Schrader, Paul
Critico, sceneggiatore e regista cinematografico statunitense, nato a Grand Rapids (Michigan) il 22 luglio 1946. Figura tanto fondamentale quanto sottovalutata della New Hollywood, cui ha offerto un notevole contributo creativo, dopo aver scritto la sceneggiatura di Taxi driver (1976) per Martin Scorsese ha dimostrato con le sue scelte di regista di essere un autore a tutti gli effetti, capace di costruire i suoi film con un gusto accentuato per la composizione e la scelta dei colori e con ritmi narrativi vellutati e sospesi. Anche per la sua formazione culturale e religiosa, ha ottenuto i risultati migliori raccontando vicende biografiche destinate a risultare esemplari, incentrate sul rapporto tra l'individuo e il proprio destino.
Nato in una famiglia di stretta osservanza calvinista, educato al Calvin College della sua città, scoprì il cinema relativamente tardi, all'età di diciassette anni. Conclusi gli studi superiori nel 1968, si iscrisse alla Film School della University of California di Los Angeles (UCLA) dove seguì la sua predilezione per quei cineasti che gli sembravano più inclini alla speculazione filosofica e teologica, come testimonia anche la sua tesi di laurea, pubblicata nel 1972 con il titolo The transcendental style in film: Ozu, Bresson, Dreyer (trad. it. 2002), in cui individua nei tre autori uno stile basato su un'estetica volta a rifiutare ogni approccio che non sia intellettuale e formalistico e teso a cogliere il trascendente. Accolto sotto l'ala protettiva della nota critica Pauline Kael, che ne riconobbe l'acume interpretativo, S. iniziò a scrivere recensioni per diversi periodici, come il quotidiano "Los Angeles free press" e la rivista "Cinema". Attraversò poi un periodo di crisi esistenziale e professionale durante il quale scrisse la sceneggiatura di Taxi driver. La situazione cambiò nel 1974, quando riuscì a vendere lo script di The yakuza (1975), realizzato in collaborazione con il fratello Leonard, una vicenda noir ambientata nel mondo della mafia giapponese che venne affidata alla regia di Sydney Pollack. Ma fu l'anno seguente che la sua carriera cinematografica conobbe una vera e propria svolta, quando la sceneggiatura di Taxi driver, riflessione sul tema della solitudine e percorso di redenzione destinato alla sconfitta, già opzionata da Michael e Julia Phillips, fu affidata a Scorsese, che divenne il suo alter ego cattolico. Oltre a sancire un sodalizio destinato a resistere negli anni ‒ come dimostra la partecipazione di S. alla sceneggiatura di Raging bull (1980; Toro scatenato), di The last temptation of Christ (1988; L'ultima tentazione di Cristo), e di Bringing out the dead (1999; Al di là della vita) ‒ il film costituisce un punto di riferimento essenziale per la sua successiva filmografia di regista.
Dopo lo script di Obsession (1976; Complesso di colpa) di Brian De Palma, magistrale variazione sul tema affrontato da Alfred Hitchcock in Vertigo (1958), nel 1978 S. passò dietro la macchina da presa per dirigere Blue collar (Tuta blu), cupa storia di alienazione e sfruttamento in cui si analizza la vita in fabbrica e si riverberano tutte le inquietudini del regista. L'anno successivo curò la regia di Hardcore, prodotto dall'amico John Milius, incompresa parabola morale in cui S. mette in scena, allegoricamente, l'identificazione del cinema con la pornografia, attraverso la vicenda di un uomo sconvolto dalla scoperta che la figlia è coinvolta in un giro di prostituzione e interpreta film hard. Fu invece un successo American gigolo (1980), secondo capitolo (interpretato da Richard Gere) di un'ideale trilogia inaugurata da Taxi driver e conclusa da Light sleeper (1992; Lo spacciatore). Prodotto da Jerry Bruckheimer e realizzato con grande cura formale, il film mostra l'influenza stilistica di Bernardo Bertolucci, che appare ancora più evidente nel successivo Cat people (1982; Il bacio della pantera), rifacimento del classico di Jacques Tourneur, per la partecipazione dello scenografo Ferdinando Scarfiotti, collaboratore abituale del regista italiano.
Nel 1985 S. è riuscito a portare a compimento, superando numerose difficoltà, quello che è ritenuto il suo esito maggiore, incompreso all'epoca, tanto dal pubblico quanto dalla critica, Mishima: a life in four chapters (Mishima), dedicato allo scrittore nipponico Mishima Yukio di cui vengono narrati gli ultimi momenti di vita con scene in bianco e nero alternate ad altre a colori in cui si illustrano alcuni episodi dei suoi romanzi. Nuovamente costretto a operare 'ai margini' di Hollywood, nei lavori seguenti ‒ Light of day (1987; La luce del giorno), Patty Hearst (1988; Patty ‒ La vera storia di Patty Hearst), Cortesie per gli ospiti, noto anche come The comfort of strangers (1990), Light sleeper ‒ considerati erroneamente esiti di una crisi artistica protratta, S. ha messo in luce una grande maturazione stilistica, evidente in Affliction (1997; Affliction ‒ Afflizione), ancora un'indagine, sulla natura dell'individuo, in questo caso un poliziotto (Nick Nolte) in lotta con il proprio destino e con un padre duro e violento (James Coburn). Nonostante gli ottimi risultati conseguiti con i successivi Forever mine (1999; Le due verità), contaminazione estrema di noir e mélo, e Auto Focus (2002), in cui è tornato sull'ossessione pornografica, questa volta attraverso la vicenda reale di una star televisiva degli anni Sessanta, gli è stata tolta la regia del film Exorcist: the beginning (2004), per affidarla, a riprese non ancora concluse, a Renny Harlin.
Nel 1992 il critico inglese K. Jackson ha curato il volume Schrader on Schrader and other writings, che raccoglie un'intervista al regista e altri suoi scritti.
S. Toubiana, L. Bloch-Morhange, Trajectoire de Paul Schrader, in "Cahiers du cinéma", novembre 1978; F. Cruel, Dossier Hollywood 79: Paul Schrader, in "Cinématographe", mars 1979.