PAULUCCI DELLE RONCOLE, Amilcare Ambrosio
– Nacque a Modena l’11 gennaio 1776 dal marchese Giuseppe e da Claudia Scutellari Ajani, nobildonna parmense, già dama d'onore della regina di Spagna.
Discendente da un casato del patriziato pesarese che aveva ottenuto il titolo marchionale nel 1738, Giuseppe (1726-1785) fissò definitivamente a Modena la dimora della famiglia. Fu consigliere di Stato e diplomatico, inviato in diverse corti europee dal duca Francesco III d'Este, che nel 1767 lo nominò segretario di Stato ai dipartimenti del Commercio e dell’Agricoltura in qualità di presidente ministro.
Orfano di padre all’età di nove anni, seguendo l’esempio dello zio paterno, Massimo, che era stato ufficiale di marina al servizio napoletano, nell'aprile 1787 Paulucci Delle Roncole fu ammesso a frequentare la Reale Accademia di marina a Portici. Dopo il corso di studi e un primo imbarco sulla fregata «Sirena», al comando di Francesco Caracciolo, allora capitano di vascello, venne promosso sottobrigadiere dei guardiamarina nel novembre 1792. Seguirono due anni di imbarchi su navi a vele quadre e un periodo di servizio a Napoli. Nell’aprile del 1796 si imbarcò sullo sciabecco «Diligente» che il 21 giugno, nelle acque di Ustica, fu catturato dai corsari barbareschi e condotto a Tunisi. Dopo otto mesi di schiavitù, all'inizio di aprile del 1797, Paulucci fece ritorno a Napoli. Messo sotto accusa per l'avvenuta cattura, fu prosciolto insieme al comandante dello sciabecco e l’anno successivo promosso alfiere di vascello.
Imbarcato sulla corvetta «Fortuna», Paulucci si trovava in Sicilia quando, con l’arrivo dei Francesi, fu proclamata la Repubblica napoletana. Si dimise allora dal servizio borbonico, raggiungendo Napoli il 20 febbraio 1799. Dopo avere servito nella Marina repubblicana, seguì i francesi nella ritirata da Napoli e fu impiegato nella Marine nationale con il grado di insegna di vascello. Distaccato a Genova vi rimase per tutto il periodo dell’assedio austro-inglese.
Prese allora servizio nella Repubblica cisalpina e, come ufficiale di marina dotato di esperienza, già il 21 luglio 1800 fu nominato direttore del bureau del ministero della Guerra incaricato di ‘tutti gli armamenti d’acqua’. Nel febbraio 1801 gli fu conferito il grado di capobattaglione; il 23 aprile 1802 un decreto del vicepresidente della Repubblica Francesco Melzi d'Eril lo nominò direttore della marina e a fine dicembre 1803 fu promosso capobrigata.
In quegli anni più che interessarsi al naviglio da guerra della Repubblica – in realtà una piccola flotta con imbarcazioni di ridotte dimensioni, quali cannoniere e golette – Paulucci si dedicò all’organizzazione dei porti e della marina mercantile oltre che alla difesa delle coste, al cui scopo formò un battaglione di marinai-cannonieri.
Durante il periodo milanese, Paulucci sposò la nobile Maddalena Malacrida, dalla quale ebbe tre figli. Nel settembre 1805 fu nominato segretario generale del ministero della Guerra. Un incarico, questo, che conservò per brevissimo tempo perché, in occasione della guerra della terza coalizione, ebbe la nomina a ispettore generale della Marina e, passato a Venezia nel febbraio 1806, fu incaricato del comando delle forze navali italiche con il grado di capitano di vascello.
Con l’annessione di Venezia al Regno d’Italia, la flotta fu potenziata grazie all’acquisizione di nuove navi e all’immissione in servizio di ufficiali ed equipaggi veneti e dalmati già al servizio della Cesarea Regia veneta marina austriaca. Fu anche potenziato l’arsenale per venire incontro alle necessità delle marine italiana e francese, dato che Napoleone intendeva fare di Venezia un perno della sua politica di espansione antiaustriaca nei Balcani. Paulucci trascorse oltre un anno a organizzare la Reale marina italiana in ogni ramo del servizio, insieme al commissario generale francese, Louis Bertin.
A inizio ottobre 1807 fu posto al comando di una divisione di legni quadri (brick e corvette) destinata a operare nel mare Adriatico e nel mare Ionio. Era imbarcato sul brick «Friedland» diretto a Corfù quando l'imbarcazione fu intercettata da due navi britanniche, un vascello e una fregata. Impossibilitato ad affrontare il nemico in mare aperto, con i sedici cannoni del brick contro i complessivi centoquattordici dei suoi avversari, Paulucci cercò di sottrarsi alla cattura tentando inutilmente di far arenare il «Friedland» presso l’isolotto di Fanò. Seguirono una breve resistenza e la resa. Era il 25 marzo 1808.
Fatto prigioniero, fu portato a Malta. Le trattative per scambiarlo con prigionieri inglesi si prolungarono per mesi, arenandosi poi davanti a un generale rifiuto, da parte di Parigi, di procedere a scambi. Paulucci decise allora di fuggire per trattare direttamente, da Milano, la propria liberazione e quella dei suoi compagni, riservandosi di far ritorno a Malta in caso contrario. Il 27 gennaio 1812, riuscita fortunosamente l’evasione, rientrò in Italia, ma non riprese servizio attivo se non nel 1813, dopo che, l’11 luglio, era stato perfezionato il suo scambio con quindici prigionieri inglesi.
