PAX
Le immagini con la personificazione della pace e dei suoi vantaggi compaiono relativamente tardi sulle monete romane: solo nell'anno della morte di Cesare si vede una testa femminile con l'iscrizione "paxs" su una moneta di L. Emilio Buca: sul retro due mani unite ne spiegano il significato: pace e accordo tra i partiti, fine della guerra civile. Ma sarà Ottaviano a porvi realmente termine, e nel 28 a. C. fa coniare sulle monete l'intera figura della P.; per la prima volta essa ha in mano quello che diventerà il suo costante attributo, il ramo d'olivo (ramus felicis olivae) e la cornucopia, simbolo dell'abbondanza apportata dalla pace.
Su un'altra moneta P. ha per attributo il caduceo, il bastone di Hermes che ha la virtù di tenere lontani i malanni e che divenne in seguito simbolo caratteristico della Felicitas. Quando Ottaviano fu divenuto Augustus e si celebrò nell'anno 17 coi ludi secolari la benedizione, rappresentata dalla sua pace, della pax Romana (Hor., Carm. saec., 57), con la consacrazione dell'Ara Pacis (v.), egli pose P. nella serie delle divinità ufficiali dello stato. Dopo di lui, sotto Tiberio, che sottolineava la sua funzione di pontefice massimo, P. compare (forse con i tratti di Livia, madre dell'imperatore) seduta, con il ramo d'olivo in mano. Claudio, che sulle monete tiene personalmente il ramo d'olivo, è protettore e conservatore della pace. Sotto di lui la rappresentazione della Nemesi alata, dea della vendetta, è circondata dall'iscrizione paci augustae; in seguito porterà anch'essa il ramo d'olivo. A sua volta Nerone eleva una Ara Pacis, riprodotta sulle sue monete. Maggiore efficacia hanno le numerose sue monete con la riproduzione del tempio chiuso di Giano, commentata dall'iscrizione: pace p(opuli) R(omani) terra mariq(ue) parta Ianum clusit.
Negli anni rivoluzionari 68-69 il desiderio di pace è espresso da mani congiunte, che reggono il caduceo o dalla P. con caduceo e spighe, sotto il titolo pax p(opuli) R(omani). Per primo Vitellio conia il motivo, poi più volte riprodotto, di una distruzione delle armi per parte di Pax. L'apice della venerazione è raggiunto per la seconda volta da P. sotto i Flavi: ramo d'olivo con cornucopia o caduceo e scettro sono d'ora innanzi gli attributi principali della dea P., sia essa seduta in trono, in piedi o in atto di camminare, sempre riconoscibile e intuibile anche senza ulteriori indicazioni. Modello ne sarà stato il simulacro del tempio della pace consacrato nel 75 da Vespasiano. Gli epiteti che la caratterizzano sono, oltre ad Augusti e p(opuli) R(omani), aeterna, perpetua, publica con riferimento all'imperatore, vi si legge fundat e orbis terrarum. Il sovrano nella sua qualità di fundata pacis, di genius senatus, di soldato combattente, assume da P. il ramo di olivo; le stesse grandi divinità pubbliche dimostrano il loro rispetto per la dea assumendo quest'attributo o ponendo il proprio nome in relazione con essa. Giove e poi Sol sono pacatores orbis (ma anche Marte). Minerva vien detta pacifera; Roma felix tiene il ramo d'olivo, così pure Hercules pacator. A sua volta P., indicata come tale, assume sembianze e attributi di altre divinità, per esempio di Victoria, Virtus, Fortuna, Salus e Aequitas. Si riconosce proprio in questo scambio la immensa Romanae pacis maiestas, di cui parla Plinio (Nat. hist., xxvii, 3).
Bibl.: G. Wissowa, Religion und Kult. d. Röme, Monaco 1912, II, 2, pp. 329, 334 ss.; M. Grant, Roman Imperial Money, Londra 1954, pp. 152-62, 167 ss.; P. L. Strack, Die römische Reichsprägung, Stoccarda 1931 ss., I (Traian), pp. 44, 32 ss.; II (Hadrian), pp. 47 ss.; III (Antoninus Pius), pp. 53, 57; G. Wissowa, in Roscher, III, 2, 1897-902, c. 1719 ss., s. v.; J. Toutain, in Dict. Ant., IV, p. 362 s., s. v.