Pazzi
Famiglia fiorentina che va affatto distinta dall'omonima consorteria feudale ghibellina dei P. di Valdarno, sia per le origini sia per le convinzioni politiche guelfe.
Due racconti tradizionali, accreditati dai cronisti e accolti dagli eruditi e dai genealogisti fiorentini, ne fecero una gens romana venuta sulle rive dell'Arno con i più antichi colonizzatori di Firenze (la gens Paccia avrebbe posseduto terreni nella località detta poi via di Capaccio), oppure una delle casate fiesolane che furono costrette a inurbarsi dopo l'assoggettamento della loro patria (ipotesi, questa, che si fondava sostanzialmente su di un'analogia fra lo stemma di Fiesole e l'antica arma dei P., raffigurante sei lune, tre d'azzurro e tre di rosso, appuntate e attaccate, l'una di azzurro e l'altra di rosso, in campo d'argento). Che i P. avessero molta importanza nella società fiorentina già nei secoli dell'alto Medioevo sembra dimostrarlo indirettamente anche l'altra tradizione - ampiamente riferita nelle cronache e particolarmente dal Villani (I 60), ma che si rivela inconsistente se è messa alla prova della critica storica - enucleatasi attorno alla figura di Pazzo di Ranieri, il supposto condottiero dei concittadini intervenuti alla prima crociata. Egli sarebbe stato il primo a piantare sulle mura di Gerusalemme il vessillo cristiano e come premio della sua impresa avrebbe avuto in dono da Goffredo di Buglione alcuni pezzetti di pietra tolti dal sepolcro di Cristo, oltre al diritto di fregiarsi dello stemma della casa di Bouillon. Le pietre, portate in patria, furono poi custodite dai P. e servirono come acciarino per accendere il fuoco durante le cerimonie del sabato santo; fuoco che veniva portato dall'una all'altra abitazione dell'antica città. A questa consuetudine si collega l'altra, ben nota, dello ‛ scoppio del carro '.
Ma questa tradizione rivela la sua inconsistenza se si considera quanto sia dubbia la partecipazione dei Fiorentini alla prima crociata e come, per di più, sia molto più recente la nuova arma araldica dei P. (in campo azzurro, cinque crocette d'oro poste in croce, trifogliate, col piede aguzzo, a due delfini dello stesso, in palo, addossati alla crocetta in cuore) che essi ricevettero solo nel 1388 e dai duchi di Bar. Il Passerini ne esamina ampiamente l'attendibilità, e ne individua il nucleo originario in un altro fatto d'arme simile avvenuto però nel secolo XII, durante un conflitto tra forze crociate e il sultano di Egitto, quando un Bonaguisi P. sarebbe salito per primo sulle mura di Damiata. Notizia tipica che, per altro verso, si ritrova frequentemente nella tradizione genealogica di altre antiche famiglie, fiorentine e non fiorentine.
Figura meglio definibile storicamente è quella di Iacopo, figlio di Pazzo di Ranieri, detto " del Nacca " o " del Neca ", capitano della cavalleria guelfa a Montaperti e personaggio ben noto perché vittima del tradimento perpetrato da Bocca degli Abati ai danni dei Fiorentini in quella battaglia. Il figlio di Iacopo, Pazzino, ardente guelfo, si rifugiò a Lucca dopo Montaperti, e, tornato che fu in patria, divenne uno fra i maggiori esponenti della sua fazione e poi sostenitore di Carlo di Valois e dei Neri; il pugnale di Paffiera Cavalcanti vendicò il 10 gennaio 1312, uccidendolo, le iniquità e gli assassini da lui perpetrati ai danni di Corso Donati e di Massimo de' Cavalcanti. Ardentissimi guelfi furono anche Francesco di Pazzino - titolare delle massime magistrature del comune e membro di numerose ambascerie - e Geri di detto Francesco - inesorabile persecutore degli avversari del gruppo dirigente mediante l'esercizio dell'ormai anacronistico potere dell'" ammonire " spettante ai capitani della Parte guelfa -. Ultimo discendente di Geri fu un Antonio che nel Quattrocento si fece di popolo assumendo il cognome di Delfini e dando origine a una nuova casata che, tuttavia, si estinse con la sua morte. Da Pazzino di Iacopo, attraverso Cherico di Pazzino e suo figlio Alamanno, ebbe origine anche un'altra ramificazione della famiglia, alla quale appartiene la celebre santa Maria Maddalena, canonizzata dal pontefice Clemente IX; a questo ramo appartenne anche Giangirolamo, fondatore dell'Accademia Colombaria.
