà sintomi psicopatici che durante l'intossicazione e durante il periodo di carenza. Allo stato cronico poi i veleni mettono a profitto la personalità del soggetto nel modo indicato più sopra, e allora si hanno psicosi comuni nelle quali l'origine tossica si manifesta appena con una certa ricchezza di stati illusorio-allucinatorî atti a suggerire al malato le più strane interpretazioni deliranti. Certe psicosi croniche, o a dirla più chiaramente, gli arresti di sviluppo cerebrale, derivano da affezioni acute o subacute del cervello pre- o post-natali precoci, non tutte ben conosciute. Appartengono queste forme al ricco gruppo delle frenastenie (A. Verga), dette dagli autori tedeschi oligofrenie; e precisamente delle frenastenie cerebropatiche. In questo aggruppamento deve richiamare l'attenzione lo sdoppiamento delle frenastenie in biopatiche e in cerebropatiche. Tale distinzione in una trattazione moderna è indispensabile anche se il più delle volte si tratti di stati deficitarî biocerebropatici, ossia misti. Effettivamente gli arresti di sviluppo (stato deficitario frenastenico) hanno etiopatogenesi mista. Basti pensare alle frenastenie da prevalente causa umorale come: cretinismo gozzigeno, mongolismo, infantilismo globale, ecc.
In quanto al grande gruppo delle schizofrenie (E. Bleuler; gruppo della dementia praecox di E. Kraepelin) si avverte che alcune forme sono da considerarsi come malattie croniche di origine costituzionale propriamente dette, mentre un altro gruppo di forme sono da riferirsi piuttosto alle psicosi di origine infettiva. Le predisposizioni sono sottintese (schizofrenie postinfettive).
Le psicosi croniche dette costituzionali sono essenzialmente: la psicosi maniaco-depressiva (fasi melancoliche, maniache e miste) nelle quali domina l'eredità similare; il gruppo delle paranoie e delle parafrenie.
Spesso c'incontriamo in malati che formano un altro gruppo il quale viene qualificato in questi termini: disturbi o sindromi mentali associate a malattie diagnosticabili dell'encefalo, come: traumi, tumori, rammollimenti, esiti neurologici di affezioni meningoencefalitiche, tubercolosi, malattie renali ed epatiche, ecc. In tali casi si osserva non soltanto la catena-causale di tipo crescente, cioè con l'ultimo anello (la malattia encefalica, la tubercolare, la renale, il trauma, ecc.) determinante più grande, ma talora quest'ultima determinante può produrre il disturbo mentale anche duraturo per un'azione diretta e decisiva (ostacolo-causa ad azione diretta).
Il fatto è certo per l'arteriosclerosi, quando sia diffusa ai piccoli vasi cerebrali (psicosi e demenza arteriosclerotica). Si sostiene da alcuni che ciò si verifica pure in alcuni casi di psicosi che si stabiliscono in individui affetti da tubercolosi cronica. Però in tali casi viene (come di solito) sottintesa la predisposizione.
Quando si tratta di psicosi croniche particolari su base anomala costituzionale non si può a meno di richiamarsi a un fatto che da parecchi lustri gli psichiatri vanno notando. Medici generali, uomini di legge, uomini di lettere e pensatori di ogni specie, non riescono a riconoscere e a valutare queste forme. A riguardo dei disturbi paranoici che vengono dichiarati "delirî cronici" sono avvenute grandi controversie. Certo è che in alcuni casi non parve agevole marcare i confini fra l'uomo di genio a pensiero anticipatore e ad aspettazioni di tipo messianico, i caratteri eccezionalmente orgogliosi, diffidenti, inadattabili, destituiti o almeno poveri di capacità critica e i pazzi-paranoici. In ogni modo si era osservato che la costituzione che s'indica col nome di "paranoismo" poteva non essere produttiva di delirio sistematico e neppure di reazioni mistiche regressive, di delirî interpretativi e di rivendicazione. Cosicché tutti i psichiatri oggi distinguono il carattere paranoico dalle reazioni paranoiche. È certo che, onde un pensiero deviato possa condurre l'individuo non deficitario a un comportamento pazzesco, sia indispensabile un forte turbamento nelle situazioni affettive (teoria affettivista delle paranoie). In tal guisa diventano più intelligibili le interpretazioni deliranti, la querulomania e ogni specie di reazioni di tipo paranoico, specialmente quando sono accompagnate da intercorrenti stati di ansia. Le reazioni di tipo paranoico dovrebbero essere valutate come costruzioni difensive contro pericoli immaginarî.
Maggiormente chiari, riguardo alla patogenesi, sono i casi nei quali a poco a poco alle idee deliranti fanno seguito sintomi di deficit mentale, come si verifica in certi casi di schizofrenia (forma paranoide) e in certi altri di psicosi epilettiche e di psicosi senili. In una certa fase del loro sviluppo, tali forme cliniche sembravano potersi diagnosticare come paranoie, mentre in realtà il decorso ha dimostrato che si trattava di ben altre malattie.
