FRANCK (Francken), Pauwels (Paolo Fiammingo)
Non si conosce l'esatta data di nascita di questo pittore originario di Anversa: probabilmente nacque negli anni Quaranta del XVI secolo. Secondo il Ridolfi (1648) alla morte (1596) avrebbe avuto cinquantasei anni, ma dai necrologi dei provveditori alla Sanità (Hadeln, 1924) risulta averne avuti cinquanta. Iscritto nel 1561 nella gilda di S. Luca ad Anversa, con il nome di "Pauwels Franck", compare dal 1584 al 1596 nella fraglia dei pittori di Venezia come "Paulo Fiamengo".
La prima opera datata a lui collegabile, l'incisione con la Maddalena penitente tratta da Gaspare Oselli nel 1573 a Venezia da una invenzione di "Paulus francisci Antwerpis", offre la preziosa informazione che l'artista in quell'anno si trovava già nella città lagunare. A giudicare dalla sua produzione il F. dovette risiedere qualche tempo a Firenze, lavorando forse nella cerchia dello Stradano (Mason Rinaldi, 1970).
Verso la fine degli anni Settanta il F. doveva essersi ben ambientato a Venezia: intorno al 1578 si colloca il S. Girolamo della chiesa arcipretale di Mirano e, quasi contemporaneamente, la collaborazione con J. Tintoretto per lo scenario paesaggistico nel dipinto con S. Rocco nel deserto nella chiesa di S. Rocco a Venezia (Mason Rinaldi, 1965) a conferma dell'affermazione del Ridolfi (II, 1648, p. 81), secondo il quale, tra tutti coloro che volevano andare alla sua scuola, Tintoretto tratteneva solo "quelli, da' quali poteva ricevere alcuna servitù. Tra quali furono Paolo Fiamingo e Martin de Vos, che gli servirono tal'hora del far de' paesi nelle opere sue".
Nel 1580 ebbe inizio il lungo rapporto del F. con Hans Fugger che gli commissionò vari cicli di pitture per il suo castello di Kirchheim, in Baviera, diventando il suo maggiore committente. Già dal primo ciclo con i Trionfi degli Elementi, di cui rimangono solo il Trionfo del Mare (il cui disegno preparatorio è conservato nella Christ Church Library di Oxford) e quello della Terra (entrambi in collezioni private: Mason Rinaldi, 1978), si palesa la scelta di un repertorio che ha riscontro soprattutto nella vena profana e intellettualisticamente allegorica dell'arte fiorentina della seconda metà del Cinquecento e il cui esempio più compiuto e coerente si trovava nello studiolo di Francesco I. Intorno al 1582, anno di riconsacrazione della chiesa, si colloca probabilmente la prima grande commissione del F. come artista indipendente a Venezia: il complesso di opere per l'oratorio di S. Nicolò della Lattuga o dei Frari, che comprende la Pietà con i ss. Andrea e Niccolò (ora nei depositi delle Gallerie dell'Accademia), le quattro portelle d'organo con Adamo, Eva, Caino e Abele (in deposito presso la Prefettura di Venezia) e una Predica del Battista ritenuta perduta e ritrovata nei depositi della Pinacoteca di Brera (Meijer, 1990); quest'ultima, in particolare, segna il momento di maggior vicinanza con Paolo Veronese, ugualmente coinvolto nella decorazione dell'edificio.
Dove il F. ebbe, però, agio di esprimere più liberamente la propria inclinazione è in un gruppo di dipinti databili intorno alla metà del nono decennio, tra cui le Divinità in un paesaggio (Innsbruck, Castello di Ambras), le allegorie dei Sensi (Kirchheim, collezione Fugger), e I quattro diversi modi di amare (Vienna, Kunsthistorisches Museum). Molto legati al manierismo fiorentino, essi testimoniano tuttavia come il linguaggio dell'artista si stesse addolcendo attraverso la cultura figurativa veneta che sembra stemperare la struttura plastica dei grandi nudi in primo piano attraverso l'ampia trama paesaggistica.
Nel 1585-86 si collocano documentariamente (Lill, 1908) i quattro Trionfi dei Continenti per Fugger e stilisticamente il telero per la sala del Maggior Consiglio in palazzo ducale a Venezia con il Doge Ziani che riceve la benedizione da Alessandro III, in cui è avvertibile lo sforzo di adeguarsi a strutture linguistiche del tardomanierismo veneziano, tintorettesco in particolare.
Al genere più propriamente bucolico appartengono, invece, le allegorie delle Stagioni del Museo del Prado (in deposito al Museo di Santa Cruz e nella Casa del Greco a Toledo), nelle quali attraverso la riproduzione delle attività umane in campagna il F. ricercava una nuova iconografia con esiti vicini a quelli della bottega bassanesca.
Nel 1592 il F. stava lavorando per Fugger a un ciclo con le rappresentazioni dei Pianeti. Degli otto dipinti, sette sono stati ritrovati (Mason Rinaldi, 1968) nei depositi delle Bayerische Staatsgemäldesammlungen di Monaco sotto il nome di Andrea Vicentino, e lo mostrano impegnato nella resa delle complesse relazioni tra le divinità e virtù tutelari dei singoli pianeti e le sfere di influenza sugli esseri umani sulla base delle Imagini degli dei degli antichi di V. Cartari (Venezia 1556). Le innovazioni lodate dal Ridolfi (1648), legate alla resa del paesaggio, si riscontrano specialmente nell'ultima fase della sua attività, anche se vi erano state anticipazioni anteriori. Già due composizioni per Kirchheim databili tra il 1589 e il 1591, la Scena pastorale e il Paesaggio con Diana, si erano configurate come dei veri e propri interni boschivi, puri paesaggi che non trovano riscontro nella pittura veneziana del tempo. Nel successivo dipinto I figli di Borea che inseguono le Arpie e nel suo pendant con un episodio della vita di Medea della National Gallery di Londra, la mitologia diviene mero pretesto per uno scenario naturalistico visto dall'alto. La veduta a volo d'uccello si abbassa nella produzione estrema, per lasciare maggior spazio al cielo, nella Fuga in Egitto di Praga (Pinacoteca del Castello), nel Paesaggio con satiri, ninfe, Mida e Pan e nel Paesaggio con Diana e ninfe di Berlino (Gemäldegalerie), in cui la rappresentazione del paesaggio diventa di primaria importanza, tanto che le figure appaiono solo come espressione della natura stessa.
Il F. morì a Venezia il 20 dic. 1596.
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