Anche la vicenda genealogica dei P. supera i limiti cronologici dell'età di D. per arrivare fino ai nostri giorni; è ben nota la rivalità e la concorrenza di carattere politico ed economico che contrapposero gli esponenti di questa famiglia a Lorenzo e a Giuliano di Piero de' Medici signori di Firenze, fino a determinare il dramma della congiura del 1478. Dalla rovina della casata si salvò in quella circostanza Guglielmo di Piero di Andrea, il quale, ligio ai Medici, venne esentato dalla confisca dei beni che aveva colpito la sua gente e poté così conservare buona parte del patrimonio avito. Da lui ebbe origine il ramo tuttora vivente in Firenze.
Bibl. - Fonti cronistiche e archivistiche relative alla storia familiare dei P. sono state ampiamente citate e discusse da L. Passerini nelle tavole genealogiche da lui preparate per la raccolta delle Famiglie celebri italiane edite da P. Litta (P. di Firenze, tavv. 10), Milano 1851; prolungamento dell'opera del Passerini è la breve genealogia dei P. pubblicata da G. Degli Azzi Vitelleschi nella Enciclopedia storico-nobiliare, a c. di V. Spreti, V, ibid. 1932, 217-219, comprendente anche i membri della famiglia ancora viventi. Sintesi più brevi - e, del resto, fondate sulle notizie raccolte dal Passerini oppure dovute alla collaborazione del Passerini medesimo - della storia, dei P. sono quelle pubblicate a commento del romanzo di A. Ademollo, Marietta de' Ricci, ecc., IV, Firenze 1845², 1228-1241; da G.G. Warren Lord Vernon, L'Inferno, ecc., II, Documenti, Londra 1862, 545-546, e da Scartazzini, Enciclopedia 1453-1454. Per la partecipazione dei P. alla più antica storia di Firenze, cfr. Davidsohn, Storia, passim; G. Capponi, Storia della repubblica di Firenze, Firenze 1875, passim; F.T. Perrens, Histoire de Florence, Parigi 1877, passim. Per la discussione delle loro origini e delle tradizioni relative ai primi esponenti della famiglia, si vedano gli scritti di L. Bruni, Historiae Florentini populi, a c. di E. Santini, in Rer. Ital. Script.² XIX 3, passim; S. Ammirato, Delle famiglie nobili fiorentine, Firenze 1615, passim; ID., Famiglie nobili napoletane, Il, ibid. 1642, 370; ID., Albero e istoria della famiglia dei conti Guidi, ibid. 1640, passim; ID., Opuscoli, II, ibid. 1640, 254; III, ibid. 1642, 30, 36, 109; ID., Vescovi di Fiesole, di Volterra e d'Arezzo, ibid. 1637, 49, 210, 231; P. Giovio, Elogia virorum bellica virtute illustrium, ibid. 1548, 103, 105; ID., Elogia virorum literis illustrium, ibid. 1548, 220; V. Borghini, Discorsi, con note di D.M. Manni, II, ibid. 1755, passim; B. De' Rossi, Lettera a Flamminio Mannelli, nella quale si ragiona... delle famiglie e degli uomini di Firenze, ibid. 1585, 55; P. Mini, Discorso della nobiltà di Firenze e de' Fiorentini, ibid. 1593, 38, 106, 112, 118, 128, 140, 141, 147; ID., Difesa della città di Firenze e de' Fiorentini, ecc., Lione 1577, 184, 207, 228, 286, 301, 302, 307; U. Verini, De illustratione urbis Florentiae libri III, ecc., Parigi 1583, 67; M. Salvi, Delle historie di Pistoia e fazioni d'Italia, ecc., I, Roma 1656, 279, 391; II, Pistoia 1657, 160; III, Venezia 1662, passim.