Il concetto di paranoia (forma di pazzia individuata dai psichiatri tedeschi molti anni or sono), quale scaturiva dalla tradizione psichiatrica, è così esposto dal Kraepelin: nella paranoia si ha "uno sviluppo insidioso dato da motivi interni, di un sistema delirante duraturo irremovibile, che procede lasciando perfetta integrità della chiarezza e dell'ordine nel pensare, nel volere e nell'agire. Si ha una modificazione profonda di tutta la Lebensanschauung, uno spostamento del punto di vista di fronte al mondo esteriore...". In altri termini meno psicologici e più clinici, la paranoia "è una psicosi cronica e continua, risultante da un sistema delirante lucido (cioè non accompagnato da disturbi della coscienza), che, iniziatasi nella prima gioventù, ovvero nel terzo o quarto decennio della vita e integratasi a poco a poco per forza di interpretazioni acritiche, di illusioni sensoriali, di falsificazioni mnemoniche, resta poi press'a poco immutata per lunghi anni e non finisce mai né in guarigione né in completa demenza, mentre, non di rado, con l'andar degli anni, termina in un certo indebolimento mentale o per disposizioni individuali o per il sopravvenire di una concausa, che per lo più consiste nella senilità" (S. De Sanctis, 1909).
Come si vede, più che di una classificazione, oggi si parla di gruppi di malattie o anomalie mentali; e gli aggruppamenti vengono formati e distinti non facendo appello a un principio tassinomico rigoroso, ma vengono disposti in un certo ordine, esclusivamente sul criterio clinico.
4. Malattie mentali e anatomia patologica. - Ai tempi del fanatismo per l'anatomia del cervello e specialmente della corteccia cerebrale si parlò nettamente di classificazione anatomica e istologica delle psicosi (C. e O. Vogt). Come a tutte le anomalie e alle malattie anche a quelle mentali fu assegnata un'anatomia patologica. Ma quando si trattava di anomalie e di psicosi a base costituzionale, i reperti riguardavano deviazioni morfologiche del cervello, dell'organismo in genere e irregolarità dello sviluppo somatico. E quando non si trattava di psicosi di origine infettiva né tossica, e quando non si trattava neppure di malattie appartenenti al gruppo delle psicosi o disturbi psichici "associati", l'anatomia patologica rivelava tuttavia con qualche frequenza residui di affezioni prenatali o infantili, ma non già lesioni tali da potersi ritenere come causali.
Le psicosi senza reperto anatomo-istologico, ora sono concepite come affezioni causate immediatamente (ultimo anello causale) da disturbi biochimici che di rado si traducono in lesioni istologiche, e se mai vi si traducono tardivamente in coincidenza dell'indebolimento mentale del paziente e di altre concause. Tale spiegazione sarà sempre permessa in quanto non si può negare che ogni cambiamento in senso eccezionale dell'attività psichica individuale sia necessariamente accompagnato da cambiamenti biochimici anch'essi notevoli, degli organi di codesta attivitȧ.
Ciò nondimeno hanno ragione i neurologi di tentare e ritentare l'istologia patologica anche in fatto di malattie mentali prima di rassegnarsi ad attribuire le psicosi che sono dette funzionali in opposizione a quelle dette lesionali, accompagnate cioè da lesioni nella corteccia cerebrale (magari soltanto nella sua stratigrafia), a sconvolgimenti biochimici (per lo più indecifrabili) nei casi che non sia afferrabile neppure alcun disturbo primario del ricambio organico e alcuna alterazione primaria nelle ghiandole a secrezione interna.
Ciò non ci autorizza però ad esagerare. Nel grosso volume di W. Spielmeyer (v. bibl.) sono esposti i reperti della pazzia da intossicazioni esogene ed endogene, da infezioni, da encefaliti, da sclerosi multipla e diffusa, da traumi cerebrali e soprattutto quelli della sifilide cerebrale, della paralisi progressiva, dell'arteriosclerosi, della malattia di Pick, della malattia di Alzheimer, della demenza senile e dell'epilessia, dell'idiozia (frenastenia cerebropatica), mentre della stessa demenza precoce e delle malattie extra-piramidali e di altre malattie mentali non sono dati che piccoli cenni. Ma quello che è più interessante a sapersi è che non vi è considerato il rapporto tra sintomatologia mentale e reperti anatomo-patologici, salvo che per le forme deficitarie. A dir vero, questa mancanza non diminuisce la validità del titolo dell'opera: Anatomia delle psicosi, per quanto indichi chiaramente a qual punto sia arrivato lo sviluppo delle nostre conoscenze riguardo all'aspetto somatico, cioè neurologico e neurochimico, delle malattie mentali.
Bibl.: V. Chiarugi, Della pazzia in genere ed in specie, 2ª ed. corretta e accresciuta, voll. 2, Firenze 1808 (1ª ed., voll. 3, 1793-94); J.-E.-D. Esquirol, Della alienazione mentale e della pazzia in genere ed in specie (versione di L. Calvetti), voll. 2, Milano 1827; H. Maudsley, The Pathology of Mind, Londra 1895 (1ª ed., 1867); A. Verga, Studi anatomici, psicologici e freniatrici, voll. 3, MIlano 1897, p. 116; E. Morselli, Manuale di semeiotica delle malattie mentali, I, Milano 1885 (2ª ed., 1898); II, ivi 1894; E. Tanzi e E. Lugaro, Trattato delle malattie mentali, voll. 2, 2ª ed., Milano 1914-16; E. Kraepelin, Psychiatrie, I, 8ª ed., Lipsia 1909; S. De Sanctis, patologia e profilassi mentale, Milano 1912; id., Il delirio lucido (studio psicopatologico e clinico), in Rivista Argentina de Neurología, Psiquiatría y Med. Legal, n. 6, 1927; P. Schilder, Entwurf einer Psychiatrie auf psychoanal. Grundlage, Vienna 1925; W. Spielmeyer, Die Anat. d. Psychosen, in Handbuch d. Geistekrankheiten, Berlino 1930.