PAWĀYĀ
Località del distretto di Gwalior nell'India centrale, posta alla confluenza del Sindhu, un affluente della Yamunā, con i fiumi Pārbatī e Madhumatī. Si tratta dell'antica Padmāvatī, che tra il I-II e il IV sec. d.C. costituì il principale insediamento di una delle dinastie Nāga, le quali dominarono su alcune regioni dell'India centro-settentrionale tra l'epoca kuṣāṇa (I-II sec. d.C.) e i Gupta (IV-VI sec. d.C.). I Nāga sono noti dalle loro monete in rame, rinvenute in grande quantità soprattutto a P., dove, tra il 1913 e il 1940, ne vennero raccolte ogni anno a migliaia. Recano simboli scivaiti come il toro, il crescente lunare, il tridente, e inducono a pensare che i Nāga trovassero appoggio in ambienti scivaiti. Vennero sottomessi, nella seconda metà del IV sec., da Samudragupta, e il loro nome compare nella praśasti o eulogia di quell'imperatore gupta a Prayāga/Allahabad (v.).
Le ricerche compiute a P. tra gli anni '20 e '40 portarono alla luce il plinto a terrazze, in mattoni cotti, di un tempio di proporzioni molto grandi (ma la cella è perduta) rispetto a qualunque altro tempio indiano della stessa epoca o anche di alcuni secoli più tardi. La terrazza inferiore, forse aggiunta alle due superiori in un secondo tempo, e priva di decorazioni, è infatti lunga 44 m. Le terrazze superiori erano decorate con una serie di lesene con ghaṭa (elementi a forma di vaso) sormontate da archetti che formano un motivo noto come candraśāla, simile alle serie di archetti «a caitya» delle architetture rupestri buddhiste. In una posizione non precisabile, ma di certo posto a segnare l'accesso al tempio, sorgeva un toraṇa, o portale, di cui rimangono alcuni frammenti scolpiti con soggetti visnuiti, attualmente nel museo di Gwalior (v.). Il frammento di architrave rappresenta su un lato, suddiviso in pannelli, il mito di Viṣṇu che, presentatosi come vāmana o nano al re Bali, si trasforma nell'Essere trascendente che con tre soli passi percorre l'intero universo (Visnu Trivikrama); e sull'altro, tra il dio Kumāra e la sua consorte Ṣaṣṭhī, il mito delle acque primordiali che prendono forma grazie al serpente Vāsuki usato come cosmica zangola. Si è supposto che la struttura fosse in origine una sorta di piramide a due sole terrazze con un liṅga (v.) al centro, e che fosse dovuta ai Nāga. I Gupta conquistatori l'avrebbero trasformata in un tempio visnuita, aggiungendovi, tra l'altro, la terrazza inferiore. Di certo i Gupta, che avevano come referenti l'autorità neo-brahmanica e l'ortodossia visnuita, perseguirono anche a P. quella stessa operazione politico-ideologica che condussero in tutti i territori che unificarono. Non lontano dal tempio venne rinvenuto anche un frammento di capitello con foglie di palma (anch'esso nel museo di Gwalior), che va considerato come l'emblema di Saṃkarṣaṇa, uno dei Cinque Eroi che confluirono nel culto visnuita.
Il periodo del dominio Nāga non era di certo connotato in senso neo-ortodosso. Accanto allo scivaismo dell’élite, va ricordato il culto degli yakṣa (v.). Va infatti notato che a P. venne rinvenuta la celebre statua dello yakṣa Maṣṇibhadra, ora a Gwalior: databile al I-II sec. d.C., venne fatta scolpire, come recita l'iscrizione alla sua base, da una corporazione che si riconosceva come tale in base al culto reso a questa divinità. Il culto degli yakṣa, molto diffuso nella regione, sarà assai meno tollerato, e comunque meno visibile sul piano delle iconografie, dopo la grande unificazione gupta.
Bibl.: M. B. Garde, The Site of Padmāvati, in ASIAR 1915-16, pp. 101-109; id., Excavations at Pawāyā, in ASIAR 1924-25, p. 165; H.. V. Trivedi, Catalogue of the Coins of the Naga Kings of Padmāvatī, Gwalior 1957; J. G. Williams, The Art of Gupta India. Empire and Province, Princeton 1982, pp. 18 ss., 52 ss.