Un mese dopo, passato nelle file dell’esercito con il grado di aiutante comandante, fu assegnato quale capo di Stato maggiore alla terza luogotenenza del generale Domenico Pino. In tale funzione partecipò alla campagna contro l’Austria. Il 14 settembre 1813 rimase ferito a Lipizza, presso Trieste, e a inizio dicembre fu promosso generale di brigata. Con questo grado, ristabilitosi, fu incaricato dell’organizzazione, a Bologna, dei battaglioni volontari reclutati al di là del Po ed ebbe occasione di entrare in contatto con emissari di Gioacchino Murat nell’ambito di un progetto, piuttosto vago, tendente a mantenere il Regno d’Italia indipendente al termine del conflitto.
Al momento della caduta del Regno italico era a Milano dove la Reggenza del governo provvisorio lo nominò segretario generale del ministero della Guerra. Fu quindi incaricato, per qualche settimana, di gestire, sotto la direzione del generale austriaco Annibale Sommariva, la delicata fase dello scioglimento dell’esercito italico e dell’immissione dei suoi reparti in quello austriaco. Anche Paulucci, il 2 luglio, passò come maggiore generale al servizio di Vienna e fu inviato a comandare una brigata dapprima a Brno, dove nel 1815 fu raggiunto dalla nomina a ciambellano, e poi, dal 1818, a Praga.
Sebbene già nel 1814 il comandante della Marina imperiale, conte Joseph de l’Espine, avesse raccomandato a Vienna un possibile impiego di Paulucci in un ruolo a lui più congeniale, fu solo nel luglio 1818 che questi fu destinato al Consiglio aulico di Guerra come consigliere per la Marina. Nell’aprile successivo fu incaricato di un’approfondita ispezione di ogni ramo di questa forza armata. Ne seguì la riorganizzazione dell’arsenale di Venezia, in stato di forte decadenza per disordini amministrativi e malversazioni, dei bagni penali e del collegio di marina, fondato nel 1810; un’istituzione, quest’ultima, che Paulucci seguì sempre con estremo interesse.
Nel 1821 comandò una squadra navale destinata ad appoggiare la spedizione austriaca contro il regime costituzionale di Napoli e che successivamente, come squadra del Levante, fu impiegata per difendere dai corsari greci il traffico mercantile austriaco nelle acque del mare Ionio e del mare Egeo durante la guerra d'indipendenza ellenica.
Nel marzo 1823 Paulucci fece ritorno a Venezia e l’anno successivo, una volta reso indipendente il comando della Marina dal comando generale di Venezia, fu nominato, il 10 febbraio, comandante in capo della Marina. Da allora, tranne un breve periodo nel 1826, alla testa di una squadra destinata a operare nell’Egeo, Paulucci rimase sempre nella città lagunare, venendo promosso contrammiraglio nel 1829 e viceammiraglio nel 1830.
Accentratore, ambizioso e abile nel gestire i rapporti con il governo di Vienna, Paulucci resse fino al 1844 l’Imperial Regia veneta marina come ‘unità separata’, guidata quasi esclusivamente da ufficiali veneti e dalmati, con l’italiano come lingua di servizio.
Questo corpo offrì buone prove sia nel 1829-1830 contro i corsari marocchini, sia nel 1840 durante la spedizione di Siria. Tuttavia, esso non venne tempestivamente tenuto al passo con i tempi – Paulucci preferiva la vela al vapore che si stava allora diffondendo –, mentre l’avanzare dell’età gli rese sempre più difficile il controllo sia della macchina amministrativa, sia della diffusione tra gli ufficiali e, in parte, tra gli equipaggi, dei nuovi ideali patriottici di libertà e indipendenza. Fino all’ultimo non si accorse che molti giovani ufficiali, tra cui due suoi nipoti (Giovanni Antonio e Giuseppe), erano affiliati all’Esperia, la società segreta organizzata da Attilio Bandiera, figlio a sua volta di un ammiraglio austriaco.
Solo nei primi mesi del 1844, con la diserzione dei fratelli Attilio ed Emilio Bandiera e di Domenico Moro, Paulucci fu costretto a rendersi conto della reale situazione in cui versava la Marina, reagendo però debolmente e in maniera del tutto inadeguata, cosicchè il 21 agosto 1844 fu rimosso dal comando e collocato a riposo.
Lasciata allora la sontuosa residenza di palazzo Erizzo a Venezia, si ritirò nei dintorni di Padova, al Cattajo. Non sopravvisse, tuttavia, a lungo a quello che giudicò un immeritato provvedimento.
Morì a Padova il 25 marzo 1845.
Fonti e Bibl.: L'Archivio della famiglia Paulucci delle Roncole è conservato dal discendente Luigi Filippo Paolucci, avvocato e professore ordinario di diritto commerciale presso l'Università di Bologna. Inoltre: V. Spreti, Enciclopedia storico-nobiliare italiana, V, Milano 1932, pp. 115-117; [M. Paulucci], Le général marquis A. P. et sa famille, Padova 1900; L. Sondhaus, The Habsburg Empire and the Sea. Austrian Naval Policy 1797-1866, West Lafayette 1989, pp. 57-78, 86-91,119-124; A. Schmidt-Brentano, Die österreichischen Admirale, I, Osnabrück 1997, pp. 12-16; P. Crociani - V. Ilari - C. Paoletti, Storia militare del Regno Italico, Roma 2004, s.v.; V. Ilari, con M. Lo Re - T. Polo - P. Crociani, Маркиз Паулуччи. Filippo Paulucci delle Roncole (1779-1849), Roma 2013, pp. 13, 16, 21 s., 28 s., 33, 167, 229, 277, 311, 313 s., 333, 336.