PAZZI
. Famiglia fiorentina. Narra la leggenda che un Pazzo di Rinieri fosse condottiero dei Fiorentini alla prima crociata e ne riportasse tre pietre del Santo Sepolcro; in commemorazione della sua impresa sarebbe stata istituita, da tempi antichissimi la cerimonia dello scoppio del carro, ancora in uso a Firenze il sabato santo. Le prime notizie sicure ci attestano l'esistenza di una famiglia Pazzi discesa da Fiesole, famiglia guelfa a differenza dell'omonima del Valdarno, che fu ghibellina. Un Iacopo de' Pazzi fu capitano dei Fiorentini a Montaperti. Suo figlio Pazzino, che seguì le fortune di Carlo di Valois, fu ucciso nel 1312. Questo ramo si estinse con Antonio, che ottenne di esser iscritto nel "popolo" e mutò cognome. Un altro ramo derivante da Cherico di Pazzino e al quale appartenne quell'Alamanno (1501-1573) che, dopo essersi segnalato tra i difensori di Firenze durante l'assedio, finì per acconciarsi coi Medici, si estinse con Girolamo nel 1605. Di un ramo collaterale, derivante dallo stesso Cherico, fu S. Maria Maddalena de' Pazzi. La discendenza di un fratello di lei si estinse nel 1743, con Giangirolamo. Di due altre linee, derivanti da un Uguccione di Ranieri, che la leggenda fa discendere, attraverso Pazzo il Giovane, da Pazzo il Crociato, una si spense con Piero di Matteo nel 1609, l'altra nel 1700 con Luigi di Cosimo. Più lunga discendenza ebbe Schiatta, figlio di Pazzo il Giovane, e da uno dei suoi figli, Guidotto, vennero i Pazzi di Fano che finirono nel 1669. Un pronipote di Schiatta, Andrea di Guglielmo, ebbe diversi figli, fra i quali Piero, Iacopo e Antonio. Dei figli di Piero merita ricordo Renato, che fu messo a morte dopo la congiura del 1478, sebbene non avesse voluto parteciparvi. Il ramo di Piero si estinse nel 1693 con Pierantonio. Iacopo di Andrea, gonfaloniere di giustizia nel 1469, fu con Francesco di Antonio, tra i capi della congiura. La violenta repressione che seguì a questa, fiaccò la potenza della famiglia, e molti membri di essa furono uccisi o esiliati. Antonio di Andrea ebbe diversi figli, fra i quali Francesco che fu tesoriere di Sisto IV, e Guglielmo che, rimasto fedele ai Medici, andò esente da pene e da confische e ammassò grandi ricchezze. Un figlio di Guglielmo, Cosimo (1466-1513) fu arcivescovo di Firenze; un altro figlio, Alessandro, fu tra gli amici più fidati di Clemente VII. Da Cosimo di Alessandro derivarono due rami: quello di Lorenzo che si estinse nel 1700 con Luigi di Cosimo, e quello di, Francesco che tuttora sopravvive.
La congiura dei Pazzi.
Il 26 aprile 1478, nella chiesa di S. Maria del Fiore in Firenze, durante la messa solenne celebrata dal cardinale Raffaello Riario, un gruppo di congiurati assalì Giuliano e Lorenzo de' Medici. Giuliano, preso alla sprovvista, fu ucciso da Francesco de' Pazzi e da Bernardo Bandini; Lorenzo riuscì a difendersi e, ferito solo leggermente, si rifugiò in sagrestia. Nello stesso tempo l'arcivescovo di Pisa, Francesco Salviati, compiva un vano tentativo d'impadronirsi del Palagio dei Signori, e Iacopo de' Pazzi cercava inutilmente di sollevare il popolo. Fallita la sorpresa, seguì una violenta reazione. Alcuni dei congiurati furono giustiziati sommariamente, come l'arcivescovo, impiccato a una finestra del Palagio, altri uccisi a furia di popolo, altri condannati in seguito alla morte o all'esilio. Leggi asprissime furono emanate contro tutta la famiglia dei Pazzi. Effetto della congiura fu la lunga guerra che Sisto IV e Ferdinando di Napoli mossero contro Firenze, e che finì nel 1480, quando Lorenzo de' Medici si recò a Napoli e s'accordò con l'Aragonese.
Le cause della congiura vanno ricercate nel contrasto egemonico tra la famiglia dei Pazzi e quella dei Medici, contrasto inasprito dalla legge che tolse ai Pazzi l'eredità di una Borromei e dall'aiuto finanziario che i Pazzi diedero alla Chiesa per l'acquisto d'Imola; nella ostilità del vescovo Salviati, a cui Lorenzo aveva impedito di ottenere la mitra fiorentina ostacolandolo anche nell'acquisto di quella pisana; ma soprattutto nella nuova politica espansionistica della Santa Sede, inaugurata da Sisto IV con l'aiuto del nipote, Girolamo Riario. Che il papa fosse al corrente della congiura non è dubbio; incerto rimane se anche del tentato assassinio dei due Medici. L'interrogatorio di uno dei congiurati, Giovan Battista di Montesecco, sembra scagionarlo da questa responsabilità; ma in esso è riferita questa frase del papa: "Tutta volta ch'e' fosse for de Fiorenza lui (Lorenzo), faressimo de quella repubblica quello voressimo e seria ad un gran proposito nostro". Queste parole, testuali o no, rappresentano il movente essenziale della congiura e della guerra successiva. Il successo finale non solo rafforzò la larvata signoria di Lorenzo, ma legò più strettamente le sorti sue a quelle della città e fu il primo passo verso la politica italiana dell'equilibrio.