PAUSANIA reggente di Sparta
Figlio di Cleombroto, della famiglia regale degli Agiadi. Succedette al padre nella tutela di Plistarco, figlio di Leonida (fratello di Cleombroto), che era giunto al trono minorenne. Come reggente comandò i Greci nella battaglia di Platea (479 a. C.) e quindi guidò la flotta greca alla conquista di Bisanzio (477 a. C.). A Bisanzio iniziò una politica di prestigio personale, con atteggiamenti orientalizzanti, che si spiegano sia come reazione d'uno spartano all'eccesso di subordinazione allo stato, a cui era stato abituato (lo stesso si ripeterà per Lisandro), sia come desiderio di rendere permanente un potere che avrebbe potuto legalmente durare solo quanto la minorità di Plistarco. Ma in tal modo P. fece solo il giuoco degli Ateniesi irritando i suoi subordinati e spingendoli a quel pronunciamento che fece nascere la Lega delio-attica intorno ad Atene. D'altro lato Sparta, già poco rassicurata dagli atteggiamenti di P., non poté che richiamarlo. Ma, poco dopo, P. ritornò a Bisanzio e vi s'insediò da sovrano intrecciando un complicato giuoco di relazioni con la Persia e con gli stati greci. Come egli abbia acquistato tale potere e quanto sia rimasto in Bisanzio, è oscuro. L'unica testimonianza esplicita (Giustino, IX, 1, 3) ci dice che rimase sette anni e fu poi venerato dai Bisanzî come eroe "fondatore" della città. Le due notizie sono verosimilmente esatte e hanno trovato di recente una certa conferma nell'osservazione che in Bisanzio fu qualche tempo nel secolo V a. C. in circolazione moneta di ferro d' imitazione spartana. Nella sostanza P., valendosi del suo prestigio di generale vittorioso e della sua autorità regale, dovette mirare a imporre a Sparta una politica a cui per qualche anno essa non osò ribellarsi e a cui gli altri Greci non ebbero il coraggio di opporsi appunto perché posta sotto l'egida di Sparta. Solo nel 471 circa (se si accetta la data di Giustino) Atene ottenne il consenso di Sparta per cacciare P. da Bisanzio: era uno dei risultati della politica di Cimone. P. si insediò nella fortezza di Colone nella Troade, ma poco dopo, vista la situazione impossibile, decise di ritornare a Sparta, non per sottomettersi, ma per suscitare in Sparta stessa un nuovo moto più profondo. Egli contava sugl'iloti e soprattutto sull'agitazione che Temistocle, allora bandito da Atene, svolgeva nel Peloponneso per suscitarvi le democrazie contro Sparta. I piani di P. coincidevano con quelli di Temistocle almeno nel senso che anch'egli voleva distrutto il vecchio governo oligarchico spartano e voleva l'accordo con la Persia. Ma ormai gli efori erano in guardia. Accusato di tradimento, P. fuggì nel tempio di Atena Χαλκίοικος, dove, poiché non lo si poteva toccare, lo si murò vivo, facendolo morire di fame (circa 468 a. C.). Più tardi, a giustificazione del loro procedere, gli efori pubblicarono due lettere, riportate da Tucidide (I, 128, 129), una di P. al re di Persia, certamente falsa, e una del re a P., probabilmente autentica. Se la lettera autentica provava solo genericamente un accordo di P. con la Persia, la lettera falsa annessavi voleva essere la dimostrazione d'un esplicito tradimento.
Bibl.: Delle opere generali specialmente E. Meyer, Geschichte des Altertums, III, Stoccarda 1901, p. 516 segg.; J. Beloch, Griechische Geschichte, 2ª ed., II, i, Strasburgo 1914, p. 66 segg., e II, ii, p. 154 seg.; G. De Sanctis, 'Ατϑίς, 2ª ed., Torino 1912, p. 398. Cfr. M. Duncker, Der Process des Pausanias, in Sitzungsb. preuss. Akademie, 1883, p. 1125 segg.; H. Reuther, Pausanias Sohn des Kleombrotos, diss., Bonn 1902; C. F. Lehmann-Haupt, Pausanias des Spartaners Todesjahr, in Klio, II (1902), p. 345; id., P. heros Ktistes von Byzanz, in Klio, XVII (1921), p. 59 segg.; C. Lanzani, Ricerche intorno a P. reggente di Sparta, in Rivista storia antica, VII (1903), p. 229 segg.; U. Kahrstedt, Sparta und Persien in der Pentekontätie, in Hermes, LVI (1921), p. 320 segg.; F. Heichelheim, Zwei historische Daten im 1. Jahrzehnt der Pentekontätie, in Zeitschrift für Numismatik, XL (1930), p. 22 segg.